mercoledì 26 settembre 2007

A ruota libera sui mondiali di Riccione


"Credo che alla nostra età si vinca anche con il cuore” ha dichiarato Mario Longo ai microfoni degli amici di Podistidoc subito dopo la sua vittoria nei 100 metri. Condivido pienamente quanto afferma il nostro campione e ritengo che che il concetto vada allargato: la maggior parte degli atleti master gareggia soprattutto con il cuore. Forse è questo che ci contraddistingue, nel nostro quotidiano barcamenarci tra allenamenti, infortuni, impegni di lavoro e di famiglia. Un equilibrio delicato, per alcuni più facile, per altri più difficile. E quasi tutti coloro che riescono a partecipare ad un Campionato Mondiale, nella loro gara danno sempre il massimo, indipendentemente dal piazzamento. E ci sta tutta la lacrima di delusione per un turno non superato, così come l'esternazione di gioia per il raggiungimento di un risultato inaspettato. Ma per me, e per molti, la gioia più grande è essere riusciti ad esserci, a partecipare, possibilmente senza dolori o infortuni. Il fascino di un campionato master internazionale è davvero irresistibile: per l'adrenalina che regala la gara ma anche e soprattutto per l'esperienza umana. In questo contesto è così semplice stringere amicizia. Ma questo aspetto può essere più facilmente colto solo se la partecipazione non si traduce in una “toccata e fuga”, giusto il tempo della propria gara, ma se si rimanere più giorni, se ci si incanta ad ammirare i protagonisti dei campionati, se si ha voglia di conoscere nuove persone. “Mi diverto più adesso che allora – ha dichiarato in un'intervista Bill Collins, atleta dai trascorsi assoluti di vertice – perché adesso quando finiamo andiamo a bere una birra tutti insieme, siamo davvero amici”. Sono ormai 8 anni che partecipo ai campionati internazionali master e, pur facendo fatica a reggere anche un solo bicchiere di birra (è questione di allenamento, lo so), condivido perfettamente il pensiero del fortissimo velocista statunitense.

Nella foto Bill Collins con Antonio Rossi dopo la finale dei 100 metri M55 (Fonte R. Marchi)

Per me si è trattato quindi del quarto mondiale, il primo in Italia. Ho ritrovato amici da tutto il mondo e, nel mio piccolo, mi sono sentita un po' come una “padrona di casa”. Anche se non coinvolta nell'organizzazione ci tenevo, come italiana, a “fare bella figura”.
Purtroppo molte cose non hanno funzionato e nonostante abbia sempre cercato di far capire quanto sia difficile organizzare e gestire un evento di questa portata, chiedendo comprensione e pazienza per certe inefficienze, spesso mi sono trovata a dar ragione a chi si lamentava.

Quando chiedo al vincitore del decathlon M40, il britannico Alexander Kruger, un'opinione sulla manifestazione, lui mi spiazza con una sentenza al cianuro: “Questo è stato il mio primo campionato master, e probabilmente sarà anche l'ultimo”. Ecco, questa è una frase che non avrei voluto mai sentire. Se un mondiale fa passare la voglia di gareggiare, beh.. qualcosa evidentemente non è andato bene. Kruger ha un personale nel decathlon, da assoluto, di 8.131 punti. Nel suo palmares vanta la partecipazione alle olimpiadi di Seul e di Atlanta. A Riccione i decathleti della sua categoria sono stati suddivisi in tre gruppi e lui si è trovato a gareggiare nel gruppo B in quanto non aveva dichiarato nessun punteggio in fase di iscrizione. “Erano sette anni che non calpestavo una pista. Sono tornato tre mesi fa per preparare questa manifestazione sotto l'incitamento del mio amico/atleta Allan Leiper. Non avevo nessuna prestazione negli ultimi due anni, cosa dovevo fare, dichiarare il falso?” mi chiede in tono provocatorio. Ma il problema non è tanto questo, ci stava tutto che lui gareggiasse nel gruppo B, quello che invece non riesce a digerire è il fatto che, dopo la prima giornata di gare, non si siano ricomposti i gruppi in base alla classifica parziale. “L'ho chiesto al direttore di gara, ma mi ha risposto che era assolutamente impossibile. Nella seconda giornata, poi, abbiamo iniziato le gare alle ore 17, non c'è da stupirsi se poi abbiamo corso i 1.500 metri dopo la mezzanotte. Inaudito”.

