Atletica Veneta Comunicati - Settembre 2013
Non capita tutti i giorni di tentare un primato mondiale sui 400 metri con sette lepri a dettare il passo, in un evento internazionale come il Meeting città di Padova, davanti ad un caloroso pubblico di 6.000 persone. Se poi di anni ne hai compiuti da poco 80, e il pubblico è quello della tua città e sai che la gara verrà trasmessa in diretta televisiva, la cosa può anche metterti un po' di agitazione e puoi sentirti assalire dai dubbi. Ma se alla fine quel record lo frantumi di oltre 4 secondi, sputando anche l'anima fino all'ultimo metro, accompagnata dall'incitamento dello speaker e dal ritmo degli applausi di una platea entusiasta ed emozionata, la soddisfazione che provi può essere indescrivibile. E, dopo la gioia, puoi anche provare stupore quando una fila di ragazzini ti chiede l'autografo sugli spalti, e
tu, che di autografi non ne hai mai fatti, ti impegni a scrivere frasi appassionate trasmettendo a quei ragazzi tutto il tuo amore per questo meraviglioso sport.
Ho sempre provato una grande ammirazione per Emma Mazzenga e per le sue incredibili prestazioni
sul “giro della morte”, perché i 400 metri sono una gara durissima e le incognite sono sempre aperte, anche se la preparazione è stata attenta e meticolosa. “Mimma” ha spesso corso questa distanza in solitaria, con poche atlete in grado di stimolarla correndo sul suo ritmo. Sapevo che dopo il suo ottantesimo compleanno, avvenuto il 1° agosto scorso, avrebbe potuto agevolmente migliorare il primato mondiale di categoria e mi sarebbe piaciuto aiutarla in questa ammirevole impresa. “Non correrai da sola” le avevo promesso in occasione della Festa dell'Atletica Veneta, dopo aver raccolto l'entusiasmo e la disponibilità di altre atlete master “troveremo una gara e correremo con te”. La
generosa accoglienza dello staff organizzativo del Meeting Internazionale di Padova ha permesso
che che il sogno diventasse realtà, permettendo a moltissime persone di scoprire come non sia mai troppo tardi per avvicinarsi a questo sport.
Sette amiche per un record
Emma Mazzenga, “Mimma” per gli amici, è un'atleta che ha scritto e sta scrivendo la storia dell'atletica master femminile. Tesserata per l'Atletica Città di Padova, allenata da Franco Sommaggio, in 27 anni di attività ha collezionato 6 titoli mondiali master, 23 titoli europei. Ad oggi detiene 2 primati mondiali per la categoria W80 (400 e 200 metri), 4 primati europei per la categoria W75 e 24 primati italiani di categoria in distanze che vanno dai 60 agli 800 metri. A Padova, il 1° settembre, ha corso i 400 metri in 1'31”21 (precedente 1'35”76 della canadese Alice Cole). Le sue “lepri” sono state: Liviana Piccolo, Daniela Faraone, Rosa Marchi, Barbara Ferrarini, Umbertina Contini, Mirella Giusti e l'ex azzurra Nadia Dandolo.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 14 e 15.
Foto di Antonio Muzzolon e Rosa Marchi
Il video della gara, ripreso da Nani Prampolini: [clicca qui].
sabato 14 settembre 2013
lunedì 1 aprile 2013
Ci mancherai "Beppo"
Atletica Veneta Comunicati - Aprile 2013
Allo stadio Colbachini c'era un folto gruppo di persone ad attendere che Giuseppe Franco desse un
ultimo saluto alla sua pista di atletica. Quel luogo che “Beppo” frequentava quotidianamente da tanti anni, il luogo dove si allenava, dove tanti amici gli volevano bene. Quando il corteo funebre ha sostato vicino alle pedane dei lanci, è partito un forte applauso mentre scivolava qualche lacrima. Giuseppe Franco - un nome che compare anche nella lista dei premiati di Atletica Veneta in Festa 2013 - era un atleta master di 71 anni, primatista italiano del getto del peso MM70, con numerosi titoli italiani e primati collezionati nei suoi tanti anni di atletica. Ma di “Beppo” molti ricorderanno
la sua estrema disponibilità, la sua pazienza e la sua grande umiltà. Aiutava chiunque si rivolgesse a
lui, dall'atleta di vertice che aveva bisogno di un ritorno in assenza dell'allenatore, al master che doveva inventarsi una gara di lanci per esigenze societarie. Ma era ai giovani che trasmetteva con entusiasmo la sua passione e con loro aveva instaurato un feeling particolare. Quando stabilì il primato italiano MM70 del getto del peso era quasi imbarazzato. “Ho fatto il record” mi confidò
dopo l'impresa, abbozzando un sorriso umile. La moglie Carla, durante le esequie, lo ha ricordato così: “Era come una grande quercia, circondato da tante piccole querce che crescevano nella sua ombra, fino a quando un fulmine improvvisamente l'ha colpito”. Nel mese di novembre era ancora
in palestra ad allenarsi e il 31 gennaio ci ha salutato, dopo poco più di due mesi di malattia, nello stupore e incredulità di chi lo conosceva. Per 10 anni ha vestito i colori dell'Athlon Padova per poi passare, nel 2010, alla Tortellini Voltan Martellago. Entrambe queste società hanno deciso di organizzare un meeting in sua memoria per ricordare un atleta che rimarrà nei cuori di molte persone. Ci mancherai "Beppo".
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 7.
Foto per gentile concessione di Adriano Menegazzi e Voltan Martellago.
Allo stadio Colbachini c'era un folto gruppo di persone ad attendere che Giuseppe Franco desse un
ultimo saluto alla sua pista di atletica. Quel luogo che “Beppo” frequentava quotidianamente da tanti anni, il luogo dove si allenava, dove tanti amici gli volevano bene. Quando il corteo funebre ha sostato vicino alle pedane dei lanci, è partito un forte applauso mentre scivolava qualche lacrima. Giuseppe Franco - un nome che compare anche nella lista dei premiati di Atletica Veneta in Festa 2013 - era un atleta master di 71 anni, primatista italiano del getto del peso MM70, con numerosi titoli italiani e primati collezionati nei suoi tanti anni di atletica. Ma di “Beppo” molti ricorderanno
la sua estrema disponibilità, la sua pazienza e la sua grande umiltà. Aiutava chiunque si rivolgesse a
lui, dall'atleta di vertice che aveva bisogno di un ritorno in assenza dell'allenatore, al master che doveva inventarsi una gara di lanci per esigenze societarie. Ma era ai giovani che trasmetteva con entusiasmo la sua passione e con loro aveva instaurato un feeling particolare. Quando stabilì il primato italiano MM70 del getto del peso era quasi imbarazzato. “Ho fatto il record” mi confidò
dopo l'impresa, abbozzando un sorriso umile. La moglie Carla, durante le esequie, lo ha ricordato così: “Era come una grande quercia, circondato da tante piccole querce che crescevano nella sua ombra, fino a quando un fulmine improvvisamente l'ha colpito”. Nel mese di novembre era ancora
in palestra ad allenarsi e il 31 gennaio ci ha salutato, dopo poco più di due mesi di malattia, nello stupore e incredulità di chi lo conosceva. Per 10 anni ha vestito i colori dell'Athlon Padova per poi passare, nel 2010, alla Tortellini Voltan Martellago. Entrambe queste società hanno deciso di organizzare un meeting in sua memoria per ricordare un atleta che rimarrà nei cuori di molte persone. Ci mancherai "Beppo".
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 7.
Foto per gentile concessione di Adriano Menegazzi e Voltan Martellago.
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Ritratti - Giuseppe Franco
giovedì 1 marzo 2012
Tango - Eduardo “El Nene” Masci
Una serata speciale.
Quella sera, alla Milonga Porteña di Rovigo, l'emozione che trapelava dalle parole di Elisabetta Cavallari era riuscita a calamitare l'attenzione di tutti i presenti. Finalmente aveva coronato un sogno: portare Eduardo Masci, detto "El Nene", in terra italiana ed ora era lì, ospite di eccezione del suo locale dove vengono applicati “los codigos milongueros” e dove è possibile respirare la tipica atmosfera delle milonghe Porteñe.
Elisabetta ricordava quella sera di 6 anni prima a Buenos Aires quando, nell'abbraccio del “Nene”, si sciolse letteralmente in lacrime. Fu come una folgorazione che la portò, dopo cinque anni di tango “aperto”, il tango da esibizione che in quel periodo spopolava in tutta Europa, a ricominciare da capo. Si fermò un anno in Argentina per studiare quel diverso, ma più intimo modo di ballare: il tango milonguero, il tango che non ha bisogno di esibirsi, il tango fatto di emozione e complicità. Quando ritornò in Italia decise, in completa contro tendenza con le dinamiche del “mercato tanguero” di quegli anni, di aprire la Milonga Porteña. Fu una vera e propria sfida che Elisabetta, mossa dalla sua grande passione, riuscì a vincere.
Ma torniamo a quella sera del 18 febbraio del 2012, con Elisabetta che confida la sua “storia” ai suoi ospiti e il “El Nene” lì, accanto a lei, pronto a ballare insieme. Con le note del primo brano l'emozione si può quasi respirare, come fosse aria, o sentire, come l'elettricità. E la coppia inizia a danzare, a muoversi sulle note della melodia, con una semplicità che quasi spiazza ma che riesce a far trasparire la magica energia generata tra i due.
Alla fine gli applausi scrosciano, calorosi, affettuosi. Un brano, e ancora uno e ancora uno. Si applaude non solo l'esibizione, ma anche la passione, l'emozione, il Tango con la T maiuscola.
“El Nene”
Quando sei il più piccolo di sette fratelli è inevitabile che ti affibbino un soprannome così, che poi ti porti dietro per sempre. Eduardo Masci, detto “El Nene”, iniziò a ballare il tango per permettere ai fratelli maggiori di esercitarsi con i passi, evitando così di fare brutte figure in milonga. Forse è stato proprio questa esperienza nel ruolo di “donna” che gli ha permesso di sviluppare quella particolare sensibilità che lo ha reso uno dei ballerini più ambiti dalle Mujeres di Buenos Aires.
