mercoledì 10 ottobre 2007

Ralph Fruguglietti tra sogno e realtà

Ralph Fruguglietti è il vincitore della gara del lancio del disco, nella categoria M50, ai recenti campionati mondiali master. La storia di un suo misterioso incontro, avvenuto su una pista del veneziano, ha attirato la mia attenzione. Ralph - o meglio Raffaele, in quanto l'atleta statunitense è di origini italiane - aveva raccontato agli amici del sito master americano masterstrack.com una specie di favola in cui uno sconosciuto, che somigliava in maniera impressionante al defunto Adolfo Consolini, gli dava un prezioso consiglio che si rivelerà poi fondamentale per il lancio della vittoria ai mondiali di Riccione. Sogno, realtà? Dalla soluzione del mistero è nata un'intervista al campione statunitense che negli anni settanta ha vestito la maglia azzurra.


(Nella foto Ralph Fruguglietti - Archivio Fruguglietti)

La favola
Pochi giorni prima di partecipare ai mondiali di Riccionem, Ralph è in visita con la sua famiglia alla città di Venezia. Decide di allenarsi e chiede informazioni su una pista. Gli consigliano il Campo San Giuliano di Mestre, facilmente raggiungibile con l'autobus. Sono le 8,30 del mattino e non c'è anima viva intorno. Le sue aspettative sono bassissime: quale impianto può trovare vicino alla magica città costruita sui canali? Ralph rimane però sorpreso dalla bellezza del posto: l'impianto circondato da alti alberi, l'erba curata e una splendida gabbia per il disco. Il paesaggio gli sembra quasi surreale. Inizia a lanciare, quando nota una persona su un tagliaerba che si ferma ad osservarlo. A un certo punto, mentre si appresta a raccogliere il disco, lo sconosciuto gli rivolge la parola e gli chiede: “Ma quanti anni hai? Lo sai che lanci bene? Dovresti però rallentare un attimo nella fase finale del giro; vedrai che lancerai meglio”. Ralph rimane allibito: un perfetto sconosciuto gli sta dando lo stesso consiglio tecnico che il suo allenatore, in America, gli aveva tanto raccomandato. Continua a lanciare fino a quando, dopo un lancio particolarmente riuscito, scorge nuovamente l'uomo vicino alla gabbia che gli dice: “Molto bene, bravo!”.
Al termine dell'allenamento, Ralph lo incrocia un'ultima volta: l'uomo lo saluta con un sorriso e un movimento della testa, come se gli stesse dicendo “Sei pronto ora, in bocca al lupo!”. Mentre Ralph esce dalla pista si sente un po' strano, come se avesse vissuto un'esperienza particolarmente toccante. Si sente più ottimista e fiducioso nelle proprie possibilità, anche se si rende conto di non aver neanche chiesto il nome a quel personaggio misterioso.
Tre giorni dopo, a Riccione, al suo primo campionato mondiale master, Ralph vince la medaglia d'oro per la categoria M50. “Il consiglio offertomi da quello sconosciuto mi è rimasto particolarmente impresso” confida agli amici di masterstrack.com “E' stato anche per merito suo, se sono riuscito a vincere. E non conosco neanche il suo nome...”. Incuriosito, Ralph inizia delle ricerche in internet. Rimane letteralmente basito quando crede di riconoscere, in una foto del nostro campione olimpico Adolfo Consolini, le sembianze dello sconosciuto del campo San Giuliano. Ma Consolini è morto nel 1969. Ralph, per un istante, ha come la sensazione di aver vissuto un'esperienza surreale, simile a quella interpretata da Kevin Costner nel film “L'uomo dei sogni” (Field of Dreams).
La soluzione del mistero
Ma cosa è successo veramente a Ralph? Ha vissuto il suo "Field of Dreams", o qualcosa di molto più semplice e realistico? Ken Stone, l'attivissimo gestore del sito masterstrack.com, mi chiede aiuto per provare a risolvere il mistero. Abito a 30 km da quella pista e, con un paio di telefonate agli amici master della Voltan Martellago, riesco facilmente a svelare l'identità del misterioso personaggio: si chiama Giorgio D'Este ed è un dirigente e allenatore del Gruppo Atletico Coin, la società che, insieme alla Fenice 1923, ha in gestione la pista di atletica San Giuliano di Mestre. Quel giorno, mentre stava tagliando il prato, gli era venuto spontaneo di dare un consiglio a quel discobolo "foresto".
Pochi giorni dopo ho l'opportunità di conoscere personalmente Giorgio D'Este. Ci troviamo proprio alla pista San Giuliano dove, con gli amici del Voltan Martellago e un casalingo tiramisù, festeggiamo insieme i risultati dei mondiali di Riccione.
Gli racconto tutta la storia: “Ma lo sa che Fruguglietti credeva che lei fosse Adolfo Consolini e che pochi giorni dopo il vostro incontro ha vinto il titolo mondiale a Riccione?” gli chiedo. D'Este sorride e mi risponde, con tutta la semplicità del mondo: “davvero? Ne sono felice." - e poi - "Sai qual'è la cosa strana? Spesso, se mi capita di dare un un consiglio ad un atleta italiano, il suo allenatore si impermalosisce. E invece guarda un po' come ha reagito quell'americano!”.
Ora Fruguglietti e D'Este sono in contatto via e-mail.
Ralph ha confidato che custodirà comuque sempre, tra i suoi ricordi più belli, quell'allenamento mattutino al Campo San Giuliano.
Io mi sono sentita un po' come la Amélie Poulain del film "Il meraviglioso mondo di Amelie", quando scopre il mistero dell'uomo delle cabine fotografiche. Nessun fantasma, nessun spettro, ma solo quotidianità, persone gentili e generose che arricchiscono la nostra vita rendendo il confine tra sogno e realtà un po' più sottile.

