venerdì 1 settembre 2006

M. Clementoni: Correvo male. Ma davo il cambio a Mennea

Massimo Clementoni, ex velocista azzurro oggi apprezzato protagonista nei master. La sua carriera con la “freccia di barletta”, la sua amicizia con Mauro Zuliani.

Massimo Clementoni è un esempio di continuità atletica. A 20 anni faceva parte della nazionale assoluta e correva insieme a Pietro Mennea. Oggi, quarantasettenne, continua a cimentarsi coi suoi coetanei nell’attività master.

Quando hai esordito nel mondo dell’atletica?
«Con i Giochi della gioventù, nel 1975. Debuttai correndo gli 80 piani in 9”2 e arrivando vicinissimo a Giovanni Grazioli, che all’epoca era già un promettente atleta. Venni subito contattato da Andrea Volpe, che divenne poi il mio allenatore. “Corri male, ma vai forte”, mi disse quando si presentò. Due mesi dopo, a Saronno, nei 100 metri fermai il cronometro sul tempo di 10”9. Non mi rendevo conto del valore della prestazione, molti mi guardavano con occhi stupiti: era la mia terza gara e avevo 16 anni.»
La tua prima presenza in nazionale assoluta?«Arrivò tre anni dopo, nel 1978, quando venni convocato per i 60 metri agli Europei indoor. In totale ho vestito la maglia azzurra in una dozzina di occasioni, dal 1978 al 1981, correndo diverse volte la staffetta insieme a Pietro Mennea.»
Qual è il tuo record personale assoluto?«Risale al 1979, quando a vent’anni corsi in 10”46.»
Cosa ti è rimasto di quel periodo?«Ti sembrerà strano, ma il ricordo più bello non è legato alle prestazioni atletiche ma alle amicizie che si sono create, come quella con Mauro Zuliani.»
Una carriera promettente ma bruscamente interrotta. Cosa successe?«Nel 1981 ho rischiato la vita per una grave polmonite virale che mi ha costretto a chiudere con l’atletica ad alto livello e mi ha lasciato dimezzata la capacità respiratoria di un polmone.»
Dopo pochi anni ti ritroviamo di nuovo in nazionale, questa volta nel bob. Come avvenne?«Nel 1982 superai un test per la selezione della nazionale di bob che mi permise di indossare nuovamente la maglia azzurra, questa volta sulle piste di ghiaccio. Dopotutto, era stato proprio il medico a consigliarmi dell’attività in montagna, anche se forse lui si riferiva a delle tranquille passeggiate. Rimasi in nazionale per 5 anni. L’ambiente mi piaceva molto e mi divertivo di più rispetto alle nazionali di atletica leggera. D’estate continuavo la preparazione atletica con qualche gara di velocità. Poi, per problemi familiari e impegni di lavoro, dal 1988 limitai l’attività del bob ai soli campionati italiani, continuando a gareggiare in pista d’atletica d’estate.»
Fino al 1992, quando fosti vittima di un grave infortunio.«Mi si ruppe il tendine durante una gara di bob. Fu sostituito completamente con un’operazione. Da quell’anno non uso più le scarpe chiodate, né durante gli allenamenti né in gara.»
Com’è avvenuto il passaggio dall’atletica assoluta a quella
master?
«È stato un passaggio molto naturale, senza traumi. Il mio primo campionato italiano master lo disputai nel 1999, nella categoria M40. L’anno successivo partecipai ai campionati europei in Finlandia. Da allora, compatibilmente con le esigenze del lavoro (gestisce un negozio di intimo in centro a Novara, nda) e la famiglia, ho partecipato a diversi campionati internazionali.»
Quali sono stati i tuoi migliori risultati in campo master?
«Dal 1999 a oggi ho conquistato diversi titoli italiani master. In ambito internazionale, invece, i migliori risultati sono stati il quarto posto nei 60 metri M45 e la medaglia di bronzo nella staffetta 4x200 ai mondiali indoor di Sindelfingen del 2004, bronzo confermato anche quest’anno (insieme a Castelli, Malvicini e Barberis, nda) nella staffetta 4x200 dei Mondiali indoor di Linz. I miei record personali nella categoria M45 sono 11”76 nei 100 e 23”81 nei 200.»
Il tutto correndo sempre con le scarpette di gomma senza chiodi, vero?
«Certo. È una cosa che desta molto stupore tra i miei avversari, in particolare in quelli che riesco a battere. È divertente vedere le loro facce incredule.»
La tua famiglia cosa pensa della tua attività?«Ho l’appoggio di Roberta, mia moglie, che è contenta di vedermi appagato dall’attività sportiva sebbene la gestione del negozio le impedisca di accompagnarmi nelle trasferte. E poi c’è Umberto, mio figlio, che ha 7 anni e gioisce ogni volta che torno a casa con una medaglia.»
Il prossimo anno a Riccione ci saranno i Mondiali master. Cosa diresti agli ex atleti assoluti che ancora non si sono avvicinati al mondo master, per convincerli a partecipare?
«Li inviterei a provare, senza preconcetti. Ad allenarsi quel minimo che permetta loro di tornare ad affrontare una gara su pista e conoscere in prima persona questo ambiente. Praticare l’atletica da master significa continuare a star bene con se stessi attraverso un’attività che ci ha appassionati da giovani. Partecipare a un campionato master, poi, è una vera e propria festa. L’agonismo, la lotta, nel senso greco della parola, nelle nostre gare sono molto sentiti, ma i rapporti tra gli atleti sono molto rilassati e gradevoli: niente a che vedere col clima teso di certe gare assolute. L’opportunità di partecipare a un Mondiale in casa è davvero imperdibile.»

Articolo pubblicato sulla rivista Correre nel mese di settembre 2006

sabato 1 luglio 2006

21/07/2006 - Europei di Poznan (1)

Sabato, 22 luglio
Siamo arrivati oggi a Poznan dopo un viaggio in auto di quasi 1.400 km inframezzato da 2 tappe: una a Norimberga e una in Polonia, subito dopo il confine con la Germania. Nella cittadina tedesca, il cui bel centro storico è caratterizzato da edifici gotici, siamo accolti da temperature e umidità elevate. Il pensiero va subito a Poznan, dove le gare sono già iniziate: chissà se anche lì c'è questo clima torrido. Nel frattempo mi arriva un sms da Brunella Del Giudice, che mi annuncia festosa la sua medaglia d'oro nel martellone W60 e il suo primato italiano ulteriormente migliorato (14,41). Sono felice per lei e subito un brivido di emozione mi corre lungo la schiena: gli Europei sono iniziati! Questa sarà la mia settima partecipazione internazionale. Ripenso al mio esordio nel 2000 agli Europei finlandesi, e poi ai mondiali del 2001 in Australia, agli europei indoor del 2003 a San Sebastian, ai mondiali dello stesso anno a Porto Rico, agli europei in Danimarca nel 2004, fino ai mondiali dello scorso anno a San Sebastian: tutte esperienze indimenticabili.


Nella foto E.Saraceni e A.Rossi, entrambi secondi nei 100 metri - di R.Marchi


Prima di lasciare Norimberga andiamo alla ricerca di una pista di atletica per il mio allenamento. Ne scoviamo una in terra rossa, vicino all'università. Il custode è gentile e mi apre lo spogliatoio.
Le distanze non sono segnate e mi arrangio un po'. Il mio tendine ringrazia per la mancanza del manto sintetico. Riafforano i ricordi del mio esordio nell'atletica leggera: era il 1981, e la pista dove mi allenavo era in terra rossa come questa.
Dopo l'allenamento ci rimettiamo in viaggio con l'obiettivo di arrivare in terra polacca entro sera. Le stazioni radio tedesche non sono una buona compagnia, se non si conosce bene il tedesco; gli speaker parlano parlano parlano e raramente si sente un po' di musica.

Alla frontiera polacca ci attende la dogana. Superiamo diversi chilometri di camion in coda nella corsia a loro riservati. Dopo la frontiera il paesaggio ci regala distese di campi di grano intervallati da una sfilza interminabile di hotel aperti 24 h dotati di night club, parcheggi per i tir e nomi da oltreoceano come “Las Vegas” e “Paradise”. Optiamo per uno dei rari alberghi non dedicati ai camionisti. Si rivela una ottima scelta: l'hotel è nuovo, tranquillo, con un buon ristorante e prezzi vantaggiosi.