Lui non ha mai preso una lezione.
Ha iniziato da ragazzino a frequentare le milonghe, serate passate ad osservare, praticare, sperimentare, inventare. Da allora di anni ne sono passati più di 50, e il suo tango di oggi è come uno scrigno prezioso, che custodisce una intera vita di tango, di esperienze, di abbracci. E' uno dei milongueri storici di Buenos Aires. Il suo stile è fatto di cose solo apparentemente semplici. Un tango fluido, naturale, dove ogni movimento è lì perché e nella natura delle cose e non può essere fatto diversamente. Ed è proprio nelle milonghe Porteñe che si conquistato la stima e il rispetto di tutti i più grandi maestri e ballerini.
Quando frequenti le sue lezioni, e ti trovi a sperimentare i suoi movimenti apparentemente così facili, ti rendi immediatamente conto della sua bravura. Provi un passo e lo riprovi, e ogni volta ritrovi uno spunto nuovo, cogli una una diversa dinamica, un equilibrio che sembra impossibile ma non lo è. Eppure il passo è sempre quello, è lì, semplice, quasi banale, ma a mano a mano che si lascia scoprire ti svela anche la sua complessità. E' come osservare con la lente di ingrandimento un semplice fiocco di neve.
Lui balla per la donna.
Adora i tanghi cantati, dove si muove sulle note della melodia, facendo vivere alla propria ballerina un'esperienza indimenticabile.
Gli basta poco per capirla, un primo abbraccio, un'apertura. E lui sa già com'è e cosa fare per farla divertire, per farla star bene. “E' come ti portasse in un'altra dimensione, sulle note della musica” racconta Elisabetta. Sì perché per lui la musica e la donna sono quasi delle divinità, verso le quali porta un rispetto sacro: lui balla per la donna e interpreta la musica. E non è una frase fatta, basta conoscerlo e vederlo ballare per capire quanta verità ci siano in queste parole.
La mia lezione col “Nene”
Sono un po' emozionata per la meravigliosa opportunità offertami dalla mia maestra, Elisabetta Cavallari, di avere una lezione privata col “Nene”.
Si inizia con la scelta della musica, importante anche solo per accompagnare una lezione. Pensa un attimo e poi decide, e il CD con le note di Di Sarli inizia a suonare.
Ho già fatto con lui dei workshop collettivi, durante i quali ho potuto sperimentare la sua bravura nell'insegnamento, accompagnata da una spiazzante modestia.
Non capisco lo spagnolo ma le sue spiegazioni sono chiare e inequivocabili. Non mi mette soggezione, per nulla. E chi mi conosce si stupirà per certo. Le prime volte che ballo con un maestro o un ballerino particolarmente bravo mi tremano le gambe, letteralmente. Con lui non mi succede, mi sento perfettamente a mio agio, e già questo è un piccolo miracolo. Iniziamo a ballare.
Si ferma quando coglie un movimento non corretto, per sottolinearlo e provarlo fino a quando non riesco a migliorarlo. Ma si ferma anche quando non mi sente perfettamente a tempo: “La musica” mi esorta “Escucha la musica”. E il suo tono di voce è dolce, come se volesse farmi capire quanto la musica sia meravigliosa e che se la si ascolta veramente è impossibile non muoversi in armonia con essa. Lo fa come se mi stesse svelando un prezioso segreto, con la pazienza di un padre.
Ma quando avverte un passaggio riuscito particolarmente bene, o un movimento del piede che accarezza con esattezza una nota, allora è subito pronto ad esternare la sua approvazione, con l'entusiasmo di un bambino felice.
Il suo abbraccio mi evoca una nuvola, soffice sul petto, ma presente nella presa. La sua guida mi trasmette una grande sensazione di libertà, nessuna costrizione, come quando si scende una montagna per l'unico sentiero percorribile. Niente a che vedere con certi abbracci soffocanti, presunti milongueri.
“La cadera esta bien” mi dice alla fine, come incoraggiamento. Eppure mi sento come un goffo elefante che ha avuto l'opportunità di danzare con una farfalla.
Ma quando balliamo l'ultimo tango, non ci sono lezioni da imparare. Chiudo gli occhi e ascolto la musica con la massima attenzione, lasciandomi andare alla fluidità della sua guida. E la magia avviene, il goffo elefante inizia a volare. Sperimento cosa significa ballare col “Nene”, dove musica, abbraccio e movimento si fondono come cosa sola che diventa un'altra dimensione.
“E' stato un grande onore per me, maestro. Grazie di cuore”. Chiedo ad Elisabetta, la mia maestra, di tradurre in spagnolo. Lui sorride, un po' timido.
Me ne vado con l'aria un po' sognante, con Elisabetta che mi chiede: “Ma sei certa di riuscire a tornare a casa?”. Mentre cerco una risposta mi strizza l'occhio, con sorriso complice.
Quella sera, alla Milonga Porteña di Rovigo, l'emozione che trapelava dalle parole di Elisabetta Cavallari era riuscita a calamitare l'attenzione di tutti i presenti. Finalmente aveva coronato un sogno: portare Eduardo Masci, detto "El Nene", in terra italiana ed ora era lì, ospite di eccezione del suo locale dove vengono applicati “los codigos milongueros” e dove è possibile respirare la tipica atmosfera delle milonghe Porteñe.
Elisabetta ricordava quella sera di 6 anni prima a Buenos Aires quando, nell'abbraccio del “Nene”, si sciolse letteralmente in lacrime. Fu come una folgorazione che la portò, dopo cinque anni di tango “aperto”, il tango da esibizione che in quel periodo spopolava in tutta Europa, a ricominciare da capo. Si fermò un anno in Argentina per studiare quel diverso, ma più intimo modo di ballare: il tango milonguero, il tango che non ha bisogno di esibirsi, il tango fatto di emozione e complicità. Quando ritornò in Italia decise, in completa contro tendenza con le dinamiche del “mercato tanguero” di quegli anni, di aprire la Milonga Porteña. Fu una vera e propria sfida che Elisabetta, mossa dalla sua grande passione, riuscì a vincere.
Ma torniamo a quella sera del 18 febbraio del 2012, con Elisabetta che confida la sua “storia” ai suoi ospiti e il “El Nene” lì, accanto a lei, pronto a ballare insieme. Con le note del primo brano l'emozione si può quasi respirare, come fosse aria, o sentire, come l'elettricità. E la coppia inizia a danzare, a muoversi sulle note della melodia, con una semplicità che quasi spiazza ma che riesce a far trasparire la magica energia generata tra i due.
Alla fine gli applausi scrosciano, calorosi, affettuosi. Un brano, e ancora uno e ancora uno. Si applaude non solo l'esibizione, ma anche la passione, l'emozione, il Tango con la T maiuscola.
“El Nene”
Quando sei il più piccolo di sette fratelli è inevitabile che ti affibbino un soprannome così, che poi ti porti dietro per sempre. Eduardo Masci, detto “El Nene”, iniziò a ballare il tango per permettere ai fratelli maggiori di esercitarsi con i passi, evitando così di fare brutte figure in milonga. Forse è stato proprio questa esperienza nel ruolo di “donna” che gli ha permesso di sviluppare quella particolare sensibilità che lo ha reso uno dei ballerini più ambiti dalle Mujeres di Buenos Aires.
Lui non ha mai preso una lezione.
Ha iniziato da ragazzino a frequentare le milonghe, serate passate ad osservare, praticare, sperimentare, inventare. Da allora di anni ne sono passati più di 50, e il suo tango di oggi è come uno scrigno prezioso, che custodisce una intera vita di tango, di esperienze, di abbracci. E' uno dei milongueri storici di Buenos Aires. Il suo stile è fatto di cose solo apparentemente semplici. Un tango fluido, naturale, dove ogni movimento è lì perché e nella natura delle cose e non può essere fatto diversamente. Ed è proprio nelle milonghe Porteñe che si conquistato la stima e il rispetto di tutti i più grandi maestri e ballerini.
Quando frequenti le sue lezioni, e ti trovi a sperimentare i suoi movimenti apparentemente così facili, ti rendi immediatamente conto della sua bravura. Provi un passo e lo riprovi, e ogni volta ritrovi uno spunto nuovo, cogli una una diversa dinamica, un equilibrio che sembra impossibile ma non lo è. Eppure il passo è sempre quello, è lì, semplice, quasi banale, ma a mano a mano che si lascia scoprire ti svela anche la sua complessità. E' come osservare con la lente di ingrandimento un semplice fiocco di neve.
Lui balla per la donna.
Adora i tanghi cantati, dove si muove sulle note della melodia, facendo vivere alla propria ballerina un'esperienza indimenticabile.
Gli basta poco per capirla, un primo abbraccio, un'apertura. E lui sa già com'è e cosa fare per farla divertire, per farla star bene. “E' come ti portasse in un'altra dimensione, sulle note della musica” racconta Elisabetta. Sì perché per lui la musica e la donna sono quasi delle divinità, verso le quali porta un rispetto sacro: lui balla per la donna e interpreta la musica. E non è una frase fatta, basta conoscerlo e vederlo ballare per capire quanta verità ci siano in queste parole.
La mia lezione col “Nene”
Sono un po' emozionata per la meravigliosa opportunità offertami dalla mia maestra, Elisabetta Cavallari, di avere una lezione privata col “Nene”.
Si inizia con la scelta della musica, importante anche solo per accompagnare una lezione. Pensa un attimo e poi decide, e il CD con le note di Di Sarli inizia a suonare.
Ho già fatto con lui dei workshop collettivi, durante i quali ho potuto sperimentare la sua bravura nell'insegnamento, accompagnata da una spiazzante modestia.
Non capisco lo spagnolo ma le sue spiegazioni sono chiare e inequivocabili. Non mi mette soggezione, per nulla. E chi mi conosce si stupirà per certo. Le prime volte che ballo con un maestro o un ballerino particolarmente bravo mi tremano le gambe, letteralmente. Con lui non mi succede, mi sento perfettamente a mio agio, e già questo è un piccolo miracolo. Iniziamo a ballare.