Nella foto Alexander Kruger(Fonte R. Marchi)

Un altro atleta letteralmente imbufalito è Marco Ciriani che ha corso i 200 metri M40. Il calendario prevedeva le batterie alle 19.35 del 9 settembre. Il giorno successivo, al mattino, alle 11.35 erano previste le semifinali e alle 18.00 le finali. Il 9 settembre, alle 22.15, lo incontro allo stadio di Riccione “E' assurdo” si sfoga “tre ore fa ho corso le batterie, ora mi hanno fatto correre i quarti (che non erano stati previsti a calendario) e domani mattina dovrò correre le semifinali. Ma ti sembra possibile? Eravamo in 112 iscritti, perché non hanno messo subito a calendario i quarti, magari con un po' di respiro dopo le batterie e prima delle semifinali? Ti prego scrivilo”.. Vi confesso che ad ogni lamentela che raccoglievo mi sentivo un pochino come un cagnolino con le orecchie sempre più basse... Mi tornarono però alla mente i chiarimenti che il direttore di gara Luca Verrascina mi aveva gentilmente fornito in merito al calendario: “Sono stati individuati i turni da disputare sulla base di un numero di partecipanti decurtato in percentuale delle probabili rinunce (sulla base di quanto avvenuto nei precedenti campionati mondiali). Nulla toglie che, in casi sporadici, ove il numero di conferme sia molto superiore a quelle preventivato, possa essere aggiunto un turno intermedio, ma si tratterà di casi limitatissimi”. E quello evidentemente era uno di quei casi... Scelta ragionevole ma che forse avrebbe dovuto essere accompagnata da un calendario un po' più attento. Mi spiego meglio: le categorie più affollate (quelle più a rischio) avrebbero potuto gareggiare al mattino, in modo da avere un po' di respiro nel caso avessero avuto un turno aggiuntivo. Un conto è correre un turno al mattino, uno al pomeriggio e poi di nuovo uno al mattino. Diverso e molto più critico è correre due turni alla sera e uno al mattino dopo. Ma col senno di poi... Ok, non voglio infierire. (Hai visto Marco che l'ho scritto?)

Maria Magnolia Figueiredo è invece una delle “vittime” della mancata disputa delle semifinali negli 800 metri W40. Per un errore in questa categoria si è disputata la finale diretta, ma le atlete finaliste in realtà erano 26... difficile farle correre tutte insieme, e così si è optato per una finale a serie. Ora, posso capire l'errore, ma quello che non capisco è il fatto che non sia stato verificato con le atlete il reale tempo di iscrizione, al fine di comporre le serie nel modo più corretto, vista la delicatezza della situazione. Qui non parliamo di un 5.000 o 10.000 dove si sapeva dall'inizio che le gare si sarebbero svolte a serie in base al tempo di iscrizione... ma di un 800!!. E così Magnolia, che è stata iscritta senza tempo, si è trovata a correre nella prima serie, quella più lenta. Lei, che 3 anni fa ha stabilito il primato mondiale dei 400 W40 (53”05) ed ha partecipato alle olimpiadi di Atene con la staffetta del Brasile. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Ha corso contro il cronometro ma un passaggio troppo azzardato (64”) l'ha costretta ad arrivare sulle ginocchia nel tempo di 2'15”74. Le atlete della seconda serie hanno fatto il possibile per correre più forte e così Magnolia si è classificata al terzo posto, dietro alla belga Debaets (2'14”07) e alla polacca Wieciorkowska (2'15”03). “Ma come mai non avevi il tempo di iscrizione?” le chiedo. “E' stato un errore della mia federazione” mi risponde sconsolata. “Ma non sapevi che, all'atto della consegna della Declaration Card, potevi specificare la tua prestazione?No, mi risponde stupita, nessuno mi ha detto nulla”. Effettivamente noi italiani abbiamo appreso questa possibilità tramite un comunicato sul sito Fidal, ma era tanto difficile specificarlo anche nel Declaration Card? Una frasetta del tipo: "Puoi comunicare la tua migliore prestazione dell'anno consegnando questa Card". Sarebbe stata una informativa diretta all'atleta (non sempre il team manager di una nazione riesce a raggiungere capillarmente tutti gli atleti) e non si sarebbero verificate tutti quei problemi legati a batterie composte in maniera non corretta per l'elevato numero di atleti iscritti senza tempo. (Pensate che nella mia prima batteria c'erano la primatista del mondo, la campionessa europea uscente e la capolista di questi campionati... niente male, eh?).