L'INTERVISTA A RALPH FRUGUGLIETTI
Ralph, o meglio Raffaele, è nato a Grumento Nova, in Basilicata, il 12 marzo 1955. A 6 anni si è trasferito negli Stati Uniti insieme alla sua famiglia. Fino al 2002 ha mantenuto la cittadinanza italiana, poi è diventato cittadino statunitense. Ora gestisce un ristorante italiano a Shafter, in California.
In quali anni hai vestito la maglia azzurra?

Nel 1976 e 1977. In quegli anni ero anche tesserato con la Pro Patria di Milano.
In quegli anni a quali campionati internazionali hai partecipato?
Ai Campionati Europei di Atene, ai mondiali universitari di Sofia, in Bulgaria, e a qualche altra manifestazione, come ad esempio un meeting a Lisbona, in Portogallo.
Quali sono i tuoi più bei ricordi di quel periodo?
Soprattutto l'onore di competere per l'Italia, ma anche l'opportunità di conoscere alcuni grandi atleti di quei tempi: il martellista Gianpaolo Urlando, i discoboli Armando De Vincentiis e Silvano Simion, il pesista Marco Montelatici, la saltatrice in alto Sara Simeoni ed il “super sprinter” Pietro Mennea.
Qual'è il tuo record assoluto nel lancio del disco?
Nel 1976, a 21 anni, fui capolista mondiale under 21 con 61.57 metri.
Quando terminasti la tua attività da assoluto?
Smisi di lanciare a 22 anni, quando mi diplomai all'Università del Sud California (USC). Dopo il 1977 la squadra italiana mi chiese di trasferirmi in Italia per prepararmi in vista delle Olimpiadi del 1980, ma avevo appena trovato un buon lavoro presso l'IBM e mi stavo per sposare, così rifiutai l'offerta. Confesso che ho un po' di rammarico. Se potessi tornare indietro, probabilmente mi trasferirei in Italia con mia moglie e parteciperei alle Olimpiadi, ma... ora è troppo tardi.
Quando hai iniziato le competizioni master?
Nel 1998, quando iniziai ad allenare mio figlio Giovanni nel lancio del disco, e poi mia figlia Katina. Ancora adesso Katina è una lanciatrice di disco e martello alla Cal State University Bakersifeld.
Qual'è il tuo personale da master?
L'ho stabilito nel mese di luglio di quest'anno, quando ho lanciato il disco da 1,5 kg. a 60,74 metri. Vorrei il prossimo anno migliorare il record americano M50 di Al Oerter (vincitore di 4 ori olimpici consecutivi dal 1956, ndr) di 62,74 metri. Penso di esserci, ormai. In allenamento ho infranto più volte la barriera dei 63 metri.
Come è stata la tua esperienza ai campionati mondiali di Riccione?

Per me sono stati dei campionati fantastici. Vincere la gara del disco al primo lancio, con la misura di 59,61, è stato per me molto bello, nonostante le condizioni non fossero le ideali per ottenere grandi prestazioni. Avrei desiderato aver la possibilità di riscaldarmi meglio nella finale. Abbiamo avuto la possibilità di fare solo due lanci di prova.
Comunque gli impianti erano molto belli e i giudici sono stati molto gentili, soprattutto quando hanno sentito che parlavo loro in italiano. Sono rimasti sorpresi nel sentire un atleta con la divisa statunitense parlare correntemente italiano. Durante la gara ho poi ricevuto le incitazioni e il tifo sia dagli spettatori italiani che americani, tanto che, in quel momento, mi sentivo come se stessi gareggiando per entrambe le nazioni.
E poi non potrò scordare l'esperienza vissuta durante l'allenamento al Campo San Giuliano ed il mio fortunato incontro con Giorgio D'Este, sicuramente uno dei ricordi più belli.
Alcuni giorni dopo i Mondiali sono poi ritornato a Grumento Nova, in Basilicata, per far conoscere la mia famiglia ai miei zii e cugini. Ritornare nella casa dove sono nato e dove sono rimasto per 6 anni è stato molto emozionante. Abbiamo festeggiato con delle fantastiche cene e dell'ottimo vino locale.