Si ferma quando coglie un movimento non corretto, per sottolinearlo e provarlo fino a quando non riesco a migliorarlo. Ma si ferma anche quando non mi sente perfettamente a tempo: “La musica” mi esorta “Escucha la musica”. E il suo tono di voce è dolce, come se volesse farmi capire quanto la musica sia meravigliosa e che se la si ascolta veramente è impossibile non muoversi in armonia con essa. Lo fa come se mi stesse svelando un prezioso segreto, con la pazienza di un padre.
Ma quando avverte un passaggio riuscito particolarmente bene, o un movimento del piede che accarezza con esattezza una nota, allora è subito pronto ad esternare la sua approvazione, con l'entusiasmo di un bambino felice.
Il suo abbraccio mi evoca una nuvola, soffice sul petto, ma presente nella presa. La sua guida mi trasmette una grande sensazione di libertà, nessuna costrizione, come quando si scende una montagna per l'unico sentiero percorribile. Niente a che vedere con certi abbracci soffocanti, presunti milongueri.
“La cadera esta bien” mi dice alla fine, come incoraggiamento. Eppure mi sento come un goffo elefante che ha avuto l'opportunità di danzare con una farfalla.
Ma quando balliamo l'ultimo tango, non ci sono lezioni da imparare. Chiudo gli occhi e ascolto la musica con la massima attenzione, lasciandomi andare alla fluidità della sua guida. E la magia avviene, il goffo elefante inizia a volare. Sperimento cosa significa ballare col “Nene”, dove musica, abbraccio e movimento si fondono come cosa sola che diventa un'altra dimensione.
“E' stato un grande onore per me, maestro. Grazie di cuore”. Chiedo ad Elisabetta, la mia maestra, di tradurre in spagnolo. Lui sorride, un po' timido.
Me ne vado con l'aria un po' sognante, con Elisabetta che mi chiede: “Ma sei certa di riuscire a tornare a casa?”. Mentre cerco una risposta mi strizza l'occhio, con sorriso complice.
sabato 6 novembre 2010
Libri - La corsa verso il mare
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Novembre 2010.
Un podista padovano, Roberto “Rubens” Noviello, dopo aver partecipato alla Sahara Marathon, ha scritto un libro sull'odissea del popolo Saharawi: 42 capitoli, tanti quanti sono i chilometri della maratona, per raccontare un'esperienza straordinaria.
Tra tante iniziative che in tutto il mondo sposano il binomio “sport e solidarietà”, ce n'è una molto particolare che porta gli atleti partecipanti a vivere, oltre ad un'avvincente avventura sportiva, un'indimenticabile esperienza umana.
Parliamo della Sahara Marathon, la maratona che sostiene la causa dei Saharawi, un popolo di 50.000 persone che da 35 anni vive all'interno di campi profughi nel deserto algerino, nell'attesa che venga riconosciuto loro il diritto all'autodeterminazione.
Il tracciato della maratona connette simbolicamente i tre campi profughi, che sorgono nel nulla in mezzo al deserto dell'Hammada du Dra, uno dei luoghi più inospitali al mondo. Gli atleti vengono ospitati dalle famiglie Saharawi nelle proprie tende e hanno l'opportunità di conoscere in prima persona la grande dignità di questa gente che, più che la povertà, teme di essere dimenticata. I campi sono popolati da donne e bambini perché gli uomini sono al fronte, sotto quel muro di terrapieno di 2.700 chilometri, costruito dal Marocco, che li divide da quella che considerano la loro patria: il Sahara Occidentale.
Al traguardo della maratona viene consegnata ai partecipanti una medaglia prodotta con materiale riciclato, che rompe tutti i canoni del mondo occidentale, ma che diventa di valore inestimabile per chi la mette al collo dopo questa straordinaria esperienza.
Roberto Noviello ha partecipato quest'anno alla Sahara Marathon e ne è rimasto talmente toccato che ne ha scritto un libro: “La corsa verso il mare”. “E' l'unica corsa che non si vorrebbe più correre - spiega Noviello - perché, quando questo succederà, significherà che il popolo Saharawi sarà tornato sul suo territorio e avrà finalmente rivisto il mare”.
Noviello, “Rubens” per gli amici, ha 42 anni, vive a Ponte San Nicolò e lavora presso una società di informatica. Da sempre coltiva la passione per la corsa e le ultramaratone e, oltre che atleta, è anche un tecnico di atletica del Cus Padova e istruttore di calcio.
Il libro è suddiviso in 42 capitoli, tanti quanti sono i chilometri della maratona, ma la lettura scorre via veloce, come una gara di mezzofondo.
La scrittura è diretta, essenziale, eppure ha il dono di emozionare e arrivare dritta al cuore.
Un libro che ci porta per mano in un altro mondo, dove le stelle si possono quasi toccare ma le case di fango vengono spazzate via con la pioggia, e ci invita alla riflessione, a rallentare i nostri sempre più frenetici ritmi, a ricercare le cose più vere della vita.
I proventi della vendita verranno consegnati dall'autore direttamente ad Omar Mih, il rappresentante in Italia del popolo Saharawi, per finanziare progetti di solidarietà che verranno rigorosamente documentati.
“L'importante è parlarne, far conoscere questa causa”, non si stanca di ripetere Noviello durante le interessanti presentazioni del suo libro che stanno coinvolgendo anche le società di atletica venete.
E al lettore che giunge all'ultima pagina ricorda “Ti consegno il filo da far girare. Servirà a te per crescere e ai Saharawi per tessere la tela della libertà”.
Per l'acquisto del libro ci si può rivolgere direttamente a Noviello, all'indirizzo:
rubens_68@libero.it, oppure è possibile utilizzare il sito [www.unipress.it]
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 15 e 16.
(Foto di Gisella Molino)
Un podista padovano, Roberto “Rubens” Noviello, dopo aver partecipato alla Sahara Marathon, ha scritto un libro sull'odissea del popolo Saharawi: 42 capitoli, tanti quanti sono i chilometri della maratona, per raccontare un'esperienza straordinaria.
Tra tante iniziative che in tutto il mondo sposano il binomio “sport e solidarietà”, ce n'è una molto particolare che porta gli atleti partecipanti a vivere, oltre ad un'avvincente avventura sportiva, un'indimenticabile esperienza umana.
Parliamo della Sahara Marathon, la maratona che sostiene la causa dei Saharawi, un popolo di 50.000 persone che da 35 anni vive all'interno di campi profughi nel deserto algerino, nell'attesa che venga riconosciuto loro il diritto all'autodeterminazione.
Il tracciato della maratona connette simbolicamente i tre campi profughi, che sorgono nel nulla in mezzo al deserto dell'Hammada du Dra, uno dei luoghi più inospitali al mondo. Gli atleti vengono ospitati dalle famiglie Saharawi nelle proprie tende e hanno l'opportunità di conoscere in prima persona la grande dignità di questa gente che, più che la povertà, teme di essere dimenticata. I campi sono popolati da donne e bambini perché gli uomini sono al fronte, sotto quel muro di terrapieno di 2.700 chilometri, costruito dal Marocco, che li divide da quella che considerano la loro patria: il Sahara Occidentale.
Al traguardo della maratona viene consegnata ai partecipanti una medaglia prodotta con materiale riciclato, che rompe tutti i canoni del mondo occidentale, ma che diventa di valore inestimabile per chi la mette al collo dopo questa straordinaria esperienza.
Roberto Noviello ha partecipato quest'anno alla Sahara Marathon e ne è rimasto talmente toccato che ne ha scritto un libro: “La corsa verso il mare”. “E' l'unica corsa che non si vorrebbe più correre - spiega Noviello - perché, quando questo succederà, significherà che il popolo Saharawi sarà tornato sul suo territorio e avrà finalmente rivisto il mare”.
Noviello, “Rubens” per gli amici, ha 42 anni, vive a Ponte San Nicolò e lavora presso una società di informatica. Da sempre coltiva la passione per la corsa e le ultramaratone e, oltre che atleta, è anche un tecnico di atletica del Cus Padova e istruttore di calcio.
Il libro è suddiviso in 42 capitoli, tanti quanti sono i chilometri della maratona, ma la lettura scorre via veloce, come una gara di mezzofondo.
La scrittura è diretta, essenziale, eppure ha il dono di emozionare e arrivare dritta al cuore.
Un libro che ci porta per mano in un altro mondo, dove le stelle si possono quasi toccare ma le case di fango vengono spazzate via con la pioggia, e ci invita alla riflessione, a rallentare i nostri sempre più frenetici ritmi, a ricercare le cose più vere della vita.
I proventi della vendita verranno consegnati dall'autore direttamente ad Omar Mih, il rappresentante in Italia del popolo Saharawi, per finanziare progetti di solidarietà che verranno rigorosamente documentati.
“L'importante è parlarne, far conoscere questa causa”, non si stanca di ripetere Noviello durante le interessanti presentazioni del suo libro che stanno coinvolgendo anche le società di atletica venete.
E al lettore che giunge all'ultima pagina ricorda “Ti consegno il filo da far girare. Servirà a te per crescere e ai Saharawi per tessere la tela della libertà”.
Per l'acquisto del libro ci si può rivolgere direttamente a Noviello, all'indirizzo:
rubens_68@libero.it, oppure è possibile utilizzare il sito [www.unipress.it]
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 15 e 16.
(Foto di Gisella Molino)
mercoledì 1 settembre 2010
Francesco Arduini: La passione salta in alto
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Settembre 2010 - Mondo master
Francesco Arduini, dopo una lunga carriera a livello assoluto, ha scoperto l'attività “over 35”, dove in due stagioni ha vinto altrettante medaglie a livello internazionale: un esempio che potrebbe fare scuola.
E' entrato a far parte del mondo master solo nel 2009 e, in meno di due anni, ha collezionato nel salto in alto M35 un titolo europeo (in Ungheria, lo scorso luglio), una medaglia d'argento ai Mondiali (in Finlandia nel 2009) e due titoli italiani. Il tutto senza trascurare l'attività assoluta con la maglia della Jäger Vittorio Veneto. Andiamo a conoscere Francesco Arduini.