Stamane abbiamo percorso i 110 km che ci semparavano da Poznan per puntare direttamente alla pista dell'Università per l'ultimo allenamento. Lunedi pomeriggio disputerò le batterie dei 400 metri, ma le finali dei 400 si correranno mercoledi mattina e sto cercando di abituarmi all'orario. Impresa ardua, per un “ghiro” come me.

Arriviamo verso le 9,30. L'anziana custode dell'impianto mi parla fitto fitto in polacco e io non capisco una parola. Alla fine mi consegna la chiave di uno spogliatoio invitandomi a restiturirla dopo aver fatto l'allenamento e la doccia (o almeno così capisco). Nella pista sono in corso delle gare universitarie, ma riesco lo stesso a utilizzare le corsie più esterne. L'impianto è limitrofo alla pista principale dell'Università di Educazione Fisica, quella in cui si svolgono alcune gare degli Europei.

Qualche partenza con le chiodate, con forte protesta del mio tendine sinistro e della contrattura del polpaccio destro (sì, proprio quello che mi strappai lo scorso anno e dove capeggia ancora la “scottatura” che quella gentile dottoressa mi provocò ai campionati italiani indoor master di Genova spruzzandomi il ghiaccio a 1 cm dalla pelle). Ebbene sì, sono messa maluccio, anche se ho recuperato un po' di ottimismo: fino ad una settimana fa le scarpe chiodate non ero neanche in grado di indossarle...

Lo stadio Olimpia
Ci dirigiamo poi verso lo stadio Olimpia per le procedure di accredito. Sulla cartina la strada sembra semplice, perché solo 5 km separano i due impianti; in realtà le indicazioni non sono così chiare, al punto che rischiamo anche un contromano. Finalmente giungiamo allo stadio.

Ritiro la busta con i pettorali e l'accredito stampa, per poi pranzare insieme a Oriano Chelini (il fisioterapista inviato dalla Fidal che finalmente ho il piacere di conoscere, dopo averne sentito parlare così bene dagli atleti presenti ai mondiali indoor di Linz) e a Mauro De Carli, dell'Area Master della Fidal. Ci aggiornano su quanto successo nei primi due giorni di gara, mentre ingaggiamo una strenue battaglia contro una flotta agguerrita di vespe che ha deciso di tuffarsi nel nostro cibo.

Mi viene a salutare Lamberto Vacchi, a capo della delegazione dello stand dei mondiali di Riccione 2007 che capeggia al Centro di Registrazione. E' sempre un piacere ritrovarlo. Lo considero il mio “portafortuna”. Lui c'è sempre stato, quando ho conquistato una medaglia internazionale.

Dopo il pranzo ci dirigiamo verso l'albergo (Hotel Dorrian, situato a soli 10 minuti di auto dallo stadio Olimpia) per depositare i bagagli. L'hotel dispone di un apprezzatissimo collegamento Wi-Fi a cui riesco agevolmente a collegare il mio portatile. Ritorniamo subito allo stadio per assistere alle finali dei 100 metri, forse la gara più avvincente di tutti i campionati.
Lo stadio ha un certo fascino decadente. Mi piace il fitto bosco che lo circonda, ma disapprovo la mancanza di una tribuna coperta; inoltre, il grande tabellone elettronico che lo sovrasta non è in funzione ed è difficile conoscere i risultati delle gare. Il clima è molto informale e i giudici non sembrano così fiscali come in altre sedi. Sono molte le persone che hanno scavalcato la bassa recizione della pista e se ne stanno accoccolate a vedere le gare.

Incontro Ugo Sansonetti, una delle colonne dell'atletica master italiane. Purtroppo è arrivato a Poznan solo in veste di turista, perché un problema al ginocchio gli impedisce di scendere in pista. L'86enne romano è quindi costretto “a fermarsi”, ma ha tutte le intenzioni di curarsi e tornare presto a far parlare di sé.

Mi posiziono nei pressi dell'arrivo per scattare le foto, a fianco degli instancabili Sonia Marongiu (qui in veste di doppia inviata: per i comunicati stampa Fidal e per Podistidoc.it) e Nicola Severini.
Saluto tanti amici che ritrovo in questa occasione: Pino Pilotto, il rappresentante della Federazione Svizzera Master che qui disputerà ben 27 gare, Alessandro Cipriani (ciprignac, per gli amici del forum), giunto anche lui in auto da Aosta, Marco Giacomantonio, primo degli esclusi dalla finale dei 100 metri M35, prima illuso e poi disilluso di poter comunque essere ripescato per l'infortunio di un finalista, Vincenzo Felicetti e Emauela Stacchietti, i miei carissimi amici appena arrivati col camper, e tanti altri.

Mi avvicina anche Sergio Agnoli, l'eccezionale ottantenne romano. Mi complimento subito con lui per la vittoria ottenuta nei 10.000 metri (corsa alle 12 con temperatura superiore ai 35 gradi). Lui è contrariato per aver dovuto correre un giro più del previsto. Sono molto affezionata a questo simpatico e vulcanico atleta, che mi consegna un dvd con la sua ultima intervista andata in onda alla Rai e un foglietto contenente una delicata e commovente poesia a lui dedicata. “Me l'hanno scritta i bambini della quinta elementare dopo il mio intervento nella loro scuola (la “Carlo Fornarini”) - mi spiega - L'obiettivo era far conoscere lo sport e in particolare i benefici che l'attività sportiva può portare. Si dovrebbe fare di più per promuovere il nostro sport; a quell'età i ragazzini sono molto ricettivi. Pensa che, dopo avermi conosciuto, si sono iscritti quasi tutti alle gare di atletica organizzate dal Comunce di Roma per le scuole elementari”. Rileggo il primo verso della poesia: “Lui ha tanta energia e vive solo d'allegria...”. Eh sì ragazzi, avete proprio ragione.

Le finali dei 100 metri
Si inizia dalla categoria più anziana (la M90) e poi via via fino alla M35. Sono oltre 20 finali, tra uomini e donne. Un vero e proprio spettacolo.
Tre i novantenni in gara. Vince lo svedese Herbert Liedtke (in 18”65) sul tedesco Friedrich Mahlo (in 20”90). Io tifavo per il tedesco, che quest'anno compirà 94 anni e che porta i suoi anni in maniera incredibile.

Nella categoria M85 arriva una medaglia d'oro per l'Italia. Il fossanese Bruno Sobrero, dopo aver inseguito per i primi 30 metri il francese Pierre Darotte, giunge primo al traguardo. “Speravo di fare il record mondiale - mi confessa all'arrivo - ma dopo gli Italiani di Misano sono stato fermo per 40 giorni per i problemi alla schiena”.

Nella categoria W70 un'agguerrita Emma Mazzenga si classifica terzo posto con il suo miglior tempo dell'anno (17”13). “Non pensavo proprio di correre così - ha commentato all'arrivo la forte padovana - la sciatalgia mi ha bloccata per diverso tempo”. Le due svedesi classificate al primo e secondo posto sono a solo un decimo da lei (17”01 e 17”05).


Nella foto Guido Muller e Tristano Tamaro - di R.Marchi


Negli M65 c'è la bella sfida tra il nostro Tristano Tamaro e il fortissimo Guido Muller (il miglior atleta master del 2004). Entrambi hanno 67 anni e nelle qualificazioni Muller ha corso in 13”12, contro i 13”14 del triestino. Vince Muller con 12”74, con Tamaro secondo nell'ottimo tempo di 12”95: un vero e proprio miracolo, ottenuto con una preparazione sommaria e dopo un lungo anno di infortuni.

Un altro bell'argento per l'Italia lo conquista Antonio Rossi nella categoria M55. Il perugino corre in 12”36 (dopo il 12”24 in batteria) dietro lo sloveno Vadimir Vybostok, che ha chiuso in 12”15.

Brava Cristina De Grandis tra le W50. La milanese agguanta un combattutissimo terzo posto in 14”38. La prima e la seconda sono però fuori portata: la fortissima tedesca Dagmar Fuhrmann vince in 13”37!!