Link agli articoli pubblicati su masterstrack.com (in inglese)
- American thrower finds his own Field of Dreams [clicca qui]
- Mystery solved! No ghosts involved in thrower's tale [clicca qui]
- USC student spins great version of Ralph's story [clicca qui]
- Italian detective shares her version of Ralph's story [clicca qui]

Link all'articolo pubblicato sul Daily Trojan:
- Trojan alumnus finds own field of dreams [clicca qui]


(Giorgio d'Este e Rosa Marchi al campo San Giuliano di Mestre - Archivio R.Marchi)

News pubblicata sull'area master di Atleticanet il 10 ottobre 2007 [link]

mercoledì 26 settembre 2007

A ruota libera sui mondiali di Riccione


"Credo che alla nostra età si vinca anche con il cuore” ha dichiarato Mario Longo ai microfoni degli amici di Podistidoc subito dopo la sua vittoria nei 100 metri. Condivido pienamente quanto afferma il nostro campione e ritengo che che il concetto vada allargato: la maggior parte degli atleti master gareggia soprattutto con il cuore. Forse è questo che ci contraddistingue, nel nostro quotidiano barcamenarci tra allenamenti, infortuni, impegni di lavoro e di famiglia. Un equilibrio delicato, per alcuni più facile, per altri più difficile. E quasi tutti coloro che riescono a partecipare ad un Campionato Mondiale, nella loro gara danno sempre il massimo, indipendentemente dal piazzamento. E ci sta tutta la lacrima di delusione per un turno non superato, così come l'esternazione di gioia per il raggiungimento di un risultato inaspettato. Ma per me, e per molti, la gioia più grande è essere riusciti ad esserci, a partecipare, possibilmente senza dolori o infortuni. Il fascino di un campionato master internazionale è davvero irresistibile: per l'adrenalina che regala la gara ma anche e soprattutto per l'esperienza umana. In questo contesto è così semplice stringere amicizia. Ma questo aspetto può essere più facilmente colto solo se la partecipazione non si traduce in una “toccata e fuga”, giusto il tempo della propria gara, ma se si rimanere più giorni, se ci si incanta ad ammirare i protagonisti dei campionati, se si ha voglia di conoscere nuove persone. “Mi diverto più adesso che allora – ha dichiarato in un'intervista Bill Collins, atleta dai trascorsi assoluti di vertice – perché adesso quando finiamo andiamo a bere una birra tutti insieme, siamo davvero amici”. Sono ormai 8 anni che partecipo ai campionati internazionali master e, pur facendo fatica a reggere anche un solo bicchiere di birra (è questione di allenamento, lo so), condivido perfettamente il pensiero del fortissimo velocista statunitense.

Nella foto Bill Collins con Antonio Rossi dopo la finale dei 100 metri M55 (Fonte R. Marchi)

Per me si è trattato quindi del quarto mondiale, il primo in Italia. Ho ritrovato amici da tutto il mondo e, nel mio piccolo, mi sono sentita un po' come una “padrona di casa”. Anche se non coinvolta nell'organizzazione ci tenevo, come italiana, a “fare bella figura”.
Purtroppo molte cose non hanno funzionato e nonostante abbia sempre cercato di far capire quanto sia difficile organizzare e gestire un evento di questa portata, chiedendo comprensione e pazienza per certe inefficienze, spesso mi sono trovata a dar ragione a chi si lamentava.

Quando chiedo al vincitore del decathlon M40, il britannico Alexander Kruger, un'opinione sulla manifestazione, lui mi spiazza con una sentenza al cianuro: “Questo è stato il mio primo campionato master, e probabilmente sarà anche l'ultimo”. Ecco, questa è una frase che non avrei voluto mai sentire. Se un mondiale fa passare la voglia di gareggiare, beh.. qualcosa evidentemente non è andato bene. Kruger ha un personale nel decathlon, da assoluto, di 8.131 punti. Nel suo palmares vanta la partecipazione alle olimpiadi di Seul e di Atlanta. A Riccione i decathleti della sua categoria sono stati suddivisi in tre gruppi e lui si è trovato a gareggiare nel gruppo B in quanto non aveva dichiarato nessun punteggio in fase di iscrizione. “Erano sette anni che non calpestavo una pista. Sono tornato tre mesi fa per preparare questa manifestazione sotto l'incitamento del mio amico/atleta Allan Leiper. Non avevo nessuna prestazione negli ultimi due anni, cosa dovevo fare, dichiarare il falso?” mi chiede in tono provocatorio. Ma il problema non è tanto questo, ci stava tutto che lui gareggiasse nel gruppo B, quello che invece non riesce a digerire è il fatto che, dopo la prima giornata di gare, non si siano ricomposti i gruppi in base alla classifica parziale. “L'ho chiesto al direttore di gara, ma mi ha risposto che era assolutamente impossibile. Nella seconda giornata, poi, abbiamo iniziato le gare alle ore 17, non c'è da stupirsi se poi abbiamo corso i 1.500 metri dopo la mezzanotte. Inaudito”.