Francesco, tu sei tesserato per la Jäger Vittorio Veneto, ma la tua pronuncia non è propriamente veneta...
“Infatti sono romagnolo. Vivo a San Giovanni in Marignano, in provincia di Rimini, insieme alla mia compagna, Silvia Biavati, ostacolista della Industriali Conegliano. Ormai da 8 anni vestiamo i colori delle due squadre trevigiane. Per noi le compagini Jäger/Industriali sono come una famiglia, ci troviamo molto bene e non ci pesano le trasferte per partecipare alle gare regionali”.
Qual è la tua attività lavorativa e come riesci a conciliarla con quella sportiva?
“Lavoro per una ditta che realizza pezzi di ricambio per moto da corsa. Sono un tecnico addetto alle mappature elettroniche delle moto. Si tratta di un'attività piuttosto impegnativa, al punto che da 10 anni non sono più seguito da un allenatore proprio per la difficoltà di conciliare i tempi degli allenamenti con i ritmi lavorativi. Mi alleno nella pausa pranzo insieme a Giulio e Nicola Ciotti, i due atleti della nazionale, che sono dei grandissimi amici. Ci aiutiamo vicendevolmente scambiandoci consigli tecnici”.
Che cosa ti spinge a continuare a praticare l'atletica leggera nonostante tante difficoltà?
“La risposta è la stessa che ti potranno dare tanti altri atleti che cercano di conciliare famiglia, lavoro e sport: il motore che spinge è una grande passione che
porta a grandi sacrifici ma che sa regalare incredibili soddisfazioni. Per partecipare agli Europei master in Ungheria ho letteralmente fatto i salti mortali, arrivando a Nìregyhàza poche ore prima della gara e ripartendo per la Francia subito dopo per un impegno di lavoro. Come quasi tutti i master ho ovviamente dovuto sostenere tutte le spese della trasferta, ma la soddisfazione è stata comunque impagabile. L'amore per l'atletica mi ha portato anche ad essere dirigente dell'Atletica 75 di Cattolica e ad ottenere il tesserino da allenatore e da giudice. Ho la fortuna di condividere questa passione con Silvia, la mia compagna di vita. Peccato che non siamo mai riusciti a disputare insieme la finale societaria: Jager Vittorio Veneto e Industriali Conegliano fino ad ora non si sono mai ritrovate nella stessa finale”.
Quando hai iniziato a praticarel'atletica leggera?
“Ero in prima media. Seguendo il consiglio di mio cugino, mi sono ritrovato in pista. All'inizio correvo e lanciavo, poi alla prima gara di salto in alto ho valicato l'asticella a 1,40 ed è stato amore a prima vista. Da allora il salto in alto è stata sempre la 'mia' gara”.
Quali sono i tuoi personali da assoluto e da master ?
“Nel 1996, a 22 anni, ho saltato 2,11. Da M35 ho un personale di 2,04, ottenuto lo
scorso anno alla finale A 'Argento' di Sulmona. In oltre 20 anni di attività ho disputato più di 300 gare di salto in alto riuscendo a valicare l'asticella dei 2
metri per 108 volte”.
Per quali squadre hai militato?
“Sono stato nel Gruppo Sportivo dell'Aeronautica e con l'Atletica Bagheria, finché nel 2000 ho avuto un grave problema di salute a causa del quale sono stato paralizzato per circa due mesi: i medici pensano si sia trattato di un problema virale, ma la diagnosi precisa non è mai stata fatta. Ho subito una sorta di “azzeramento neurologico”, ma, un po' alla volta, ho ripreso a camminare. Ci sono voluti un paio d'anni per tornare a stare bene. La mia rinascita ha coinciso con l'incontro con la Jäger Vittorio Veneto, squadra per la quale sono felicemente tesserato dal 2002”.
Cosa ci dici del mondo master?
“Ti confesso che fino a qualche anno fa guardavo all'attività master come ad una specie di 'cimitero di dinosauri'. In seguito, però, mi sono dovuto ricredere, perché non è così. Ho potuto constatare la grande passione, la motivazione e la volontà che animano gli atleti master. E' un mondo, vivo, vivissimo, che mi ha regalato nuovi e inattesi stimoli. Gareggiare con chi salta più di 2,20 è sempre un grande onore, ma lottare per un titolo mondiale master sul centimetro, con atleti che hanno la tua età e sono sui tuoi livelli, è molto più stimolante. Partecipare ad una manifestazione internazionale master è molto gratificante anche dal punto di vista emozionale: raggiungere la call-room, vestire la maglia dell'Italia e competere con atleti di tante nazioni: ogni momento ha contribuito a generare un'esperienza bellissima che mi ha cambiato prospettiva, permettendomi di 'guardare avanti' con ottica diversa e nuovi stimoli”.
I tuoi prossimi obiettivi?
“La finale A 'Argento' di Comacchio, con la Jäger. Anche se al momento un problema lavorativo non mi permette di essere presente. Sto cercando una soluzione perché mi dispiacerebbe molto non esserci. A livello master vorrei partecipare ai Mondiali di Sacramento del 2011. Sono talmente entusiasta che sto cercando di convincere anche alcuni atleti assoluti che il prossimo anno compiranno 35 anni. Per non parlare del mio fisioterapista, che di nome fa Andrea Benvenuti: sarà difficile convincerlo, ma io ci proverò”.
Grazie Francesco, il mondo master ha bisogno del tuo entusiasmo.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 12 e 13.
Nelle foto: 1) Francesco Arduini, dalle pedane assolute a quelle master, 2) L'altista della Jäger con l'azzurro Nicola Ciotti, 3) Arduini con l'ostacolista Silvia Biavati, sua compagna nella vita (Archivio Arduiini)
Francesco Arduini, dopo una lunga carriera a livello assoluto, ha scoperto l'attività “over 35”, dove in due stagioni ha vinto altrettante medaglie a livello internazionale: un esempio che potrebbe fare scuola.
E' entrato a far parte del mondo master solo nel 2009 e, in meno di due anni, ha collezionato nel salto in alto M35 un titolo europeo (in Ungheria, lo scorso luglio), una medaglia d'argento ai Mondiali (in Finlandia nel 2009) e due titoli italiani. Il tutto senza trascurare l'attività assoluta con la maglia della Jäger Vittorio Veneto. Andiamo a conoscere Francesco Arduini.
Francesco, tu sei tesserato per la Jäger Vittorio Veneto, ma la tua pronuncia non è propriamente veneta...
“Infatti sono romagnolo. Vivo a San Giovanni in Marignano, in provincia di Rimini, insieme alla mia compagna, Silvia Biavati, ostacolista della Industriali Conegliano. Ormai da 8 anni vestiamo i colori delle due squadre trevigiane. Per noi le compagini Jäger/Industriali sono come una famiglia, ci troviamo molto bene e non ci pesano le trasferte per partecipare alle gare regionali”.
Qual è la tua attività lavorativa e come riesci a conciliarla con quella sportiva?
“Lavoro per una ditta che realizza pezzi di ricambio per moto da corsa. Sono un tecnico addetto alle mappature elettroniche delle moto. Si tratta di un'attività piuttosto impegnativa, al punto che da 10 anni non sono più seguito da un allenatore proprio per la difficoltà di conciliare i tempi degli allenamenti con i ritmi lavorativi. Mi alleno nella pausa pranzo insieme a Giulio e Nicola Ciotti, i due atleti della nazionale, che sono dei grandissimi amici. Ci aiutiamo vicendevolmente scambiandoci consigli tecnici”.
Che cosa ti spinge a continuare a praticare l'atletica leggera nonostante tante difficoltà?
“La risposta è la stessa che ti potranno dare tanti altri atleti che cercano di conciliare famiglia, lavoro e sport: il motore che spinge è una grande passione che
porta a grandi sacrifici ma che sa regalare incredibili soddisfazioni. Per partecipare agli Europei master in Ungheria ho letteralmente fatto i salti mortali, arrivando a Nìregyhàza poche ore prima della gara e ripartendo per la Francia subito dopo per un impegno di lavoro. Come quasi tutti i master ho ovviamente dovuto sostenere tutte le spese della trasferta, ma la soddisfazione è stata comunque impagabile. L'amore per l'atletica mi ha portato anche ad essere dirigente dell'Atletica 75 di Cattolica e ad ottenere il tesserino da allenatore e da giudice. Ho la fortuna di condividere questa passione con Silvia, la mia compagna di vita. Peccato che non siamo mai riusciti a disputare insieme la finale societaria: Jager Vittorio Veneto e Industriali Conegliano fino ad ora non si sono mai ritrovate nella stessa finale”.
Quando hai iniziato a praticarel'atletica leggera?
“Ero in prima media. Seguendo il consiglio di mio cugino, mi sono ritrovato in pista. All'inizio correvo e lanciavo, poi alla prima gara di salto in alto ho valicato l'asticella a 1,40 ed è stato amore a prima vista. Da allora il salto in alto è stata sempre la 'mia' gara”.
Quali sono i tuoi personali da assoluto e da master ?
“Nel 1996, a 22 anni, ho saltato 2,11. Da M35 ho un personale di 2,04, ottenuto lo
scorso anno alla finale A 'Argento' di Sulmona. In oltre 20 anni di attività ho disputato più di 300 gare di salto in alto riuscendo a valicare l'asticella dei 2
metri per 108 volte”.
Per quali squadre hai militato?
“Sono stato nel Gruppo Sportivo dell'Aeronautica e con l'Atletica Bagheria, finché nel 2000 ho avuto un grave problema di salute a causa del quale sono stato paralizzato per circa due mesi: i medici pensano si sia trattato di un problema virale, ma la diagnosi precisa non è mai stata fatta. Ho subito una sorta di “azzeramento neurologico”, ma, un po' alla volta, ho ripreso a camminare. Ci sono voluti un paio d'anni per tornare a stare bene. La mia rinascita ha coinciso con l'incontro con la Jäger Vittorio Veneto, squadra per la quale sono felicemente tesserato dal 2002”.