Negli M45 doppietta di medaglie azzurre: Vincenzo Antonaci arriva secondo in 11”75, Salvino Tortu è terzo in 11”81, risultato ben al disotto delle sue possibilità. Tortu, infatti, dopo la gara è molto contrariato, perché sperava di fare di più. Vince l'inglese Patrick Logan, con 11”50.

Nella categoria W40 nessuna italiana, ma la francese Violette Lapierre, campionessa mondiale di categoria, crea il vuoto dietro di sé correndo in 12”15.

Tra gli M40 è davvero avvincente la sfida tra Enrico Saraceni e l'inglese Anthony Noel. Saraceni, che da sempre paga una partenza poco efficace, decide per l'occasione di non utilizzare i blocchi di partenza (opzione prevista nelle gare master). “Mi trovo meglio così - mi spiega. Ma la sua lunga rincorsa non è sufficiente per agguantare il campione mondiale della distanza (10”93 contro 11”00). Lo attendiamo ora nelle distanze a lui più congeniali: 200 e 400 metri.


Nella foto Marta Roccamo e Agnieska - di R. Marchi


Tra le W35 la nostra Marta Roccamo si deve accontentare di un quarto posto con 13”15. Peccato. Una medaglia questa simpatica atleta catanese se la meritava. Nella stessa gara giunge al traguardo, al settimo posto, anche la mia amica Agnieska Kuczalska-Lis. Ci abbracciamo felici. La doppia cittadinanza (canadese e polacca) le permette di essere presente anche qui. “Tra un mese sarò in Guatemala per Campionati Master del Nord America” mi spiega. Ci siamo conosciute ai mondiali di Porto Rico nel 2003 e da allora siamo sempre rimaste in contatto. Peccato che la sua avventura agli europei termini qui e domani riparta.

Mentre sono in corso le semifinali dei 1.500 metri ritorno all'albergo stanchissima. E' giunto il momento di recuperare un po' di energie per le mie gare.

23/07/2006 - Europei di Poznan (2)

Domenica, 23 luglio
Il centro storico di Poznan è davvero caratteristico. La piazza principale, Stary Rynek Square, è delimitata da una serie di edifici dalle facciate variopinte. Al centro si erge il municipio, opera di un architetto italiano del 1500, con la facciata monumentale che rappresenta il simbolo di questa cittadina. Questa piazza è il cuore della città, su cui si affacciano decine di locali affollatissimi. Fa davvero molto caldo; le temperature in questi giorni hanno sfiorato i 40 gradi, penalizzando le competizioni.

Mi colpisce che questa città, ricca di impianti sportivi dove si svolgono spesso manifestazioni internazionali in tanti sport, non abbia in alcun modo pubblicizzato l’evento di questi campionati. Non c’è un cartello, uno striscione, nulla… Niente a che vedere con i Mondiali di San Sebastian dello scorso anno, dove la città si era messa a festa per noi. Peccato!

Nella foto il gruppo degli azzurri finalisti nei 400 ad ostacoli - di R.Marchi

Mentre passeggiamo tra le vie del centro incontriamo una tradizionale processione religiosa. E’ appena uscita dalla settecentesca Parish Curch per sfilare, accompagnata d banda musicale e ragazze vestite con bellissimi abiti folcloristici, per le vie del paese.
Cerchiamo un po’ di refrigerio con un gelato, mentre osserviamo le bancarelle dove si vendono oggetti di artigianato e girandole di plastica (non ne vedevo una da quando ero bambina…).
Nella foto Processione per le vie del centro - di R.Marchi

Medaglie
Nel pomeriggio ritorniamo allo Stadio Olimpia per assistere alle finali dei 400 ad ostacoli. Incontro Bruno Sobrero, che mi racconta di aver preso la medaglia di bronzo nel salto in lungo M85 con la stessa misura del secondo, 3,50 m, stabilendo la nuova miglior prestazione italiana di categoria (3,41 di Vittorio Colò). Il primato ai fini Fidal gli apparteneva già dallo scorso anno, quando saltò la misura di 3,58, prima di compiere 85 anni. Subito dopo incontro una sorridente Rosanna Rosati. La poliedrica atleta, prima delle escluse nella finale dei 400 ad ostacoli, si è rifatta conquistando il bronzo nel lancio del martello W45 con la misura di 36,63.

Nella foto Tiziana Piconese sul podio - di R.Marchi


Nel frattempo è giunta anche la medaglia d’argento della trentina Tiziana Piconese nel salto in alto W40. La “super-mamma” di 3 bimbi scatenati ha saltato 1,55 sfiorando per un nonnulla l’1,60, misura che ha permesso la vittoria all’inglese Wendy Laing. Assisto alla sua premiazione, mentre riecheggiano le note dell’inno inglese. Anche qui, come ai mondiali indoor di Linz, viene regalata questa emozione al vincitore, una vera e propria novità per il mondo master.

Sempre sul podio sale un’altra italiana, la bravissima lanciatrice Santa Sapienza. Dopo l’oro nel martellone (peso con maniglia) conquista l’argento nel martello W35 con l’ottima misura di 42,73 m. Il suo fisico minuto contrasta notevolmente con la stazza della vincitrice (la belga Kathleen De Wolf) ma soprattutto della terza classificata, la svizzera Daniela Lachat.

Le finali dei 400 ad ostacoli

Ritorno in pista per le finali dei 400 ad ostacoli.
Antonio Farsaci ha già corso i 300 ad ostacoli M65; s’è classificato al quinto posto, ma è soddisfattissimo di aver stabilito la miglior prestazione italiana di categoria: 50”78 (precedente 51”50 di Diego Febbe).

Nella finale degli M55 Antonio Montaruli, che lamenta un affaticamento al polpaccio, giunge quarto in 1’10”48, un tempo ben al di sotto delle sue possibilità.

La finale degli M50 vede ben 2 italiani in gara: l'aostano Alessandro Cipriani e il romano Claudio Rapaccioni. Claudio sfoggia un tricolore dipinto sulla guancia che attira le attenzioni dei fotografi; Cipriani, che non nascondeva velleità di medaglia, purtroppo pasticcia già dal primo ostacolo e giunge quinto in 62”89. Rapaccioni è ottavo, ma soddisfatto per aver raggiunto la finale.

Negli M40 ci sono altri due italiani: Frédéric Peroni e Roberto Amerio. Frédéric ha corso pochi giorni fa nell’ottimo tempo di 56”31, ma una fastidiosa borsite gli rende difficile reggere 2 gare in due giorni consecutivi, e le batterie sono state corse solo ieri…Utilizza un solo blocco per partire, ma perde l’equilibrio sul primo passo. Sono molto dispiaciuta per lui, che vede sfuggire il podio e si classifica solo al quinto posto con 57”63. La gara viene vinta dall’inglese Jonathan Tilt in 56”83. Al terzo posto giunge un felicissimo (ma distrutto dopo una gara coraggiosa) Roberto Amerio nel tempo di 57”17: per lui si tratta della prima medaglia internazionale.

Con la finale degli M35 termina la saga degli ostacoli. Il catanese Claudio Lucchesi si classifica al quarto posto.
Alla fine foto di gruppo per tutti, mentre Cipriani addenta un lembo di bandiera tricolore: che sia per la medaglia che forse si è mangiato?

25/07/2006 - Europei di Poznan (3)

Lunedi 24 luglio
Oggi tocca a me. E’ giunto finalmente il momento di rompere il ghiaccio e di scendere in pista. Non gareggio da oltre un mese e mezzo e l’emozione si fa inevitabilmente sentire. Per i 400 metri della mia categoria (W40) si corrono direttamente le semifinali, oggi pomeriggio alle 16.50. Al mattino però torno all’Olimpia Stadio per assistere alla gara di Sergio Agnoli nei 1.500 metri. Lo saluto proprio alla partenza della gara. Il primatista mondiale della mezza maratona M80 (1’42”24) è un po’ emozionato, non si sente molto a proprio agio su questa distanza (per lui) corta. “Il finlandese ha un tempo miglior del mio” mi confida. “Non ti preoccupare Sergio, vedrai che andrà tutto bene” lo incoraggio. Mentre fotografo il gruppo di over 80 impegnati su questa distanza non posso non provare una grande ammirazione nei loro confronti, pensando a tanti loro coetanei che hanno difficoltà anche solo a camminare. Sergio parte deciso, ma il finlandese Yrjo Torikka ha un altro passo e vince in 6’40”40, contro i 6’46”04 di Sergio. Un altro bell’argento che si somma all’oro sui 10.000 metri.