Personalmente ho rilevato due grossi disagi: la mancanza di una pista di allenamento e la difficoltà nell'effettuare il ricaldamento pre-gara.
Per allenarmi sono dovuta andare fino a San Marino, ma era necessario disporre di un'auto propria per raggiungere la destinazione.
Per quanto riguarda il riscaldamento pre-gara, viste le carenze delle zone disponibili, mi aspettavo che venissero rispettati i tempi per il raggiungimento del luogo di gara, previsti nel manuale tecnico (pag. 26): 10 minuti prima dell'orario della gara per le gare di corsa, 15 minuti per le gare ad ostacoli. A Riccione questi tempi sono stati spesso rispettati, a Misano invece erano un miraggio. Barbara Ferrarini, che ha corso i 400 ad ostacoli si lamenta “15 minuti? Al massimo ne ho avuti 4. Prima della finale ho avuto solo il tempo di provare la partenza e il primo ostacolo”.
Quando mi presento alla partenza della mia batteria dei 400 metri non riesco quasi a provare la partenza che già mi chiamano dietro ai blocchi. “Ma come, protesto. E la pagina 28 del manuale tecnico? Avrei 10 minuti a disposizione...” . Mi dispiace ma dobbiamo rispettare l'orario” mi risponde un inflessibile giudice. Per la semifinale allora capisco che devo agire "a monte" e riesco a convincere il giudice della Call Room ad “aprire le gabbie” un po' prima. “Vede” gli spiego “la nostra gara è tra 12 minuti. Se andiamo ora ci impieghiamo 2 minuti per arrivare alla partenza e così abbiamo 10 minuti prima della gara”. Incredibile, riesco a convincerlo e così riesco a fare due allunghi, una accelerazione e una partenza... Ma era tanto difficile prevederlo per tutte le serie di gara? Intanto ripenso con nostalgia ai mondiali di San Sebastian: un vero e proprio sogno! La Call Room era ubicata all'interno del palazzetto indoor dove, con le scarpe chiodate, ci si poteva tranquillamente scatenare.

Nella foto Rosa Marchi mentre si appella, inutilmente, alla pag. 28 del Manuale Tecnico :-) (Fonte R. Marchi)

E andiamo agli orari delle staffette, che sono stati resi noti agli atleti con grande ritardo (alla mattina quelli della 4x100, alle 11,30, dopo richiesta diretta, quelli della 4x400). E' vero che c'è stata la riunione tecnica il pomeriggio precedente ma purtroppo il nostro referente tecnico, Claudio Rapaccioni, non ha potuto partecipare. E così, mentre alle 8.50 in pigiama mi stavo bevendo il caffé pensando che probabilmente non avremo corso la staffetta 4x100 prima delle 11, mi arriva una telefonata che mi invita a presentarmi alla Call Room per le 9.15 perché l'orario affisso prevede (inaspettatamente e senza nessuna apparente spiegazione logica) che corrano prima le donne e poi gli uomini... Mah! Magari non tutto il male non viene per nuocere. Forse sarà per quella botta adrenalinica, accompagnata da attacco di panico, che ci siamo ritrovate con la medaglia d'oro al collo... (insieme a Peppa Perlino, Susanna Tellini e Marta Roccamo).

Dalla maratona ho raccolto personalmente una sola testimonianza in quanto ero impegnata con le staffette. Ma nei vari siti podistici in internet ho letto tantissimi commenti negativi. Sabrina mi ha lasciato allibita quando mi ha raccontato che quando è transitata al ristoro del 5° chilometro l'acqua era finita.. e sì che viaggia sotto i 5' al km, e sicuramente dopo di lei c'erano ancora moltissimi maratoneti. Quando poi è costretta a ritirarsi (spero in cuor mio non per carenza di liquidi) non riesce a capire se esiste un servizio di navette per i ritirari ("l'ho chiesto al ristoro ma non hanno saputo dirmi nulla.." mi ha riferito) ed è costretta a percorrere a piedi il chilometro e mezzo che la separa dallo stadio. Il che, per una ritirata, non deve essere stato il massimo.

Mi ha rattristato poi, raccogliere gli sfoghi di alcuni giudici che, nonostante la buona volontà, non sono riusciti a colmare delle grosse carenze organizzative. “Pensa che abbiamo dovuto fare una colletta per acquistare i segnalini delle pedane che poi abbiamo colorato personalemente...” mi confidano.

Grandi carenze ma anche piccole mancanze, che però possono pregiudicare la prestazione di un atleta. E' il caso di Bruno Sobrero che si è cimentato nel decathlon per la categoria M85 nei giorni di maltempo racconta “Nella gara del lancio del peso ho lanciato un metro in meno delle mie possibilità - racconta - Pensa che non c'era a disposizione neanche uno straccio per pulire l'attrezzo che cadeva nel fango”.