Cosa ci dici del mondo master?
“Ti confesso che fino a qualche anno fa guardavo all'attività master come ad una specie di 'cimitero di dinosauri'. In seguito, però, mi sono dovuto ricredere, perché non è così. Ho potuto constatare la grande passione, la motivazione e la volontà che animano gli atleti master. E' un mondo, vivo, vivissimo, che mi ha regalato nuovi e inattesi stimoli. Gareggiare con chi salta più di 2,20 è sempre un grande onore, ma lottare per un titolo mondiale master sul centimetro, con atleti che hanno la tua età e sono sui tuoi livelli, è molto più stimolante. Partecipare ad una manifestazione internazionale master è molto gratificante anche dal punto di vista emozionale: raggiungere la call-room, vestire la maglia dell'Italia e competere con atleti di tante nazioni: ogni momento ha contribuito a generare un'esperienza bellissima che mi ha cambiato prospettiva, permettendomi di 'guardare avanti' con ottica diversa e nuovi stimoli”.
I tuoi prossimi obiettivi?
“La finale A 'Argento' di Comacchio, con la Jäger. Anche se al momento un problema lavorativo non mi permette di essere presente. Sto cercando una soluzione perché mi dispiacerebbe molto non esserci. A livello master vorrei partecipare ai Mondiali di Sacramento del 2011. Sono talmente entusiasta che sto cercando di convincere anche alcuni atleti assoluti che il prossimo anno compiranno 35 anni. Per non parlare del mio fisioterapista, che di nome fa Andrea Benvenuti: sarà difficile convincerlo, ma io ci proverò”.
Grazie Francesco, il mondo master ha bisogno del tuo entusiasmo.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 12 e 13.
Nelle foto: 1) Francesco Arduini, dalle pedane assolute a quelle master, 2) L'altista della Jäger con l'azzurro Nicola Ciotti, 3) Arduini con l'ostacolista Silvia Biavati, sua compagna nella vita (Archivio Arduiini)
domenica 8 agosto 2010
I magnifici d'Europa - Arduini, Ferrarini, Ipino, Mazzegna, Salvador e Vacalebre
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Agosto 2010 - Mondo master
Sei atleti veneti sono saliti sul gradino più alto del podio nella rassegna continentale over 35 di Nìregyhàza. Ori per Francesco Arduini, Barbara Ferrarini, Michela Ipino, Emma Mazzenga, Fausto Salvador e Giovanni Vacalebre.
La loro età varia dai 36 ai 91 anni, vestono maglie di squadre venete e hanno una cosa in comune: sono saliti sul gradino più alto del podio ai Campionati Europei Master di Nìregyhàza, la cittadina ungherese che ha ospitato la manifestazione dal 15 al 24 luglio. Sugli scudi la padovana Emma Mazzenga, che il primo agosto ha compiuto 77 anni, con tre medaglie d'oro. Abbiamo raccolto i commenti dei nostri sei campioni.
Eccoli, in rigoroso ordine alfabetico.
Francesco Arduini (JagerVittorio Veneto) - 36 anni, oro nel salto in alto M35: “E' stata una bella avventura, mi piace molto lo spirito dei partecipanti e la grande passione che ci mettono. Lo scorso anno arrivai secondo ai Mondiali di Lathi dietro allo svedese Wanhainen. In quell'occasione io e lui siamo diventati amici e speravo di ritrovarlo a questi europei; purtroppo per impegni di lavoro non è potuto essere presente ed è venuta a mancare una bella sfida. E' stata comunque una bella soddisfazione saltare la misura di 2,02 (la stessa con cui lo svedese vinse i mondiali, ndr) e salire sul podio insieme a Luca Tonello, l'atleta della Voltan Martellago giunto secondo”. (Nella Foto: Francesco Arduini (a destra) e Luca Tonello protagonisti nell'alto - Archivio Arduini)
Barbara Ferrarini (Asi Veneto) - 43 anni, oro nella 4x400 W35: “Era dal 2007, dai Mondiali di Riccione (quando vinse il titolo mondiale sui 400 ostacoli W40, ndr), che non partecipavo a una manifestazione internazionale. Non sono arrivata in gran forma, ma speravo ugualmente di vincere i 400 ostacoli, dove però sono giunta seconda per aver impostato una ritmica sbagliata. Dopo l'inatteso secondo posto nel salto in lungo (con 5,44), mi sono infortunata alla gamba poco prima della finale degli 80 ostacoli, ma con l'aiuto del fisioterapista e tanta voglia di partecipare è arrivata questa bella medaglia d'oro nella staffetta (insieme a Cristina Amigoni, Paola Tiselli e Emanuela Baggiolini, ndr) con il tempo di 4'02”07. Peccato che per soli due centesimi non abbiamo stabilito il primato italiano”. (Foto: la gioia della plurimedagliata Barbara Ferrarini - Archivio Ferrarini)
Michela Ipino (Bassano Running) - 41 anni, oro nella maratona W40: “Dopo la bella esperienza ai mondiali di Lathi dello scorso anno (dove conquistò l'argento, ndr), avevo finalizzato la preparazione per questo evento. E' stata però una gara durissima, corsa in condizioni climatiche quasi proibitive (31 gradi e 70% di umidità) e in un percorso assolato di 7 chilometri che ha messo tutti gli atleti in difficoltà. Alla fine ho tenuto duro e ce l'ho fatta. Speravo in un riscontro cronometrico migliore, ma tutti mi dicono che in un campionato internazionale sia più importante il piazzamento. E' molto bello rappresentare l'Italia in queste gare, ma devo ammettere che mi aspettavo una maggior presenza degli esponenti della Fidal, soprattutto alla partenza e alla premiazione”. (Foto: Michela Ipino, una maratona tutta d'oro - Archivio Bassano Running Store).
Emma Mazzenga (Città di Padova) - 77 anni, oro nei 100, 200 e 400 metri W75: “Sono felicissima di questi tre titoli europei, soprattutto se penso che esattamente un anno fa avevo appena ripreso a camminare dopo un'operazione al metatarso per una frattura scomposta. Partecipare alle gare internazionali è per me l'occasione per trovare avversarie di alto livello con cui dare vita a belle sfide come è avvenuto a Nìregyhàza con la norvegese Nyland. In Italia, nella mia categoria, il divario con le altre avversarie è molto grande. Sui 100 metri la favorita era la Nyland, accreditata di un tempo nettamente migliore del mio, e per questo quando mi sono trovata a tagliare per prima il traguardo ero davvero incredula. Sui 200 ero seconda fino a pochi metri dall'arrivo, poi ho affiancato la norvegese e questa, tentando di reagire, ha perso l'equilibrio ed è caduta, perciò risulta un distacco di 8 secondi. In realtà la gara è stata molto combattuta così come sui 400 metri dove il mio sorpasso è avvenuto nel rettilineo finale”. (Foto: Emma Mazzenga, regina della velocità - Archivio Mazzenga).
Fausto Salvador (San Marco Venezia) - 41 anni, oro nella 4x400 M40: “Partecipare a queste manifestazioni vestendo la maglia azzurra è sempre una sfida molto stimolante. Peccato che il programma prevedesse i tre turni dei 400 metri in sole 36 ore: sono stato il primo degli esclusi dalla finale, pagando lo scarso recupero. La staffetta 4x400 (corsa insieme a Paolo Chiapperini, Edgardo Barcella e Massimiliano Scarponi, ndr) è invece stata entusiasmante: siamo riusciti a battere la formazione tedesca, che schierava ben tre finalisti dei 400 metri. L'ottimo tempo finale di 3'25”39 è a soli 4 centesimi dal primato italiano”. (Foto: Fausto Salvador (secondo da destra) con la 4x400 italiana - Archivio Saraceni)
Giovanni Vacalebre (Bodadilla Club Treviso) - 91 anni, oro nei 5 km di marcia M90: “Fino all'ultimo pensavo di non partecipare, poi la mia società è riuscita a trovare una sponsorizzazione e sono riuscito a partire insieme a mia moglie Giuseppina. Lo scorso anno, quando vinsi il titolo mondiale in Finlandia, fu una grande gioia, ma questa volta ho trovato ancora più affetto ed entusiasmo: tutti mi salutavano, mi facevano i complimenti, mi chiedevano una foto. In gara ero concentrato perché sapevo che, pur essendo l'unico nella mia categoria in gara, avrei dovuto marciare sotto i 46 minuti per poter salire sul podio (in questa manifestazione hanno introdotto i minimi per le medaglie, ndr). Ma agli italiani di Roma di un mese prima con 45'01”00 avevo stabilito il record europeo M90 e sapevo di potercela fare. Ascoltare durante la premiazione l'Inno di Mameli è stata un'emozione indescrivibile”. (Foto: Un podio trionfale per Giovanni Vacalebre - Archivio Bobadilla Club)
APPLAUSI: 22 PODI VENETI
Gli atleti tesserati per squadre venete hanno conquistato 8 medaglie d'oro, 8 d'argento e 6 di bronzo. Il totale della rappresentativa italiana è di 31 ori, 32 argenti e 38 bronzi.
Questo il riepilogo delle medaglie venete (per sapere di più sulla manifestazione e consultare la lista di tutti gli atleti veneti finalisti, vi rimandiamo all'apposita news pubblicata sull'Area Master del sito fidalveneto.it [Link].
ORO
W35-Barbara Ferrarini (AsiVeneto)-4x400 (C.Amigoni,B.Ferrarini,P.Tiselli,E. Baggiolini) 4'02”06;
W40-Michela Ipino (Running Bassano)- Maratona 3h12'42”;
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) -100 m. 17”48 (-0.4);
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) - 200 m. 36”65(+0.6);
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) - 400 m. 1'25”72;
M35-Francesco Arduini (Jager V.Veneto TV)-Alto (2,02);
M40-Fausto Salvador (San Marco Venezia)-4x400 (P.Chiapperini,E.Barcella,F.Salvador,M.Scarponi) 3'25”39
M90-Giovanni Vacalebre (Bodadilla)-Marcia 5 km (45'30”41).