Nella foto Alexander Kruger(Fonte R. Marchi)

Un altro atleta letteralmente imbufalito è Marco Ciriani che ha corso i 200 metri M40. Il calendario prevedeva le batterie alle 19.35 del 9 settembre. Il giorno successivo, al mattino, alle 11.35 erano previste le semifinali e alle 18.00 le finali. Il 9 settembre, alle 22.15, lo incontro allo stadio di Riccione “E' assurdo” si sfoga “tre ore fa ho corso le batterie, ora mi hanno fatto correre i quarti (che non erano stati previsti a calendario) e domani mattina dovrò correre le semifinali. Ma ti sembra possibile? Eravamo in 112 iscritti, perché non hanno messo subito a calendario i quarti, magari con un po' di respiro dopo le batterie e prima delle semifinali? Ti prego scrivilo”.. Vi confesso che ad ogni lamentela che raccoglievo mi sentivo un pochino come un cagnolino con le orecchie sempre più basse... Mi tornarono però alla mente i chiarimenti che il direttore di gara Luca Verrascina mi aveva gentilmente fornito in merito al calendario: “Sono stati individuati i turni da disputare sulla base di un numero di partecipanti decurtato in percentuale delle probabili rinunce (sulla base di quanto avvenuto nei precedenti campionati mondiali). Nulla toglie che, in casi sporadici, ove il numero di conferme sia molto superiore a quelle preventivato, possa essere aggiunto un turno intermedio, ma si tratterà di casi limitatissimi”. E quello evidentemente era uno di quei casi... Scelta ragionevole ma che forse avrebbe dovuto essere accompagnata da un calendario un po' più attento. Mi spiego meglio: le categorie più affollate (quelle più a rischio) avrebbero potuto gareggiare al mattino, in modo da avere un po' di respiro nel caso avessero avuto un turno aggiuntivo. Un conto è correre un turno al mattino, uno al pomeriggio e poi di nuovo uno al mattino. Diverso e molto più critico è correre due turni alla sera e uno al mattino dopo. Ma col senno di poi... Ok, non voglio infierire. (Hai visto Marco che l'ho scritto?)

Maria Magnolia Figueiredo è invece una delle “vittime” della mancata disputa delle semifinali negli 800 metri W40. Per un errore in questa categoria si è disputata la finale diretta, ma le atlete finaliste in realtà erano 26... difficile farle correre tutte insieme, e così si è optato per una finale a serie. Ora, posso capire l'errore, ma quello che non capisco è il fatto che non sia stato verificato con le atlete il reale tempo di iscrizione, al fine di comporre le serie nel modo più corretto, vista la delicatezza della situazione. Qui non parliamo di un 5.000 o 10.000 dove si sapeva dall'inizio che le gare si sarebbero svolte a serie in base al tempo di iscrizione... ma di un 800!!. E così Magnolia, che è stata iscritta senza tempo, si è trovata a correre nella prima serie, quella più lenta. Lei, che 3 anni fa ha stabilito il primato mondiale dei 400 W40 (53”05) ed ha partecipato alle olimpiadi di Atene con la staffetta del Brasile. Possibile che nessuno se ne sia accorto? Ha corso contro il cronometro ma un passaggio troppo azzardato (64”) l'ha costretta ad arrivare sulle ginocchia nel tempo di 2'15”74. Le atlete della seconda serie hanno fatto il possibile per correre più forte e così Magnolia si è classificata al terzo posto, dietro alla belga Debaets (2'14”07) e alla polacca Wieciorkowska (2'15”03). “Ma come mai non avevi il tempo di iscrizione?” le chiedo. “E' stato un errore della mia federazione” mi risponde sconsolata. “Ma non sapevi che, all'atto della consegna della Declaration Card, potevi specificare la tua prestazione?No, mi risponde stupita, nessuno mi ha detto nulla”. Effettivamente noi italiani abbiamo appreso questa possibilità tramite un comunicato sul sito Fidal, ma era tanto difficile specificarlo anche nel Declaration Card? Una frasetta del tipo: "Puoi comunicare la tua migliore prestazione dell'anno consegnando questa Card". Sarebbe stata una informativa diretta all'atleta (non sempre il team manager di una nazione riesce a raggiungere capillarmente tutti gli atleti) e non si sarebbero verificate tutti quei problemi legati a batterie composte in maniera non corretta per l'elevato numero di atleti iscritti senza tempo. (Pensate che nella mia prima batteria c'erano la primatista del mondo, la campionessa europea uscente e la capolista di questi campionati... niente male, eh?).