Nella foto Sergio Agnoli nei 1.500 m. M80 - di R.Marchi


Mi comunicano che sono arrivate medaglie anche dai 5.000 m di marcia, che si sono svolti presso la pista dell’Università di Educazione Fisica: oro per Milena Migli tra le W40 (26’58”54) e argento nelle W50 per Natalia Marcenco, la mia compagna di squadra all’Assindustria Sport Padova. Natali è giunta seconda in 28:21.35 dietro alla portoghese Maria Silva Fernandes, vincitrice in 26’22”02. Fino allo scorso anno anche Natali viaggiava sui tempi della prima, ma vari problemi di salute l’hanno debilitata durante l’inverno e questa medaglia per lei vale quanto l’oro.

La mia semifinale
Lo stadio Olimpia è immerso in un fitto bosco ed è piacevole riscaldarsi all’ombra degli alberi lungo il bellissimo laghetto a 50 metri dallo stadio; lo sterrato è proprio l’ideale. Ritrovo le mie amiche di altri campionati, come la francese Dolores Hachotte e l’inglese Geraldine Finegane.

Durante il riscaldamento incontro il consigliere federale e Pierluigi Migliorini che mi preannuncia l’organizzazione di un convegno sul tema dei master all’inizio di dicembre. Mi presenta quindi Giuseppe Gentile, uno degli atleti che ha segnato la storia del salto triplo.

Le procedure qui non sono molto fiscali. La call room funziona come la normalissima “spunta” di una gara provinciale e l’accesso al campo avviene liberamente. Mi stavo cambiando le scarpe, quando mi sono accorta improvvisamente di essere rimasta da sola e mi sono dovuta precipitare al trotto verso la zona di partenza: nelle altre edizioni a cui ho partecipato questa procedura era molto più controllata e non si correva il rischio di dimenticare qualche atleta.

Ci sono 2 semifinali e, vista la lista delle partenti, l’accesso alla finale dovrebbe per me essere facile. Decido di risparmiare al massimo le energie. Parto decisa, per poi controllare dai 220 metri. L’estone Helle Tuhkla mi affianca e mi supera. Io la seguo nella scia, ma senza forzare. Controllo la seconda posizione fino all’arrivo. Il tempo è altissimo (63”60, contro i 63”06 dell’estone), arrivo sciolta all’arrivo ma mi ritrovo stanchissima. Il mio stagionale di 60”6 in questo momento mi sembra inavvicinabile; il tendine, poi, negli ultimi 60 metri ha incominciato a farsi sentire: che sia solo frutto dell’emozione? Speriamo bene per la finale. La seconda semifinale viene vinta da Dolores Hachotte (61”96), seguita da Geraldine Finegane (62”98).


Nella foto il passaggio ai 300 metri della mia semifinale - di A.Cipriani


Dopo la gara raggiungo il Fidal Point dove Oriano Chelini, il fisioterapista della Fidal, mi attende per un massaggio di scarico. Privatamente, compatibilmente con le esigenze che il suo ruolo gli impone, è disponibile per massaggi ad una modica cifra: non mi sembra vero! E’ bravissimo e scendo dal lettino con un po' di ottimismo in più.

Mercoledi mattina correrò la finale. Gli altri finalisti italiani sono Emma Mazzenga (W70), Elisa Zuccari (W45), Sergio Palma (M80), Roberto Vaghi e Tristano Tamaro (M65), Alessandro Manfredi (M45), Enrico Saraceni (M40) e Emilio de Bonis (M35). In bocca al lupo a tutti noi!

26/07/2006 - Europei di Poznan (4)

Mercoledi 26 luglio
La sveglia suona presto, perché le finali dei 400 metri iniziano alle 9.00. La notte l'ho passata un po' agitata, ma fa parte del copione: impossibile arrivare ad un appuntamento come questo senza essere emozionati, nonostante gareggi ormai da 25 anni e questa sia la mia settima parteciazione internazionale. Preparo il caffè con la moka portata da casa, leggo gli sms e le mail di incoraggiamento e mi preparo per uscire. Giunta allo stadio cerco di rilassarmi lungo il lago ascoltando un po' di musica.

Incontro Dolores, la mia avversaria francese. E' molto simpatica ma parla solo francese, e io non conosco una parola di francese. A gesti mi fa capire che anche la sua pancia è in subbuglio per l'emozione. Mentre mi riscaldo intravedo il passaggio ai 300 metri delle finali precedenti alle mie.
Si inizia con le categorie più anziane: negli M90 si ripropone la sfida dei 100 metri fra il finlandese Liedtke e il novantaquattrenne tedesco Mahlo. Anche questa volta vince il finlandese. Certo che riuscire ancora a correre il giro di pista a quell'età è davvero incredibile!

Non riesco a seguire tutte le gare successive, ma con piacere apprendo della seconda posizione di Sergio Palma tra gli M80 (1'21”62) e della terza posizione di Emma Mazzenga tra le W70 (1'25”19).

Negli M65 Guido Muller impera facendo il vuoto dietro di sé. A 67 anni corre in 57”66, distanziando di 5 secondi il secondo classificato. Nella stessa finale Roberto Vaghi giunge quinto in 65”13 (in batteria aveva però corso in 64”58), mentre Tristano Tamaro, improvvisatosi quattrocentista, giunge settimo in 66”09.

Vedo passare Vincenzo Felicetti, impegnato con gli M55, seguito sulla scia dal britannico Robert Minting. Vincenzo vincerà con autorità nell'ottimo tempo di 54”82 (55”58 il tempo finale del britannico).

E' il momento di andare alla call room. Mi lamento con l'addetto per l'approssimazione con cui si effettua la procedura. Lui si difende dicendo che tanto gli atleti vanno alla partenza per conto loro... Per forza! Il campo è aperto e si può agevolmente entrare scavalcando la bassa ringhiera.
Ci avviamo verso la partenza. In quel momento partono le W45. La nostra Elisa Zuccari è settima in 65”18. Non mi viene subito in mente il suo nome e la incito con un “forza Italia!”. Tra gli M45, il bravo Alessandro Manfredi è anche lui settimo in 55”24.

E' ora il mio turno. Con il quarto tempo di qualificazione mi vedo assegnata la seconda corsia. Mi sento bene e il tendine non si lamenta. In terza corsia c'è l'estone Helle Tuhkla, una donna molto riservata con la quale non sono riuscita a scambiare neanche un sorriso, mentre in quarta c'è la mia amica Dolores. Helle parte più veloce di me; io cerco di fare la mia gara, passando in poco più di 29” ai 200 e tenendo abbastanza nel finale. Solo negli ultimi 50 metri la fatica mi offusca la vista. Mi sembra di essere terza, dietro a Helle e Dolores, ma all'arrivo tracollo. Un piccolo malore che mi rende difficile la respirazione; rimango a terra un po', senza riuscire a riprendermi.
60”99 il mio tempo finale, molto vicino al mio stagionale di 60”6. Vince l'estone con 60”35, seconda Dolores in 60”42. Mi spiace per lei, poteva essere una bella occasione.
Nel frattempo parte la gara degli M40, con un Enrico Saraceni pronto a sfoderare sua prestazione regale. Ancora sdraiata per terra nel tentativo di recuperare energie, intorno a me vedo solo gambe di persone rivolte a seguire sua la gara.
Enrico vince facilmente nel tempo di 49”10 (ma questo lo scoprirò qualche minuto dopo).
Tra gli M35 un grande Emilio De Bonis (il nostro "Emilio" del forum) conquista anche lui il bronzo in 50”49.

Quando mi riprendo scattiamo delle foto di gruppo con gli altri finalisti; peccato che quelli delle categorie “meno giovani” se ne siano già andati.

Nella foto da sx: Manfredi, Felicetti, Marchi, De Bonis e Saraceni


Devo andare sul podio per la premiazione: e ora cosa mi metto? Opto per la maglietta con la scritta “Italia” (comperata sulle bancarelle) che mi ha regalato la mia “sorellina” Barbara Ferrarini, in attesa che la Fidal provveda...(alla predisposizione di tute e vestiario da poter acquistare, come previsto dalle disposizioni approvate dal Consiglio Federale per il 2006).