ARGENTO
W40-Barbara Ferrarini (Asi Veneto)-Lungo 5,44 (+2.4);
W40-Barbara Ferrarini (Asi Veneto)-400 hs 66”40;
W55-Natalia Marcenco(Assindustria Pd)-Marcia 5.000 30'53”77.
W55-Natalia Marcenco (Assindustria Pd) - Marcia 10 km 1h03'02”.
W55/W60-Natalia Marcenco (Assindustria PD)- Marcia 10 km Team (N.Marcenco,P.Martini,M.Luppi) 3h23'54”.
M35-Luca Tonello (Assindustria Pd)- Alto (1,90)
M35-Luca Romano (Voltan Martellago)-4x400 (M.Minelli,A.Benatti,L.Romano,A.Gulino)
3'27”09.
M50-Domenico Furia (Voltan Martellago)-200 m. 23”86 (+0.5).
BRONZO
W40-Gabriella Ramani (Asi Veneto)-4x400 (G. Ramani, A.Pagnotta, A. Micheletti, G.Lacava) 4'28”07
M35-Luca Tonello (Assindustria Pd) - Triplo 13,27 (0.0)
M70-Giorgio Bortolozzi (Vecio Gat)-Lungo 4,45 (+0.8)
M70-Giorgio Bortolozzi (Vecio Gat)-Triplo 9,46 (+1.5)
M80-Alcide Magarini (Lib. Lupatotina)-800 m. 4'12”77.
M85-Eddo Foroni (Lib. Lupatotina)- 100 m.19"01 (+1.0).
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è alle pagine 19, 20 e 21.
Sei atleti veneti sono saliti sul gradino più alto del podio nella rassegna continentale over 35 di Nìregyhàza. Ori per Francesco Arduini, Barbara Ferrarini, Michela Ipino, Emma Mazzenga, Fausto Salvador e Giovanni Vacalebre.
La loro età varia dai 36 ai 91 anni, vestono maglie di squadre venete e hanno una cosa in comune: sono saliti sul gradino più alto del podio ai Campionati Europei Master di Nìregyhàza, la cittadina ungherese che ha ospitato la manifestazione dal 15 al 24 luglio. Sugli scudi la padovana Emma Mazzenga, che il primo agosto ha compiuto 77 anni, con tre medaglie d'oro. Abbiamo raccolto i commenti dei nostri sei campioni.
Eccoli, in rigoroso ordine alfabetico.
Francesco Arduini (JagerVittorio Veneto) - 36 anni, oro nel salto in alto M35: “E' stata una bella avventura, mi piace molto lo spirito dei partecipanti e la grande passione che ci mettono. Lo scorso anno arrivai secondo ai Mondiali di Lathi dietro allo svedese Wanhainen. In quell'occasione io e lui siamo diventati amici e speravo di ritrovarlo a questi europei; purtroppo per impegni di lavoro non è potuto essere presente ed è venuta a mancare una bella sfida. E' stata comunque una bella soddisfazione saltare la misura di 2,02 (la stessa con cui lo svedese vinse i mondiali, ndr) e salire sul podio insieme a Luca Tonello, l'atleta della Voltan Martellago giunto secondo”. (Nella Foto: Francesco Arduini (a destra) e Luca Tonello protagonisti nell'alto - Archivio Arduini)
Barbara Ferrarini (Asi Veneto) - 43 anni, oro nella 4x400 W35: “Era dal 2007, dai Mondiali di Riccione (quando vinse il titolo mondiale sui 400 ostacoli W40, ndr), che non partecipavo a una manifestazione internazionale. Non sono arrivata in gran forma, ma speravo ugualmente di vincere i 400 ostacoli, dove però sono giunta seconda per aver impostato una ritmica sbagliata. Dopo l'inatteso secondo posto nel salto in lungo (con 5,44), mi sono infortunata alla gamba poco prima della finale degli 80 ostacoli, ma con l'aiuto del fisioterapista e tanta voglia di partecipare è arrivata questa bella medaglia d'oro nella staffetta (insieme a Cristina Amigoni, Paola Tiselli e Emanuela Baggiolini, ndr) con il tempo di 4'02”07. Peccato che per soli due centesimi non abbiamo stabilito il primato italiano”. (Foto: la gioia della plurimedagliata Barbara Ferrarini - Archivio Ferrarini)
Michela Ipino (Bassano Running) - 41 anni, oro nella maratona W40: “Dopo la bella esperienza ai mondiali di Lathi dello scorso anno (dove conquistò l'argento, ndr), avevo finalizzato la preparazione per questo evento. E' stata però una gara durissima, corsa in condizioni climatiche quasi proibitive (31 gradi e 70% di umidità) e in un percorso assolato di 7 chilometri che ha messo tutti gli atleti in difficoltà. Alla fine ho tenuto duro e ce l'ho fatta. Speravo in un riscontro cronometrico migliore, ma tutti mi dicono che in un campionato internazionale sia più importante il piazzamento. E' molto bello rappresentare l'Italia in queste gare, ma devo ammettere che mi aspettavo una maggior presenza degli esponenti della Fidal, soprattutto alla partenza e alla premiazione”. (Foto: Michela Ipino, una maratona tutta d'oro - Archivio Bassano Running Store).
Emma Mazzenga (Città di Padova) - 77 anni, oro nei 100, 200 e 400 metri W75: “Sono felicissima di questi tre titoli europei, soprattutto se penso che esattamente un anno fa avevo appena ripreso a camminare dopo un'operazione al metatarso per una frattura scomposta. Partecipare alle gare internazionali è per me l'occasione per trovare avversarie di alto livello con cui dare vita a belle sfide come è avvenuto a Nìregyhàza con la norvegese Nyland. In Italia, nella mia categoria, il divario con le altre avversarie è molto grande. Sui 100 metri la favorita era la Nyland, accreditata di un tempo nettamente migliore del mio, e per questo quando mi sono trovata a tagliare per prima il traguardo ero davvero incredula. Sui 200 ero seconda fino a pochi metri dall'arrivo, poi ho affiancato la norvegese e questa, tentando di reagire, ha perso l'equilibrio ed è caduta, perciò risulta un distacco di 8 secondi. In realtà la gara è stata molto combattuta così come sui 400 metri dove il mio sorpasso è avvenuto nel rettilineo finale”. (Foto: Emma Mazzenga, regina della velocità - Archivio Mazzenga).
Fausto Salvador (San Marco Venezia) - 41 anni, oro nella 4x400 M40: “Partecipare a queste manifestazioni vestendo la maglia azzurra è sempre una sfida molto stimolante. Peccato che il programma prevedesse i tre turni dei 400 metri in sole 36 ore: sono stato il primo degli esclusi dalla finale, pagando lo scarso recupero. La staffetta 4x400 (corsa insieme a Paolo Chiapperini, Edgardo Barcella e Massimiliano Scarponi, ndr) è invece stata entusiasmante: siamo riusciti a battere la formazione tedesca, che schierava ben tre finalisti dei 400 metri. L'ottimo tempo finale di 3'25”39 è a soli 4 centesimi dal primato italiano”. (Foto: Fausto Salvador (secondo da destra) con la 4x400 italiana - Archivio Saraceni)
Giovanni Vacalebre (Bodadilla Club Treviso) - 91 anni, oro nei 5 km di marcia M90: “Fino all'ultimo pensavo di non partecipare, poi la mia società è riuscita a trovare una sponsorizzazione e sono riuscito a partire insieme a mia moglie Giuseppina. Lo scorso anno, quando vinsi il titolo mondiale in Finlandia, fu una grande gioia, ma questa volta ho trovato ancora più affetto ed entusiasmo: tutti mi salutavano, mi facevano i complimenti, mi chiedevano una foto. In gara ero concentrato perché sapevo che, pur essendo l'unico nella mia categoria in gara, avrei dovuto marciare sotto i 46 minuti per poter salire sul podio (in questa manifestazione hanno introdotto i minimi per le medaglie, ndr). Ma agli italiani di Roma di un mese prima con 45'01”00 avevo stabilito il record europeo M90 e sapevo di potercela fare. Ascoltare durante la premiazione l'Inno di Mameli è stata un'emozione indescrivibile”. (Foto: Un podio trionfale per Giovanni Vacalebre - Archivio Bobadilla Club)
APPLAUSI: 22 PODI VENETI
Gli atleti tesserati per squadre venete hanno conquistato 8 medaglie d'oro, 8 d'argento e 6 di bronzo. Il totale della rappresentativa italiana è di 31 ori, 32 argenti e 38 bronzi.
Questo il riepilogo delle medaglie venete (per sapere di più sulla manifestazione e consultare la lista di tutti gli atleti veneti finalisti, vi rimandiamo all'apposita news pubblicata sull'Area Master del sito fidalveneto.it [Link].
ORO
W35-Barbara Ferrarini (AsiVeneto)-4x400 (C.Amigoni,B.Ferrarini,P.Tiselli,E. Baggiolini) 4'02”06;
W40-Michela Ipino (Running Bassano)- Maratona 3h12'42”;
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) -100 m. 17”48 (-0.4);
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) - 200 m. 36”65(+0.6);
W75-Emma Mazzenga (Città di Padova) - 400 m. 1'25”72;
M35-Francesco Arduini (Jager V.Veneto TV)-Alto (2,02);
M40-Fausto Salvador (San Marco Venezia)-4x400 (P.Chiapperini,E.Barcella,F.Salvador,M.Scarponi) 3'25”39
M90-Giovanni Vacalebre (Bodadilla)-Marcia 5 km (45'30”41).
ARGENTO
W40-Barbara Ferrarini (Asi Veneto)-Lungo 5,44 (+2.4);
W40-Barbara Ferrarini (Asi Veneto)-400 hs 66”40;
W55-Natalia Marcenco(Assindustria Pd)-Marcia 5.000 30'53”77.
W55-Natalia Marcenco (Assindustria Pd) - Marcia 10 km 1h03'02”.
W55/W60-Natalia Marcenco (Assindustria PD)- Marcia 10 km Team (N.Marcenco,P.Martini,M.Luppi) 3h23'54”.