Personalmente ho rilevato due grossi disagi: la mancanza di una pista di allenamento e la difficoltà nell'effettuare il ricaldamento pre-gara.
Per allenarmi sono dovuta andare fino a San Marino, ma era necessario disporre di un'auto propria per raggiungere la destinazione.
Per quanto riguarda il riscaldamento pre-gara, viste le carenze delle zone disponibili, mi aspettavo che venissero rispettati i tempi per il raggiungimento del luogo di gara, previsti nel manuale tecnico (pag. 26): 10 minuti prima dell'orario della gara per le gare di corsa, 15 minuti per le gare ad ostacoli. A Riccione questi tempi sono stati spesso rispettati, a Misano invece erano un miraggio. Barbara Ferrarini, che ha corso i 400 ad ostacoli si lamenta “15 minuti? Al massimo ne ho avuti 4. Prima della finale ho avuto solo il tempo di provare la partenza e il primo ostacolo”.
Quando mi presento alla partenza della mia batteria dei 400 metri non riesco quasi a provare la partenza che già mi chiamano dietro ai blocchi. “Ma come, protesto. E la pagina 28 del manuale tecnico? Avrei 10 minuti a disposizione...” . Mi dispiace ma dobbiamo rispettare l'orario” mi risponde un inflessibile giudice. Per la semifinale allora capisco che devo agire "a monte" e riesco a convincere il giudice della Call Room ad “aprire le gabbie” un po' prima. “Vede” gli spiego “la nostra gara è tra 12 minuti. Se andiamo ora ci impieghiamo 2 minuti per arrivare alla partenza e così abbiamo 10 minuti prima della gara”. Incredibile, riesco a convincerlo e così riesco a fare due allunghi, una accelerazione e una partenza... Ma era tanto difficile prevederlo per tutte le serie di gara? Intanto ripenso con nostalgia ai mondiali di San Sebastian: un vero e proprio sogno! La Call Room era ubicata all'interno del palazzetto indoor dove, con le scarpe chiodate, ci si poteva tranquillamente scatenare.

Nella foto Rosa Marchi mentre si appella, inutilmente, alla pag. 28 del Manuale Tecnico :-) (Fonte R. Marchi)

E andiamo agli orari delle staffette, che sono stati resi noti agli atleti con grande ritardo (alla mattina quelli della 4x100, alle 11,30, dopo richiesta diretta, quelli della 4x400). E' vero che c'è stata la riunione tecnica il pomeriggio precedente ma purtroppo il nostro referente tecnico, Claudio Rapaccioni, non ha potuto partecipare. E così, mentre alle 8.50 in pigiama mi stavo bevendo il caffé pensando che probabilmente non avremo corso la staffetta 4x100 prima delle 11, mi arriva una telefonata che mi invita a presentarmi alla Call Room per le 9.15 perché l'orario affisso prevede (inaspettatamente e senza nessuna apparente spiegazione logica) che corrano prima le donne e poi gli uomini... Mah! Magari non tutto il male non viene per nuocere. Forse sarà per quella botta adrenalinica, accompagnata da attacco di panico, che ci siamo ritrovate con la medaglia d'oro al collo... (insieme a Peppa Perlino, Susanna Tellini e Marta Roccamo).

Dalla maratona ho raccolto personalmente una sola testimonianza in quanto ero impegnata con le staffette. Ma nei vari siti podistici in internet ho letto tantissimi commenti negativi. Sabrina mi ha lasciato allibita quando mi ha raccontato che quando è transitata al ristoro del 5° chilometro l'acqua era finita.. e sì che viaggia sotto i 5' al km, e sicuramente dopo di lei c'erano ancora moltissimi maratoneti. Quando poi è costretta a ritirarsi (spero in cuor mio non per carenza di liquidi) non riesce a capire se esiste un servizio di navette per i ritirari ("l'ho chiesto al ristoro ma non hanno saputo dirmi nulla.." mi ha riferito) ed è costretta a percorrere a piedi il chilometro e mezzo che la separa dallo stadio. Il che, per una ritirata, non deve essere stato il massimo.

Mi ha rattristato poi, raccogliere gli sfoghi di alcuni giudici che, nonostante la buona volontà, non sono riusciti a colmare delle grosse carenze organizzative. “Pensa che abbiamo dovuto fare una colletta per acquistare i segnalini delle pedane che poi abbiamo colorato personalemente...” mi confidano.