E mentre ascolto incuriosita l'inno estone, penso che anche questa volta ce l'ho fatta a mettere in “saccoccia” una medaglia.

27/07/2006 - Europei di Poznan (5)

Giovedi 27 luglio
Anche stamane la sveglia suona presto. Alle 8 c'è la partenza della 10 km di marcia su strada femminile e voglio fare il tifo per la mia compagna di squadra Natali Marcenco. Raggiungiamo il Malta Lake, sede di molte rassegne internazionali di cannottaggio, scoprendo con raccapriccio che il tracciato (un rettilineo di un km da ripetere avanti e indietro per 5 volte) è stato ricavato dalla corsia di una strada trafficatissima. Nell'altra corsia una colonna di auto e Tir viaggia a passo d'uomo scaricando i gas tossici proprio sugli atleti in gara.
Nella foto Natali Marcenco e Milena Megli - argento W50 e oro W40 nella 10 km di marcia - di R.Marchi

L'atleta più anziana impegnata è un'ottantenne ucraina, che si distingue per un completino di raso bianco (probabimente cucito per l'occasione) con colletto e polsini azzurri. Purtroppo per lei verrà squalificata. Ci sono anche due donne non vedenti, con rispettive guide. Chiediamo dei chiarimenti in inglese ad un giudice; lui ci risponde cortesemente ma, mentre ci allontaniamo, scopriamo che anche lui è italiano: scoppiamo in una sonora risata. Si tratta del toscano Luca Ciurli, con cui commentiamo l'infelice scelta del tracciato e il fatto che le categorie maschili della 20 km saranno impegnate alle 11.00 (dalla M35 alla M50) e alle 17.00 (per gli over 55). In quegli orari non ci sarà neppure un filo d'ombra a riparare i poveri atleti e le temperature potrebbero raggiungere picchi preoccupanti.

Nel gruppetto di testa della gara femminile troviamo impegnata la nostra Milena Megli, mentre Natali viaggia distaccata. La bravissima Milena giungerà prima per la categoria W40 (e terza assoluta in 56'26”), bissando il successo ottenuto sulla distanza più corta; Natali, con il tempo di 59'05”, conquista invece il suo secondo argento per la categoria W50. Entrambe le atlete si sono lamentate al termine della gara per il tracciato molto impegnativo, con numerosi salite e discese.

Nella foto il passaggio di Milena Megli - di R.Marchi

Ho poi il piacere di conoscere Johanna De Petra-Rigney, la nostra portacolori italo-americana. “Vivo in California - mi spiega - ma gareggio per l'Italia”. Nella classifica W60 si aggiudica anche lei la medaglia d'argento (1°07'55”).
In gara anche la poliedrica Angela Bellomi, già impegnata nel pentathlon e giavellotto e qui sesta tra le W60, e la simpaticissima Maria Vecchi (categoria W65), che però opterà per il ritiro al quarto chilometro.

Ritorniamo verso il centro per un giretto turistico al museo della Ratusz (il municipio) e per assistere, a mezzogiorno in punto, all'uscita delle due caprette meccaniche dal campanile per lo "scontro di corna" quotidiano. Le capre sono infatti il simbolo di questa città, riprodotte anche nel logo della birra locale (la Lech) e nelle belle medaglie con nastrino rosso e bianco consegnate sul podio di questa manifestazione.

Nel pomeriggio ritorniamo verso lo stadio Olmpia per la gara del salto con l'asta M80, dov'è impegnato il veronese Amelio Compri.
Al centro di registrazione incontro il friulano Lucio Buiatti, con la medaglia di bronzo al collo conquistata nel giavellotto M45 con la misura dii 53,14. Bene. Il medagliere si sta sempre più arricchendo e, nonostante la ridotta partecipazione della compagine azzurra, potremo forse avvicinarci alle 62 medaglie dell'edizione di Aahrus 2004.

Allo stadio incontro anche Carla Forcellini, che ha vinto da poche ore la medaglia d'oro nell'asta W45. E' un po' delusa dal risultato (3,20), ma oltre ai problemi fisici che l'hanno tormentata tutto l'anno si è aggiunta anche la "tempestiva" puntura da parte di una vespa locale (qui numerosissime e agguerrite) proprio sul polso della mano sinistra due minuti prima di iniziare la gara.

Andrea Naso mi esibisce con orgoglio la medaglia d'argento conquistata nella 20 km di marcia a squadre M45-54 insieme a Cervi e Tamburini. Mi informa inoltre che anche nella categoria M35-44 è arrivata un'altra medaglia d'argento, ad opera di Cartoni, Zanolli e Siracusa. Peccato che sia mancata la medaglia individuale.

Nella foto il salto di Amelio Compri a 2,10 - di R.Marchi


L'ottantunenne Amelio Compri, nella pedana dell'asta, cerca intanto la sua concentrazione. Dal punto di vista emotivo sente molo la gara, meglio non avvicinarlo troppo. Salta a piedi nudi “perchè così ho una migliore sensibilità” mi aveva spiegato. I primi salti sono molti abbondanti. Probabilmente 2,20-2,30 sono alla sua portata, penso, ma poi Amelio paga l'elevato numero di salti (con progressione di 5 cm.) e giunge comunque secondo in 2,10, nella gara vinta dal finlandese Pentti Saavalainen con 2,15.

In pista, intanto, sono impegnati gli atleti impegnati al primo turno di qualificazione dei 200 metri, per le categorie che presentavano oltre 24 iscritti. Degli azzurri superano il turno Vincenzo Felicetti, Antonio Montaruli (tra gli M55 direttamente in finale), Gianpeppe Niro, Alessandro Cipriani (tra gli M50 in semifinale) ed Enrico Saraceni (tra gli M40 direttamente in finale).

Ne approfitto poi per un piccolo allenamento, in vista delle qualificazioni dei 200 metri di domani pomeriggio. Mentre faccio stretching sul mio inseparabile tappettino, si avvicina il novantenne svedese Herbert Liedke, già vincitore dei 100 e 400 metri per la sua categoria. Mi chiede se può sedersi insieme a me sul tappettino, invitando un fotografo a scattare una foto. Con mio grande stupore me lo ritrovo con la testa sul pavimento in una sorta di verticale, che si conclude con una capriola praticamente tra le mie braccia! Sorrido, incredula di tanta agilità, e gli scocco un bacio sulla guancia, mentre lui inizia pure a suonarmi "O sole mio" con la sua armonica...


Nella foto Herbert Liedtke insieme a Rosa Marchi


Stasera finalmente si mangia la pasta, ospiti nel camper di Emanuela Stacchietti e Vincenzo Felicetti.

29/07/2006 - Europei di Poznan (6)

Sabato 29 luglio
Al mattino assisto alle finali degli 800 metri. Dopo la bellissima vittoria di Emma Mazzenga tra le W70 (con tanto di miglior prestazione italiana di categoria: 3'21”35), inizia la “maledizione del quarto posto”: Waltraud Egger, che soffre di problemi muscolari, è quarta tra le W55, e la stessa sorte spetta a Elisa Zuccari tra le W45, a Alessandro Manfredi tra gli M45 (per soli 2 centesimi!) e a Fabio Biferali tra gli M40. Dobbiamo arrivare agli M35 per trovare il bronzo di Emilio De Bonis, in una gara serratissima.


(Nella foto le finaliste dei 200 metri W40)


Al pomeriggio si corrono le finali dei 200 metri. Qualche giorno fa avevo ricevuto un sms da Rosa Anibaldi, con la quale lo scorso anno, insieme a Giuseppina Perlino e Barbara Ferrarini, avevo corso la staffetta 4x100 ai mondiali di San Sebastian. Ora Rosa ha una bellissima bimba di 2 mesi, Erika, da accudire. L'sms diceva: “Ho sognato che le mie due ‘zie’ (la sottoscritta e Peppa, nda) salivano sul podio. Erika”.
Ho sorriso, quando l'ho letto. L'impresa sembrava davvero impossibile, vista la lista delle iscritte. Nelle semifinali di ieri mi sono però stupita delle numerose defezioni rispetto alle iscrizioni. Ho vinto la mia semifinale con un tempo molto elevato, 27”59, mentre l'altra semifinale è stata vinta dalla francese Violette La Pierre in 25”97; dietro di lei Giuseppina Perlino in 27”23.