M35-Luca Tonello (Assindustria Pd)- Alto (1,90)
M35-Luca Romano (Voltan Martellago)-4x400 (M.Minelli,A.Benatti,L.Romano,A.Gulino)
3'27”09.
M50-Domenico Furia (Voltan Martellago)-200 m. 23”86 (+0.5).
BRONZO
W40-Gabriella Ramani (Asi Veneto)-4x400 (G. Ramani, A.Pagnotta, A. Micheletti, G.Lacava) 4'28”07
M35-Luca Tonello (Assindustria Pd) - Triplo 13,27 (0.0)
M70-Giorgio Bortolozzi (Vecio Gat)-Lungo 4,45 (+0.8)
M70-Giorgio Bortolozzi (Vecio Gat)-Triplo 9,46 (+1.5)
M80-Alcide Magarini (Lib. Lupatotina)-800 m. 4'12”77.
M85-Eddo Foroni (Lib. Lupatotina)- 100 m.19"01 (+1.0).
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sabato 3 luglio 2010
Contini: quando lo sprint non ha età
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Luglio 2010 - Mondo master
La padovana Umbertina Contini in questa stagione ha già migliorato per sei volte i primati italiani della velocità nella categoria MF60. E per il 2011 ha già in mente un grande traguardo.
Facciamo la conoscenza di una delle velociste di punta dell'atletica master italiana, la padovana Umbertina Contini che, dopo 9 anni con il Cus Torino, dal 2010 è tornata a vestire la maglia di una squadra veneta.
La stagione 2010 non è ancora terminata, ma Umbertina Contini ha già migliorato per ben sei volte i primati italiani della velocità per la categoria MF60. L'ultimo record l'ha registrato durante la fase regionale dei Societari master, correndo i 100 metri in 14”58 con un vento contrario di 0.8. Anche i non esperti potranno sicuramente cogliere il valore di questa prestazione ottenuta a 60 anni. La portacolori dell'Atletica Città di Padova è riuscita addirittura a correre più veloce del primato italiano della categoria MF55 da lei stabilito due anni fa.
Di solito molto riservata, sul traguardo al San Giuliano di Mestre non è riuscita a contenere la gioia quando ha visto il riscontro cronometrico sul tabellone. Un entusiasmo meritato.
Umbertina, parlaci un po'di te, della tua vita.
“Sono un'insegnante di educazione fisica in pensione da tre anni, ma non mi annoio di certo. Oltre a praticare l'atletica leggera sono socia del Panathlon, per il quale sono impegnata nella promozione dello sport dei disabili, e sono segretaria della sezione Veterani di Padova con la quale, tra le varie attività, promuoviamo lo sport giovanile. Sono sposata e ho due figli: Alessandra (30 anni) e Daniele (26)”.
Anche tuoi figli praticano l'atletica leggera?
“Alessandra l'ha fatto fino ai 19 anni, correndo prevalentemente i 400. Daniele (Chiffi n.d.r) è tuttora un ottocentista dell'Atletica Città di Padova”.
Una decina di anni fa, in una gara regionale, ti trovasti a correre i 400 metri nella stessa serie di tua figlia: quali furono le tue sensazioni?
“Fu molto emozionante. Non capita a tutti di avere l'opportunità di gareggiare insieme alla propria figlia”.
Hai praticato l'atletica leggera in gioventù?
“Sì, dai 14 ai 19 anni. Ero iscritta al Cus Padova. Avevo un personale di 12”3 nei 100 e 25”5 nei 200. Fui convocata due volte in nazionale juniores e nel 1968 feci parte della 4x100 che stabilì il record italiano. Poi ho frequentato l'Isef a Roma, interrompendo l'attività agonistica per un infortunio”.
Quando hai ripreso l'attività?
“Nel 1995, a 45 anni. Portando in pista i ragazzi della scuola, ho avuto l'opportunità di conoscere il gruppo master dell'Assindustria Padova. Ho ripreso ad allenarmi, commettendo però l'errore di molti ex atleti. Ripresi troppo velocemente, dimenticando che ero stata ferma per oltre 20 anni. Così mi strappai subito il bicipite femorale. Dall'anno successivo iniziò a seguirmi Franco Sommaggio, che è tuttora il mio allenatore”.
Come si allena una velocista di 60 anni come te?
“Vado in pista quattro volte alla settimana, ma uno degli allenamenti lo effettuo correndo solo sull'erba. Inoltre alla domenica non manca mai una corsa sugli argini. Rispetto a dieci anni fa, ho ridotto la quantità e i tempi di recupero tra una prova e l'altra. Impiego in compenso molto più tempo per scaldarmi, soprattutto per lo stretching, e ho ridotto al minimo l'uso delle scarpe chiodate”.
In quindici anni hai vinto una cinquantina di titoli italiani master e otto medaglie internazionali: a quale è legato il ricordo più bello?
“Probabilmente ai due ori nelle staffette agli Europei di Lubiana, nel 2008, per le belle sensazioni che ho provato in gara dopo aver superato un lungo periodo di
crisi. Il risultato della gara è come se rappresentasse il metro del mio stato psicofisico: quando sto bene e quando tutto gira per il meglio, come quest'anno quando l'equazione 'allenamento=risultato' ha funzionato, provo una sensazione impagabile”.
Quando ti chiedono perché continui a praticare l'atletica leggera, cosa rispondi?
“Perché mi fa star bene e mi regala delle belle soddisfazioni. Per me l'atletica rappresenta l'opportunità di confrontarmi principalmente con me stessa, più che con le avversarie. E' uno sport che mi ha insegnato a non mollare mai, a superare le difficoltà, ad andare oltre. E questo è in linea con il mio carattere. Inoltre mi ha dato l'opportunità di conoscere tante persone speciali e mi ha aiutato ad
aprirmi, ad essere meno introversa”.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Vorrei provare a preparare i 400 metri più seriamente. Quest'anno, senza una preparazione specifica, li ho corsi in 1'14”, ad un secondo dal record italiano
di categoria. Per quanto riguarda il mio prossimo importante appuntamento agonistico, avendo rinunciato agli Europei in Ungheria, sto pensando ai Mondiali Master di Sacramento del 2011”.
Queste le migliori prestazioni italiane di categoria detenute da Umbertina Contini nelle seguenti gare individuali:
60 metri indoor 100 metri 200 metri
MF45 -- 12”9 manuale (1998) 27”7 man. (1999)
MF50 -- 13”99 (2000) --
MF55 9”17 (2009) 14”59 (2008) 30”23 (2008)
MF60 9”23 (2010) 14”58 (2010) 30”51 (2010)
Foto: Umbertina Contini - podio dei 200 metri alla fse regionale dei cds di Mestre, con Mazzenga e Giusti (di R. Marchi)
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 10 e 11.
La padovana Umbertina Contini in questa stagione ha già migliorato per sei volte i primati italiani della velocità nella categoria MF60. E per il 2011 ha già in mente un grande traguardo.
Facciamo la conoscenza di una delle velociste di punta dell'atletica master italiana, la padovana Umbertina Contini che, dopo 9 anni con il Cus Torino, dal 2010 è tornata a vestire la maglia di una squadra veneta.
La stagione 2010 non è ancora terminata, ma Umbertina Contini ha già migliorato per ben sei volte i primati italiani della velocità per la categoria MF60. L'ultimo record l'ha registrato durante la fase regionale dei Societari master, correndo i 100 metri in 14”58 con un vento contrario di 0.8. Anche i non esperti potranno sicuramente cogliere il valore di questa prestazione ottenuta a 60 anni. La portacolori dell'Atletica Città di Padova è riuscita addirittura a correre più veloce del primato italiano della categoria MF55 da lei stabilito due anni fa.
Di solito molto riservata, sul traguardo al San Giuliano di Mestre non è riuscita a contenere la gioia quando ha visto il riscontro cronometrico sul tabellone. Un entusiasmo meritato.
Umbertina, parlaci un po'di te, della tua vita.
“Sono un'insegnante di educazione fisica in pensione da tre anni, ma non mi annoio di certo. Oltre a praticare l'atletica leggera sono socia del Panathlon, per il quale sono impegnata nella promozione dello sport dei disabili, e sono segretaria della sezione Veterani di Padova con la quale, tra le varie attività, promuoviamo lo sport giovanile. Sono sposata e ho due figli: Alessandra (30 anni) e Daniele (26)”.
Anche tuoi figli praticano l'atletica leggera?
“Alessandra l'ha fatto fino ai 19 anni, correndo prevalentemente i 400. Daniele (Chiffi n.d.r) è tuttora un ottocentista dell'Atletica Città di Padova”.
Una decina di anni fa, in una gara regionale, ti trovasti a correre i 400 metri nella stessa serie di tua figlia: quali furono le tue sensazioni?
“Fu molto emozionante. Non capita a tutti di avere l'opportunità di gareggiare insieme alla propria figlia”.
Hai praticato l'atletica leggera in gioventù?
“Sì, dai 14 ai 19 anni. Ero iscritta al Cus Padova. Avevo un personale di 12”3 nei 100 e 25”5 nei 200. Fui convocata due volte in nazionale juniores e nel 1968 feci parte della 4x100 che stabilì il record italiano. Poi ho frequentato l'Isef a Roma, interrompendo l'attività agonistica per un infortunio”.
Quando hai ripreso l'attività?
“Nel 1995, a 45 anni. Portando in pista i ragazzi della scuola, ho avuto l'opportunità di conoscere il gruppo master dell'Assindustria Padova. Ho ripreso ad allenarmi, commettendo però l'errore di molti ex atleti. Ripresi troppo velocemente, dimenticando che ero stata ferma per oltre 20 anni. Così mi strappai subito il bicipite femorale. Dall'anno successivo iniziò a seguirmi Franco Sommaggio, che è tuttora il mio allenatore”.
Come si allena una velocista di 60 anni come te?