Grandi carenze ma anche piccole mancanze, che però possono pregiudicare la prestazione di un atleta. E' il caso di Bruno Sobrero che si è cimentato nel decathlon per la categoria M85 nei giorni di maltempo racconta “Nella gara del lancio del peso ho lanciato un metro in meno delle mie possibilità - racconta - Pensa che non c'era a disposizione neanche uno straccio per pulire l'attrezzo che cadeva nel fango”.

Nella foto Bruno Sobrero (Fonte R. Marchi)

Anche i mezzi che dovevano collegare i 3 impianti, così lontani l'uno dall'altro, non sono stati all'altezza delle esigenze degli atleti. “Sono sempre stati strapieni e da San Giovanni a Marignano fino a Riccione ci abbiamo impiegato anche un'ora e mezza” - si lamenta così Sergio Agnoli, tre volte campione mondiale (5000, 10000 e Cross per la categoria M80). - “A volte ci facevano scendere a Misano e lì dovevamo attendere un bel po' prima che arrivasse un altro autobus”. Quando offro a lui e a sua moglie un passaggio in auto fino a Riccione dopo la gara dei 10.000 metri, non finisce più di ringraziarmi. Riesco pure a sbagliare strada e a fare due inutili deviazioni. Ma Sergio mi tranquillizza: “Anche se sbagli strada 10 volte sicuramente arriveremo a Riccione prima del pulman” e non finisce più di ringraziarmi.

E andiamo ad aspetti più prettamente pecuniari. Il manuale tecnico riporta: “I servizi fisioterapici saranno prestati a prezzi minimi”. Dunque, mi informo, e questo è il listino ufficiale: 15 euro per 15 minuti, 30 euro per 30 minuti, 45 euro per 45 minuti... Due anni fa, a San Sebastian, erano previsti trattamenti unici da 30 minuti a 15 euro.
Per quanto riguarda invece i servizi di ristorazione confidavo, avendo preso in affitto un appartamento, di appoggiarmi al servizioofferto dagli organizzatori, che in tutte le edizioni precedenti era stato particolarmente economico. Però quando mi trovo a pagare 5,50 euro per un piatto di pasta al pomodoro, riscaldata e servita su un piatto di plastica, rimango molto delusa.

Certo, organizzare un mondiale con 8.900 iscritti è sicuramente un'impresa titanica, ma quando sento dire: “non ci aspettavamo questi numeri” mi permetto di dissentire. Tanto per cominciare nell'intervista a Lamberto Vacchi (il direttore del comitato tecnico dei mondiali), pubblicata sulla rivista Correre nel febbraio 2006, viene detto chiaramente che erano “Attesi 8.000 atleti”. [leggi intervista]. E come poteva essere altrimenti? Il movimento master è in costante crescita e lo dimostra il trend delle edizioni precedenti e dei nostri campionati italiani master (l'ultimo con 1.250 iscritti, e senza la maratona!). Due anni fa, a San Sebastian, gli iscritti erano più di 6.000 ma una camera d'albergo nella rinomata località basca costava praticamente il doppio di una camera a Riccione nel mese di settembre. Penso fosse plausibile pensare che la sistemazione economicamente vantaggiosa potesse attrarre un maggior numero di persone. I master devono sostenere in toto le spese per partecipare ai campionati e questi aspetti possono essere significativi per molti. Non dimentichiamo poi che il movimento veterano master spagnolo è numericamente la metà rispetto a quello quello italiano. Nel 2005 furono 1.300 gli atleti spagnoli di casa iscritti, era prevedibilissimo pensare che gli italiani potessero essere più del doppio, giocando in casa.

Mi fermo qui. Le mie orecchie da cagnolino bastonato, ormai, rasentano il pavimento. Sono però convinta che gli atleti master, il vero motore dei campionati master, guardino comunque avanti. Nuove sfide, nuove emozioni li aspettano. Il prossimo anno si disputeranno i Mondiali indoor a Clermont-Ferrand, in Francia, mentre gli Europei outdoor si terranno a Ljubljana, in Slovenia.
Nel 2009 ci sarano gli europei indoor ad Ancona mentre toccherà a Lathi, in Finlandia, organizzare i Mondiali outdoor. Per il 2011 la rassegna iridata si trasferirà oltreoceano, a Sacramento, la città statunitense che ha battuto la candidatura brasiliana di Porto Allegre.

Di Riccione rimarranno i ricordi delle imprese sportive, l'adrenalina, la determinazione, gli abbracci, i sorrisi, le amicizie, ma anche la passione e la buona volontà di quei giudici, volontari, collaboratori che hanno cercato di fare il possibile, nonostante i problemi organizzativi.