Violette è un’extraterrestre rispetto a tutte le altre W40; ha vinto i 100 metri in 12”15 lasciando il vuoto dietro di sè, e la stessa cosa succederà sicuramente anche in questa gara. Rimane aperta la lotta per il secondo e terzo posto: oltre a me e “Peppa”, anche le altre due francesi (Dolores Hachotte e Dominique Vouagner) sono molto agguerrite.
Mi sembra strano di correre su tempi così elevati (il mio miglior risultato dello scorso anno è di 26”45), ma la preparazione di quest'anno non è quella del 2005 e sono già contenta di essere qui. In questo devo dire che Peppa per me è stata una maestra; lei, che per tanti anni è stata in nazionale assoluta, con un personale di 54”01 nei 400 metri, continua a correre in tempi superiori al minuto e continua a divertirsi, anzi, forse si diverte anche più di un tempo! Correre è bello e ritrovarsi insperatamente a poter lottare per una medaglia ti regala adrenalina e emozioni impreviste.

Mentre mi scaldo per la finale sento le note dell'inno di Mameli. Sul podio c’è il nostro Bruno Sobrero che, con la categoria M85, ha inaugurato per l'Italia la lunga lista delle medaglie dei 200 metri: dopo di lui vinceranno anche Sergio Palma tra gli M80 ed Enrico Saraceni tra gli M40; argenti per Tristano Tamaro tra gli M65 e Vincenzo Felicetti tra gli M55 e bronzi di Emma Mazzenga tra le W70 (dopo aver vinto al mattino gli 800 metri!) e Marta Roccamo (alla sua prima medaglia internazionale) tra le W35.

Nella pedana del salto con l'asta Gianfranco Beda (mio compagno di squadra all'Assindustria Sport Padova) ha appena vinto il titolo europeo per la categoria M35 con la misura di 4,60, battendo di 10 centimetri l'olandese Hans Pompen. Gianfranco è molto contento di questa sua prima esperienza internazionale master, soprattutto per il caloroso tifo dedicatogli dal pubblico. Mi congratulo con lui mentre effettuo l'ultimo allungo prima della finale.
(Nella foto, al centro, Gianfranco Beda sul podio dell'asta M35 - di Rosa Marchi)


E' il momento di preparare i blocchi di partenza. Ci scambiamo gli “in bocca al lupo” tra tutte le finaliste. Dolores Hachotte indossa sul top di gara la spillina tricolore che le ho regalato. A Peppa sussurro: “Dai, proviamo a realizzare il sogno di Erika”.
Al via Violette è velocissima e fa la sua gara, vincendo in 25”15. Dietro di lei come previsto siamo in 4, tutte in pochi decimi. Peppa giunge seconda in 27”20, mentre io riesco ad acciuffare il terzo posto in 27”32. Dolores sarà quarta in 27”40 e Dominique quinta in 27”44.
Il nostro podio sarà l'unico a contare la presenza di 2 atleti azzurri. Sono felicissima, soprattutto per il risultato di Peppa, che conquista così la sua prima medaglia internazionale master a livello individuale.

(Nella foto il podio dei 200 metri W40, da xs: Perlino, La Pierre, Marchi - di AF)

30/07/2006 - Europei Poznan (7)

Domenica 30 luglio
Oggi è l'ultima giornata di gare. Alle 7 è partita la maratona, al Malta Lake, su un percorso di poco più di 7 km da ripetersi 5 volte. Non sono una maratoneta, ma l'idea di correre più volte quel percorso intorno al lago basta ad annoiarmi. Speriamo bene per gli atleti impegnati oggi sulla 42 chilometri. Mi sveglio comunque presto per incitare Francesca Ragnetti (etabeta, per il forum di Atleticanet), impegnata nei 2.000 siepi W40. La bravissima Francesca quest'anno ha partecipato per la prima volta ai campionati italiani assoluti di Torino, sui 3000 siepi: niente male per una quarantenne! Arriverà terza in 7'53”31, prendendosi una rivincita sull'inglese Geraldine Finegan.

Le 4x100

A mezzogiorno inizia la “saga” delle staffette. I primi azzurri in gara sono i nostri “over 80”, con la partecipazione straordinaria di Sergio Agnoli, il recordman mondiale della mezza maratona che ha dato la propria disponibilità per completare il quartetto della 4x100 insieme a Sergio Palma, Eddo Foroni e Bruno Sobrero. I quattro si classificano al primo posto con il tempo di 1'08”03: per Sobrero si tratta del quarto oro, per Agnoli del terzo, per Palma del secondo e per Foroni del primo! E' bello vedere i nostri pimpantissimi ultraottantenni cantare l'inno di Mameli sul podio.

Nella foto il podio delle staffette 4x100 M80 - di R.Marchi

Un altro bell'oro, con tanto di miglior prestazione italiana di categoria (48”49), arriva dalla staffetta 4x100 M55, composta da Montaruli, Rossi, Rossetti e Felicetti. Antonio Rossi, dopo l'argento nei 100 metri, era tornato a Perugia per impegni di lavoro, per poi riaffrontare il viaggio (in auto insieme a Corrado Rossetti) e ripresentarsi qui giusto in tempo per correre la staffetta.

Sempre nella 4x100, la formazione M65 (con Vaghi, Veronesi, Valente e Tamaro) si aggiudica la medaglia d'argento (in 54”46), mentre il quartetto delle W50 (Bandelli, De Grandis, Micheletti e Egger) si classifica al terzo posto nel tempo di 1'00”55.

Mi preparo per la 4x100, categoria W35, che correrò insieme a “Peppa” Perlino e Marta Roccamo. per completare il quartetto (che da regolamento richiedeva almeno 2 atlete nella categoria W35) è stata coinvolta anche Santa Sapienza; la nostra plurimedagliata lanciatrice ha accettato con generosità di vestire i panni di velocista, pur non avendo mai corso una staffetta.
Alla Call Room l'addetto ci informa che non è necessario indossare il nostro numero di gara, poiché è sufficiente che l'ultima frazionista - nel nostro caso Marta - utilizzi l'apposito pettorale che identifica la nazione. Vado a posizionarmi alla partenza dei 200 metri per correre la terza frazione, con Santa in prima, Peppa in seconda e Marta in quarta. Ho tenuto il mio numero di gara sulla schiena, ma per comodità ho levato quello sul davanti. Stiamo per partire, quando un giudice (che parla solo in polacco) mi fa capire chiaramente che se non indosso il pettorale anche sul davanti non potrò gareggiare. Cerco di spiegargli in inglese le indicazioni date alla Call Room, ma lui non riesce a capirmi. Ho un attimo di panico, mentre cerco di ricordarmi dove ho lasciato il numero, poi corro a prenderlo, arrabbiata per la disorganizzazione. Nel frattempo un episodio analogo succede anche a Santa, in prima frazione. Lei non ha i numeri con sé, perché li ha lasciati in albergo, così anche per lei si ripete la scena del giudice arrabbiato. Peppa va in suo soccorso e le cede uno dei suoi 2 numeri; a quel punto il giudice si calma e la gara può iniziare (con Santa e Peppa che indossano un solo numero... lo stesso!).
Inizia la gara. Santa fa quello che può, ma arriviamo ultime con un tempo molto elevato, così come è successo alla formazione W45, dove Elisa Zuccari, che avrebbe dovuto correre poi la 4x400 W40, rimedia anche un infortunio. Col “senno di poi” si sarebbe potuto schierare una sola staffetta, nella categoria W40, con le più forti “over 40” presenti. Sarebbe stata davvero competitiva, peccato...