Nella foto Bruno Sobrero (Fonte R. Marchi)

Anche i mezzi che dovevano collegare i 3 impianti, così lontani l'uno dall'altro, non sono stati all'altezza delle esigenze degli atleti. “Sono sempre stati strapieni e da San Giovanni a Marignano fino a Riccione ci abbiamo impiegato anche un'ora e mezza” - si lamenta così Sergio Agnoli, tre volte campione mondiale (5000, 10000 e Cross per la categoria M80). - “A volte ci facevano scendere a Misano e lì dovevamo attendere un bel po' prima che arrivasse un altro autobus”. Quando offro a lui e a sua moglie un passaggio in auto fino a Riccione dopo la gara dei 10.000 metri, non finisce più di ringraziarmi. Riesco pure a sbagliare strada e a fare due inutili deviazioni. Ma Sergio mi tranquillizza: “Anche se sbagli strada 10 volte sicuramente arriveremo a Riccione prima del pulman” e non finisce più di ringraziarmi.

E andiamo ad aspetti più prettamente pecuniari. Il manuale tecnico riporta: “I servizi fisioterapici saranno prestati a prezzi minimi”. Dunque, mi informo, e questo è il listino ufficiale: 15 euro per 15 minuti, 30 euro per 30 minuti, 45 euro per 45 minuti... Due anni fa, a San Sebastian, erano previsti trattamenti unici da 30 minuti a 15 euro.
Per quanto riguarda invece i servizi di ristorazione confidavo, avendo preso in affitto un appartamento, di appoggiarmi al servizioofferto dagli organizzatori, che in tutte le edizioni precedenti era stato particolarmente economico. Però quando mi trovo a pagare 5,50 euro per un piatto di pasta al pomodoro, riscaldata e servita su un piatto di plastica, rimango molto delusa.

Certo, organizzare un mondiale con 8.900 iscritti è sicuramente un'impresa titanica, ma quando sento dire: “non ci aspettavamo questi numeri” mi permetto di dissentire. Tanto per cominciare nell'intervista a Lamberto Vacchi (il direttore del comitato tecnico dei mondiali), pubblicata sulla rivista Correre nel febbraio 2006, viene detto chiaramente che erano “Attesi 8.000 atleti”. [leggi intervista]. E come poteva essere altrimenti? Il movimento master è in costante crescita e lo dimostra il trend delle edizioni precedenti e dei nostri campionati italiani master (l'ultimo con 1.250 iscritti, e senza la maratona!). Due anni fa, a San Sebastian, gli iscritti erano più di 6.000 ma una camera d'albergo nella rinomata località basca costava praticamente il doppio di una camera a Riccione nel mese di settembre. Penso fosse plausibile pensare che la sistemazione economicamente vantaggiosa potesse attrarre un maggior numero di persone. I master devono sostenere in toto le spese per partecipare ai campionati e questi aspetti possono essere significativi per molti. Non dimentichiamo poi che il movimento veterano master spagnolo è numericamente la metà rispetto a quello quello italiano. Nel 2005 furono 1.300 gli atleti spagnoli di casa iscritti, era prevedibilissimo pensare che gli italiani potessero essere più del doppio, giocando in casa.

Mi fermo qui. Le mie orecchie da cagnolino bastonato, ormai, rasentano il pavimento. Sono però convinta che gli atleti master, il vero motore dei campionati master, guardino comunque avanti. Nuove sfide, nuove emozioni li aspettano. Il prossimo anno si disputeranno i Mondiali indoor a Clermont-Ferrand, in Francia, mentre gli Europei outdoor si terranno a Ljubljana, in Slovenia.
Nel 2009 ci sarano gli europei indoor ad Ancona mentre toccherà a Lathi, in Finlandia, organizzare i Mondiali outdoor. Per il 2011 la rassegna iridata si trasferirà oltreoceano, a Sacramento, la città statunitense che ha battuto la candidatura brasiliana di Porto Allegre.

Di Riccione rimarranno i ricordi delle imprese sportive, l'adrenalina, la determinazione, gli abbracci, i sorrisi, le amicizie, ma anche la passione e la buona volontà di quei giudici, volontari, collaboratori che hanno cercato di fare il possibile, nonostante i problemi organizzativi.

Pubblicato il 26 settembre 2007 sull'area master di Atleticanet [link]

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