Pubblicato il 26 settembre 2007 sull'area master di Atleticanet [link]

lunedì 24 settembre 2007

Ritratti dai mondiali 2007: Edgardo Barcella

A volte, nella vita, arrivano dei momenti bui in cui una strada intrapresa improvvisamente si chiude. Ci si può disperare e sentirsi smarriti, è umano. Ma, se si prova a reagire, a cercare nuove vie, il futuro può regalare delle sorprese davvero inattese. L'importante è non smettere mai di sognare, perché i sogni, a volte, si avverano. Questa è la storia di un sognatore. Si chiama Edgardo Barcella e noi ci auguriamo che possa diventare uno stimolo per molti perché, come cantava John Lennon, “he isn't the only one”.
Il tennista
Edgardo ha sempre avuto la passione per il tennis. Ha iniziato a praticarlo a 18 anni diventando un buon giocatore di livello regionale fino al novembre 2002 quando, a 32 anni, un infortunio al ginocchio lo costringe ad un brusco stop. Viene operato per la rottura del legamento crociato anteriore e dei legamenti collaterali. Impiega circa un anno per una completa riabilitazione ma, alla prima competizione tennistica, il ginocchio lo tradisce ancora una volta. Edgardo però non demorde e, nel marzo del 2004, con la caparbietà che lo contraddistingue, è di nuovo sul campo di terra rossa. Purtroppo, durante un allenamento, sente nuovamente il fatidico “crack”. E' la fine. Edgardo capisce che è giunto il momento di smettere di giocare. Piange, si dispera: il tennis significava molto per lui.
Il maratoneta
Edgardo vive a Trescore Balneario, a 14 chilometri da Bergamo. Lavora come assicuratore, è sposato con Michela e ha due splendide gemelle (Basilia e Vittoria) nate da pochi mesi, ma la vita da sedentario non fa per lui. Decide di seguire le orme di Pasquale, il fratello più giovane, maratoneta da 2h40’. Inizia a macinare chilometri su chilometri arrivando - il 20 marzo 2005, giorno del suo 35° compleanno - a correre la mezza maratona in 1h28'43”.
Il quattrocentista – la prima gara
La sua società di atletica è la Easyspeed 2000 che annovera tra i suoi tecnici anche Riccardo Longinari. Questo allenatore l'ha notato e lo tiene sottocchio già da un po'. “Prova a fare un giro di pista tirato” gli chiede un giorno. E così, correndo in tuta e scarpe di gomma, Edgardo ferma il cronometro intorno ai 57 secondi. “Devi assolutamente gareggiare in pista - lo incita Longinari - tra due mesi ci saranno i regionali master”.
Al suo debutto nelle gare su pista Edgardo è da una parte incuriosito dal mondo master ma anche un po' timoroso, convinto di fare una figuraccia e di classificarsi all'ultimo posto. “Quando è arrivato il mio turno sono andato nella quarta corsia – ricorda Edgardo - mi sono messo sui blocchi e allo sparo sono partito deciso. Sentivo che stavo correndo bene ma mi sono meravigliato quando ho superato, un po' alla volta, tutti gli avversari. Vinsi la gara in 53”42 e.. quasi non ci credevo”. Siamo a luglio del 2005, Edgardo festeggia la nascita di Allegra, la sua bimba più piccola, e l’inizio della sua carriera di quattrocentista. Gli allenamenti proseguono, sotto la guida di Longinari, ma con il sostegno e l'incitamento di tutta la famiglia.
Il primo campionato internazionale
Otto mesi dopo la sua prima gara su pista, nel marzo del 2006, Edgardo partecipa ai mondiali master indoor di Linz. Si classifica al nono posto nei 400 metri portando il suo personale a 51”94 e conquistando il bronzo nella staffetta 4x200 M35. E' felicissimo e i continui miglioramenti lo portano ad inseguire un sogno: “correre sotto i 50 secondi...”.
Ancora infortuni
Nell'estate del 2006 sono di nuovo gli infortuni a tornare protagonisti nella vita sportiva di Edgardo: rottura del metatarso, fascite plantare e nuova rottura del crociato anteriore. La stagione estiva salta e il suo umore finisce sottoterra.
Gli europei indoor di Helsinki
Nel marzo 2007, con una preparazione sommaria, partecipa agli Europei indoor di Helsinki. Giunge comunque quarto, in 52”12. In questa occasione Edgardo stringe amicizia con Enrico Saraceni. I consigli del primatista mondiale dei 400 metri M40 saranno preziosi per Edgardo, che inizierà ad avere più fiducia nei suoi mezzi.
Si avvicina Riccione
Ma anche la primavera del 2007 porta con sé tanti infortuni: uno stiramento al bicipite femorale e una tendinite cronica al tallone sinistro gli impediscono di allenarsi con continuità. Il primo quattrocento all'aperto lo corre a Brescia il 12 giugno. Il risultato è confortante: 51”84 ottenuto con grande facilità. Ma dopo 10 giorni il bicipite femorale si infortuna nuovamente. Costretto ad uno stop assoluto di 20 giorni, Edgardo deve a rinunciare ai Campionati Italiani Master di Milano.