Le 4x400
Rintraccio Francesca Ragnetti, riserva della 4x400. Dopo aver corso le siepi stamane, non si aspetta proprio di doversi preparare per la staffetta del miglio. E' un po' perplessa: “quest'anno ho corso in 1'11’’” - mi spiega, ma cerco di incentivarla ricordandole che la miglior prestazione italiana W40 è di 4'27” e che, al di là del piazzamento, possiamo porci tranquillamente l'obiettivo di un record italiano.
Aiuto Francesca a sistemare i blocchi, dal momento che sarà la prima frazionista. Corre bene la sua frazione, e quando passa il testimone a Peppa Perlino il cronometro segna poco più di 69 secondi. Peppa corre fortissimo la sua frazione (sui 60 secondi), con una rimonta che ci riavvicina al terzetti di testa. Quando Rosanna Rosati riceve il testimone il cronometro segna 2'10”. Anche Rosanna, che appartiene alla categoria W45, corre davvero forte (sui 63 secondi) e ai 200 metri va ad agguantare la terza posizione. Nel frattempo osservo la tedesca (del quartetto ora in quarta posizione) che correrà con me la quarta frazione; la Germania ha schierato in ultima frazione la sua atleta più lenta: bene, penso dentro di me, una medaglia ci sta. Quando ricevo il testimone Francia e Inghilterra sono però per me irraggiungibili, troppo ampio il divario che ci separa. Corro comunque senza risparmiarmi in un parziale di 59”78. Il tempo finale sarà di 4'13”69. Vincono le francesi, in 4'09”75, seconde le inglesi in 4'10”58. Gioisco insieme alle mie compagne di squadra per questo primato italiano migliorato di 14 secondi. Arriva anche Elisa, con la gamba fasciata, e festeggiamo anche con lei.

(Nella foto da sx: Francesca Ragnetti, "Peppa" Perlino, Rosanna Rosati e Rosa Marchi - di AF)


Per me si tratta del terzo bronzo, per Francesca del secondo. Visti i risultati, abbiamo deciso di fondare il “Club dei bronzini forumisti di Atelticanet”, nel quale includiamo anche Emilio De Bonis (Emilio, per il forum), anche lui vincitore di 2 bronzi (ma nella stafetta 4x400 M35 corsa insieme ad Amerio, Mandich e Biferali, Emilio riesce a conquistarsi un bellissimo argento, con grande invidia mia e di Francesca).
(Nella foto, scattata al termine della staffetta 4x400 M35, da sx Rosa Marchi, Emilio De Bonis e Francesca Ragnetti)


See you in Lubiana...

Scende così il sipario su questi campionati. Mentre al ritmo dei tamburi si svolge la cerimonia di chiusura e di passaggio di consegue a Lubiana, sede nel 2008 della prossima edizione degli Europei master, sento un piccolo nodo alla gola. Mi ritengo molto fortunata per essere riuscita a partecipare e a salire 3 volte sul podio. Penso ai tanti amici che hanno dato forfait e non sono potuti essere qui; vorrei abbracciarli tutti e ricordare loro che il bello del nostro mondo è proprio questo: finito un campionato, ce n'è sempre un altro che ci aspetta e...

Miscellanea bianco-rossa: dedicata a chi c'era...
Olimpia Stadium, Lech, Okocim, zloti, Stary Rinek, Ratusz, lo “scornamento” delle capre a mezzogiorno, “We are the champions”, “Allo Sioux alle 8”, “On your marks. Set!”, Malta Lake, 93, Uwaga!, Stramaledette vespe, “Scus mi, is possibòl”?, European Champion!

giovedì 1 giugno 2006

Sergio Agnoli, record di ferro


Soprannominato il "keniano bianco" per il suo stile di corsa che ricorda quello dei corridori africani. Alla Roma-Ostia ha stabilito la nuova migliore prestazione mondiale over 80. Tra un mese parte per gli europei di Poznan. Per tentare qualche nuova impresa.

Alla mezza maratona Roma-Ostia ha stabilito la miglior prestazione mondiale over 80 (1:42'24"). Ha poi tentato di siglare un nuovo record alla maratona di Roma ma il tenace romano, di origine cadorine, è stato costretto al ritiro per problemi muscolari. Ci riproverà a luglio, in occasione degli Europei master di Poznan. Sergio Agnoli è soprannominato il “keniano bianco” e, tra il popolo dei runner, è senza dubbio uno dei rappresentanti più ammirati del mondo master.

Quando ha iniziato a correre?
«A 58 anni, quando andai in pensione. Mi resi conto di aver difficoltà anche ad allacciarmi le scarpe e pensai di correre ai ripari iniziando a praticare uno sport. La corsa fu la scelta più facile, anche se la mia prima gara fu un vero disastro: arrivai ultimo.»
Eppure, due anni dopo debuttò nella maratona con un tempo di tutto rispetto per un sessantenne: 3:19’.
«È vero. Mi preparai seguendo alcune delle tabelle redatte da Luciano Gigliotti e pubblicate proprio su Correre. L’anno successivo corsi in meno di tre ore (2:58’02”,nda).»
Ora ha un allenatore?
«No, però mi segue con i suoi consigli Orlando Pizzolato. È stato lui ad affibbiarmi il soprannome “keniano bianco”, per il mio stile di corsa che a suo avviso è simile a quello dei corridori africani.»
Quante volte si allena?
«Arrivo a 5-6 sedute alla settimana, ma solo durante la preparazione di una maratona.»
Non è un carico un po’ esagerato alla sua età?
«È una domanda che mi pongono di frequente. In realtà non faccio fatica, anche perché alterno sempre allenamenti impegnativi ad altri più leggeri.»
In vent’anni di attività master ha conquistato 7 titoli mondiali, 9 europei e 21 italiani. Qual è stato il risultato più prestigioso?
«I quattro titoli mondiali conquistati a Brisbane nel 2001. In poco più di una settimana vinsi la corsa campestre, i 5.000, i 10.000 e la maratona. Questo risultato mi permise di essere insignito, con mia grandissima gioia, del titolo di Cavaliere dell’Ordine “al Merito della Repubblica Italiana”.»
E quello più emozionante?
«Quando vinsi la maratona agli Europei master di Kristiansand, nel 1992. Mi diedero una grande bandiera tricolore, con tanto di asta, per il giro di pista. Fu molto emozionante anche se, un po’ per la stanchezza, un po’ per il forte vento, completai il giro con la bandiera arrotolata sotto il braccio.»
Cosa ha ricevuto dall’esperienza sportiva?
«È stato uno stimolo per rendere la mia vita meno noiosa, dopo essere andato in pensione. Poi mi ha permesso di conoscere molte persone e di stringere nuove amicizie in tutto il mondo.»
Cosa vorrebbe trasmettere ai giovani?
«Mi piacerebbe poter essere un esempio, far capire loro che una vita regolare, senza fumo, senza eccessi, può aiutare ad affrontare meglio anche la terza età.»
Come tiene sotto controllo la sua salute?
«Sono seguito con visite semestrali dal professor Paolo Zeppilli, primario al Policlinico Gemelli. Lui mi consiglia sempre di non esagerare, di non farmi prendere da quella che definisce “Sindrome di Highlander”. Penso, con il mio ritiro alla maratona di Roma, di avergli dimostrato di saper essere anche prudente. Però non potrei rinunciare facilmente a questa mia grandissima passione, anche se credo di essere pienamente consapevole che a ottant’anni tutto possa succedere. Spesso lo faccio sorridere con la mia battuta preferita: a una certa età non è forse migliore una morte in una corsia di una pista che non in una corsia d’ospedale?»
I suoi familiari cosa pensano della sua attività sportiva?
«Sono molto fortunato perché ho il completo sostegno di mia moglie, Luisa, che mi segue in tutte le gare e mi è molto vicina, e di mio figlio Paolo, un maratoneta di buon livello della categoria M50, con cui condivido pienamente la passione per la corsa.»
Si ritiene una persona ottimista?
«Senza dubbio, penso si debba sempre avere un atteggiamento positivo nei confronti della vita. C’è un aneddoto che amo raccontare: lo scorso anno, durante gli Europei master su strada a Villareal, conobbi un tedesco di 92 anni. Mi raccontò sconsolato che al 18° km della mezza maratona, nonostante si sentisse bene, era scivolato a terra al rifornimento. Un giudice, a quel punto, gli aveva tolto il pettorale. “Se stavi bene, come mai non sei ripartito? Avevi ancora il microchip sulla scarpa”, gli chiesi incuriosito. “In realtà ci ho pensato... ma se poi mi avessero squalificato a vita?” Questa fu la risposta del mio nuovo
amico.»

Articolo pubblicato su Correre nel mese di giugno 2006

sabato 1 aprile 2006

Vittorio Colò, lo stop dopo 77 stagioni

VittorioColoFotodiRMarchi
A quasi 95 anni, ha appeso le scarpette al chiodo. E' l'icona dei master italiani.