I mondiali di Riccione si avvicinano. Nel mese di luglio riesce comunque ad allenarsi bene e nel mese di agosto condivide, con Enrico Saraceni, un periodo di vacanza/allenamento in montagna. In accordo con il suo allenatore, e seguendo i suggerimenti di Saraceni, Edgardo apporta delle modifiche al suo programma di allenamento che lo porteranno a raggiungere dei picchi di velocità mai raggiunti prima.
I mondiali di Riccione
Edgardo arriva a Riccione il 7 settembre, condividendo l'alloggio proprio l'amico Saraceni. Ci sono più di 100 iscritti nella gara dei 400 metri M35, e Edgardo comincia a dubitare delle proprie possibilità: “Chissà se arriverò in finale” si chiede.
Il 12 settembre si corre il primo turno di gara. Edgardo si ritrova a correre nella prima delle 8 batterie, insieme allo spagnolo Carlos Velasco, il campione europeo indoor. Per passare il turno è necessario classificarsi ai primi due posti oppure essere ripescati tra i migliori 6 tempi.
Edgardo potrebbe risparmiare le energie e controllare la gara ma dopo tutti gli infortuni ha bisogno di capire quello che può valere. Parte forte, corre facile e vince con il nuovo personale di 50”69. Velasco controlla e chiude al secondo posto con 53”15. Edgardo è felicissimo e incomincia a chiedersi fino a dove potrà arrivare.
Il 13 settembre è la volta delle semifinali. Edgardo si ritrova con degli avversari molto accreditati (il sopracitato Velasco, ma anche Antonello Palla, che l'ha sempre battuto). Palla parte molto forte ma Edgardo, nella corsia interna, corre una splendida ultima curva e rimonta tutti gli avversari. Taglia il traguardo siglando nuovamente il record personale: 50”07, miglior tempo di tutte le semifinali. La felicità di essere in finale e di essersi ancora migliorato è grande. Ma Edgardo non si sente ancora appagato, dentro di lui c'è sempre un sogno che sente di voler realizzare anche se inevitabilmente i due turni di gara corsi senza risparmiarsi gli lasciano le gambe un po' stanche.
E arriva il giorno della finale, il 14 settembre. Degli 8 finalisti, ben 4 sono italiani. Gli fanno compagnia Antonello Palla, Massimiliano Poeta (che vanta uno stagionale di 49”27) e Daniele Biffi. Gli atleti si abbracciano e si scambiano gli “in bocca al lupo”.
Edgardo assiste con felicità all'arrivo trionfale di Enrico Saraceni, vincitore della categoria M40, e si carica ulteriormente.
Ma ora è il turno degli M35. La concentrazione è al massimo e la tensione si potrebbe tagliare con un coltello. Gli spalti sono gremiti di pubblico. Edgardo è però determinato a dare il massimo, anche per i suoi amici, arrivati a Riccione proprio per lui, per sua moglie e le sue splendide bambine che hanno sempre tifato per lui. La corsia è la quarta, la migliore. In quinta Velasco, in terza Poeta. Velasco parte molto forte, ma Edgardo un po' alla volta recupera il distacco superandolo all'uscita dell'ultima curva. Davanti a lui non c'è nessuno e Edgardo continua a spingere, a volare, fino all'arrivo. Taglia per primo il traguardo fermando il cronometro sui 49”90, il suo sogno di scendere sotto i 50 secondi si è appena realizzato ma c’è qualcosa di più: Edgardo è appena diventato Campione del Mondo distaccando di soli 13 centesimi Massimiliano Poeta.
Edgardo è incredulo. Si avvicina alla rete per salutare i suoi amici, abbraccia i suoi compagni di gara e poi corre verso la tribuna per accogliere gli applausi di un pubblico tutto in piedi. Non riesce a trattenere le lacrime, l'emozione è fortissima. Sta vivendo un sogno bellissimo, che non dimenticherà mai.

”You may say I'm a dreamer, But I'm not the only one” (J.L.)

P.S.: Edgardo, ai mondiali di Riccione, darà il suo contributo anche nella 4x400. La fortissima staffetta M35, corsa insieme a Daniele Biffi, Massimiliano Poeta e Luigi Luccioli, vincerà la medaglia d'oro con lo strepitoso tempo di 3'20”43, ad un soffio dal primato mondiale di categoria.

Nella foto l'arrivo vittorioso di Edgardo Barcella, alle sue spalle Massimiliano Poeta (Fonte Rosa Marchi)

Nella foto in testa alla news, la concentrazione di Edgardo prima della finale dei 400 metri (fonte R.Marchi)

Pubblicato sull'area master di atleticanet il 24 settembre 2007 [link]