L’uomo capace di saltare 3 metri nel lungo a 93 anni dice basta. Una carriera magnifica, al limite dell'incredibile. Lo abbiamo incontrato nella sua casa a pochi passi da un luogo sacro a tutti i corridori milanesi.

Nel loro appartamento a pochi passi dalla pista di atletica XXV Aprile di Milano, Vittorio Colò e la moglie Enrica mi accolgono con grande calore. «Perché vuoi intervistare questo vecchiaccio che non ha nulla da dire?», mi chiede dissimulando con tono burbero l’emozione dell’essere intervistato. Sorrido, pensando che quest’uomo eccezionale, dall’intelligenza acuta e dall’ironia pungente, di cose da dire ne ha, eccome. Quasi 30 anni di atletica master ad altissimo livello; le ultime gare nell’ottobre 2004, ai campionati di società di Formia. Ricordo ancora il silenzio quasi sacrale, a testimoniare rispetto, ammirazione ed emozione che univa giudici, pubblico e atleti, nel vedere il quasi novantatreenne di allora saltare in lungo 3 metri esatti.
«Nel 2005 sono stato operato per un aneurisma all’arteria femorale e la mia salute ne ha risentito – mi spiega così le motivazioni del suo stop –. Riesco a fare ancora qualche cosetta, quello che serve per prendere un autobus al volo, ma nulla di serio.» La moglie precisa: «In realtà dopo l’operazione si era un po’ illuso di poter tornare in pista. Stava preparando la gara del martello con l’obiettivo del record del mondo per la categoria M95, ma la gamba era troppo debole e ha dovuto rinunciare».
Gli chiedo di ripercorrere la sua storia di atleta partendo dal suo primo incontro con l’atletica leggera, che avvenne ben 77 anni fa.
«Mentre frequentavo il liceo a Riva del Garda, la mia cittadina di origine, venni contattato per partecipare al Gran Premio dei Giovani, una specie di Giochi della Gioventù. Era il 1929, e grazie alla mia poliedricità riuscii a qualificarmi nel
pentathlon per la finale nazionale. Fino a quando mi sono laureato, nel 1938, in chimica industriale, ho sempre praticato l’atletica, spaziando in tutte le specialità. Sono stato anche detentore del record regionale trentino di salto triplo.» Mi mostra un libro sulla storia sportiva di Riva del Garda. In copertina è
riportata una foto propagandistica del Ventennio che ritrae tre atleti. «Fu scattata durante l’inaugurazione del campo sportivo, nel 1931. Io sono quello di sinistra, quello che tiene il disco in mano.» Rimango assorta a fissare la foto, cercando di ritrovare, in quel bel ragazzo muscolato di allora, l’esile atleta ultranovantenne che conosco. Gli occhi, penso, quelli sono gli stessi, vivi e limpidi. Dopo la guerra ritorna nuovamente in pista. «Dal 1946 al 1953 gareggiavo nel decathlon per la squadra della Quercia Rovereto. Riuscivo sempre a piazzarmi tra il 5° e il 6° posto, agli assoluti. Smisi completamente a 42 anni.» E poi com’è che iniziò l’attività master? «Dopo una vita lavorativa dedicata alla ricerca farmaceutica, nel 1972 andai in pensione e iniziai a fare l’allenatore di atletica, attività che ho continuato fino a un anno fa, occupandomi dei ragazzi dell’Atletica Riccardi Milano. Nel 1977 venne organizzata la prima edizione dei campionati italiani master, alla quale partecipai grazie all’insistenza di Cesare Beccalli (l’attuale presidente della WMA, la federazione mondiale dell’atletica master, nda), vincendo i 100 m nella categoria M65. Da allora ho quasi sempre gareggiato.» Colò ha quindi vissuto in prima persona tutta la storia dell’atletica master in Italia, comprese le avversità e le polemiche che questo nuovo movimento suscitava. Mi dice: «Forse non tutti sanno che nel 1993 la Fidal propose, durante i Mondiali a Miyazaki, di non permettere agli atleti ultrasessantenni di competere. Fortunatamente tutte le altre nazioni votarono contro quella proposta».
Poi l’esperienza a Scommettiamo che..., la trasmissione della RAI che rese noto al grande pubblico il mondo dei master, insieme a Sobrero, Sansonetti e Marabotti. «Onestamente mi è sembrata una cosa un po’ artificiale – mi confida –. Divenni improvvisamente famoso. Mi chiamava gente da tutta Italia per complimentarsi. Ma come, mi chiedevo, tutto questo interesse per una frazioncina in una staffetta e del mio record nel decathlon a 85 anni nessuno sa nulla?»
Già, il suo record nel decathlon fu stabilito a Durban durante i campionati mondiali del 1997, quando l’ottantacinquenne Colò si aggiudicò ben 7 medaglie d’oro: «Quella gara venne disputata sotto una pioggia battente. Fu difficile ma esaltante, come quando da giovane feci il giro del lago di Garda con un sandolino, una coperta e un po’ di cibo. Forse le due esperienze sportive più emozionanti della mia vita».
In tanti anni Colò ha collezionato numerosi titoli, medaglie e primati. È attualmente detentore dei record mondiali over 90 dei 200 m (40”00), salto in lungo (3,09), 60 m indoor (10”73) e triplo indoor. Sì, proprio il salto triplo, con tanto di rincorsa, stacco, balzi e arrivo in buca: 6,52 m. Da non crederci. Ma quanto, in tutti questi anni, l’ha spinta l’agonismo, e quanto invece il piacere di fare atletica?: «Mi comporto un po’ come il mio gatto quando gioca con la sua coda. Quando sono in pista io sono felice; mi piace farlo, è come un gioco». Mentre mi accompagna alla fermata della metro parliamo della sua scelta di non utilizzare i blocchi nelle gare di velocità (possibilità prevista nelle gare master): «Mi ispiro alla tecnica di Borzov, con 3 appoggi, al fine di sfruttare la migliore inclinazione del busto», mi spiega mentre, avvolto nel suo elegante cappotto grigio, piega le ginocchia, la schiena e appoggia una mano a terra. Poi, inaspettatamente, parte con uno scatto deciso e agile, facendo strabuzzare gli occhi a una signora incrociata nel sottopasso. Pochi metri, quanto basta per farmi sognare questo straordinario uomo e atleta di nuovo in pista ai campionati mondiali master di Riccione 2007.

Articolo pubblicato sulla rivista Correre nel mese di aprile 2006
(Foto di R.Marchi)

Nota del 25 gennaio 2009:Dopo aver annunciato di aver appeso le scarpette al
chiodo, Vittorio Colò, nato il 9 novembre 1911, pochi mesi prima di compiere 95 anni si è ripresentato in pista. Nel salto in lungo, al Meeting Ambrosiana Day di Milano,
ha saltato 2,25 metri, misura mai raggiunta al mondo da un suo coetaneo. Colò è diventato così il primo dell’atletica master italiana a segnare un risultato per la categoria MM95. Un mito. Non partecipò ai mondiali di Riccione ma nell'ottobre 2007 partecipò come M95, con i colori dell'Amatori Rimini, alla finale societaria di Macerata vincendo lungo e giavellotto.
P.s.: grazie ad Andrea Benatti ho recuperato la foto con la copertina del libro del centenario della Benenze.



[Link al pdf con l'articolo nella veste originale] (su autorizzazione della rivista Correre)

9 settembre 2012
Ciao Vittorio. Ci hai lasciati, a modo tuo, ad un paio di mesi dai tuoi 101 anni. Hai vissuto una vita intensa e generosa che ha lasciato segni e ricordi nei cuori di tante persone. Io ti ho conosciuto nel mondo dell'atletica master, sei stato l'icona, l'atleta simbolo del nostro movimento, un esempio per tutti noi. Ti guardavamo con tanta ammirazione e affetto. Non amavi la tecnologia e scrivevi lettere che erano dei veri e propri capolavori di scrittura d'altri tempi. A me le mandavi di colore rosa, come il mio nome. Le custodisco tra le cose più preziose. Ora puoi correre libero tra le nuvole, felice, come in quel sogno che mi confidasti l'ultima volta che ci siamo visti.