“Vado in pista quattro volte alla settimana, ma uno degli allenamenti lo effettuo correndo solo sull'erba. Inoltre alla domenica non manca mai una corsa sugli argini. Rispetto a dieci anni fa, ho ridotto la quantità e i tempi di recupero tra una prova e l'altra. Impiego in compenso molto più tempo per scaldarmi, soprattutto per lo stretching, e ho ridotto al minimo l'uso delle scarpe chiodate”.
In quindici anni hai vinto una cinquantina di titoli italiani master e otto medaglie internazionali: a quale è legato il ricordo più bello?
“Probabilmente ai due ori nelle staffette agli Europei di Lubiana, nel 2008, per le belle sensazioni che ho provato in gara dopo aver superato un lungo periodo di
crisi. Il risultato della gara è come se rappresentasse il metro del mio stato psicofisico: quando sto bene e quando tutto gira per il meglio, come quest'anno quando l'equazione 'allenamento=risultato' ha funzionato, provo una sensazione impagabile”.
Quando ti chiedono perché continui a praticare l'atletica leggera, cosa rispondi?
“Perché mi fa star bene e mi regala delle belle soddisfazioni. Per me l'atletica rappresenta l'opportunità di confrontarmi principalmente con me stessa, più che con le avversarie. E' uno sport che mi ha insegnato a non mollare mai, a superare le difficoltà, ad andare oltre. E questo è in linea con il mio carattere. Inoltre mi ha dato l'opportunità di conoscere tante persone speciali e mi ha aiutato ad
aprirmi, ad essere meno introversa”.
Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“Vorrei provare a preparare i 400 metri più seriamente. Quest'anno, senza una preparazione specifica, li ho corsi in 1'14”, ad un secondo dal record italiano
di categoria. Per quanto riguarda il mio prossimo importante appuntamento agonistico, avendo rinunciato agli Europei in Ungheria, sto pensando ai Mondiali Master di Sacramento del 2011”.
Queste le migliori prestazioni italiane di categoria detenute da Umbertina Contini nelle seguenti gare individuali:
60 metri indoor 100 metri 200 metri
MF45 -- 12”9 manuale (1998) 27”7 man. (1999)
MF50 -- 13”99 (2000) --
MF55 9”17 (2009) 14”59 (2008) 30”23 (2008)
MF60 9”23 (2010) 14”58 (2010) 30”51 (2010)
Foto: Umbertina Contini - podio dei 200 metri alla fse regionale dei cds di Mestre, con Mazzenga e Giusti (di R. Marchi)
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 10 e 11.
domenica 7 febbraio 2010
Buon compleanno Giovanni!
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Febbraio 2010 - Mondo master
Il 9 febbraio spegnerà 91 candeline. Le sue imprese sportive lo hanno reso famoso, richiamando anche l'interesse dei media. Siamo stati a Vittorio Veneto a trovare Giovanni Vacalebre, campione del mondo master M90 sui 5 km di marcia.
La sua è una personalità forte, dalla quale traspare una grande determinazione ma anche un animo particolarmente sensibile. I suoi occhi brillano quando parla delle sue passioni: la famiglia, l'atletica, le amicizie, i viaggi. In gioventù, con le forzate interruzioni legate al conflitto bellico, Giovanni è stato un marciatore di livello nazionale. I ricordi di quelle gare sono ancora conservati come reliquie dentro uno straordinario album contenente foto e articoli di giornale di quegli anni.
“E' merito di mia madre - racconta - se questo album è arrivato intatto fino ad oggi”. E' facile, sfogliando quelle pagine e ascoltando le sue parole, lasciarsi trascinare indietro nel tempo. “Il mio incontro con la marcia è avvenuto casualmente nel 1935”, spiega. “Ero a Catania, la mia città natale, e sono stato reclutato all'ultimo momento da una società per coprire i 12 km. Ricordo che non avevo le scarpe adatte e arrivai con le piaghe ai piedi. Mi notò Francesco Fontanarosa, un famoso marciatore dell'epoca, che divenne il mio allenatore”.
Il giovane Giovanni si mise in evidenza per la sua volontà, ma non solo. La marcia, in quegli anni, era molto diversa da quella attuale e lo stile era un importante elemento di valutazione: “Vince il premio come miglior stilista Giovanni Vacalebre”, si legge in un ritaglio di giornale. In un altro articolo il patriarca della marcia italiano, Ugo Frigerio, lo definisce “un buon elemento ammirevole per la grande volontà”. A 19 anni si trasferisce al centro sportivo di Trieste, quindi milita in società venete storiche come la Bentegodi Verona, squadra con la quale vinse il titolo italiano, e il Gat Treviso. Sono numerose le foto che lo ritraggono in veste di atleta in quel periodo; in una lo si riconosce a fianco del mitico Adolfo Consolini.Nel dopoguerra, intraprende la carriera nell'esercito, continuando a praticare la marcia e disputando la sua ultima gara nel 1953. Nei successivi 55 anni la sua vita scorre esclusivamente tra lavoro e famiglia. Nel 2008 Giovanni è uno stimato maresciallo in pensione e le competizioni sono solo un ricordo lontano che
riaffiora di tanto in tanto sfogliando il prezioso album. In un angolino del suo animo è però sempre rimasto, come una “bronsa cuerta”, lo spirito dell'agonista; così, quando casualmente si imbatte in un articolo di giornale che parla dei Mondiali Master di Riccione e nel quale viene citato (tra i medagliati) anche Carlo Bomba, la scintilla torna improvvisamente a riaccendersi. “Carlo lo conosco, gareggiava con me; ricordo che lo battevo…”, pensa. “Se c'è riuscito lui, perché non provare anch'io?”. Ecco che così, ottantanovenne, Giovanni decide di tornare alle competizioni. Nel suo progetto viene supportato dalla palestra che frequenta da diversi anni, la Bodadilla di Vittorio Veneto, dove tutti, a partire da Renzo, il titolare, sono suoi grandi sostenitori.
La moglie Giuseppina, la figlia Paola Alessandra e il nipote sono i suoi primi tifosi. Si tessera con la Bodadilla Sport e debutta agli italiani master di Bressanone, giungendo secondo tra gli M85. “E' stata un'esperienza bellissima”, ricorda. “Era come se il tempo non fosse passato. Ero di nuovo in gara. Unica differenza, il riscontro cronometrico: ho impiegato 44 minuti, contro i 25 che mi bastavano in gioventù per marciare sui 5 km. Ritrovare tanti amici di un tempo come Ottavio Missioni, ma anche incontrarne molti di nuovi... E' stata una vera festa”.
La scoperta del mondo master gli schiude nuove prospettive, per le quali trova energie inaspettate. Nel 2009, da M90, vince i campionati italiani di Cattolica e organizza la trasferta in Finlandia per partecipare ai Mondiali di Lathi. Ci va in camper con la moglie e il fratello settantacinquenne. Per arrivare impiega più di tre giorni, attraversando cinque nazioni. Lo entusiasma la splendida atmosfera che si respira in una manifestazione internazionale master. La conoscenza dell'inglese, acquisita durante la guerra con i suoi tre anni di prigionia in Arizona, gli permette di conoscere tanti sportivi da tutto il mondo. In gara si ritrova ad inseguire il beniamino di casa, il finlandese Onni Huotari: a due giri all'arrivo lo supera, ma prima lo abbraccia e lo incita, perché la sportività per lui è un valore irrinunciabile.
Taglia il traguardo al primo posto, diventa campione mondiale ed esterna in un pianto irrefrenabile la sua gioia e commozione. Rientra in Italia da vero e proprio personaggio. Tutti lo vogliono intervistare; partecipa come ospite anche ad una trasmissione di Canale 5: “Ma non è stata un'esperienza del tutto positiva”, confida. “Alla fine non mi hanno chiesto nulla sua mia attività sportiva”. Noi invece ci teniamo eccome a conoscere il Giovanni “atleta”, così gli chiediamo subito com'è strutturato il suo programma di allenamento. “Mi alleno presso la palestra per tre mattine alla settimana. Inizio con 20 minuti di tapis roulant, per proseguire con 10 minuti di byke, 15' di rotex e 15' di recline”, spiega con meticolosità. “Il tutto intervallato da esercizi di stretching. Alla fine mi aspetta il bagno turco e un bell'idromassaggio. Dal mese di marzo inizierò la preparazione specifica con la marcia all'aperto”. Nel suo mirino per il 2010 ci sono i Campionati Italiani e gli Europei di Nyíregyháza. “Poi vedremo. Tutto può succedere alla mia età”. Giovanni un sogno ce l'ha, ed è quello di volare oltreoceano, il prossimo anno, per difendere il titolo iridato ai Mondiali di Sacramento. Noi gli auguriamo con tutto il cuore di realizzarlo.
Foto: Vacalebre a Lathi con la bandiera e sul podio (Famiglia Vacalebre); Primo piano di Vacalebre davanti alla palestra Bodadilla (di R. Marchi)
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 8 e 9.
Il 9 febbraio spegnerà 91 candeline. Le sue imprese sportive lo hanno reso famoso, richiamando anche l'interesse dei media. Siamo stati a Vittorio Veneto a trovare Giovanni Vacalebre, campione del mondo master M90 sui 5 km di marcia.
La sua è una personalità forte, dalla quale traspare una grande determinazione ma anche un animo particolarmente sensibile. I suoi occhi brillano quando parla delle sue passioni: la famiglia, l'atletica, le amicizie, i viaggi. In gioventù, con le forzate interruzioni legate al conflitto bellico, Giovanni è stato un marciatore di livello nazionale. I ricordi di quelle gare sono ancora conservati come reliquie dentro uno straordinario album contenente foto e articoli di giornale di quegli anni.
“E' merito di mia madre - racconta - se questo album è arrivato intatto fino ad oggi”. E' facile, sfogliando quelle pagine e ascoltando le sue parole, lasciarsi trascinare indietro nel tempo. “Il mio incontro con la marcia è avvenuto casualmente nel 1935”, spiega. “Ero a Catania, la mia città natale, e sono stato reclutato all'ultimo momento da una società per coprire i 12 km. Ricordo che non avevo le scarpe adatte e arrivai con le piaghe ai piedi. Mi notò Francesco Fontanarosa, un famoso marciatore dell'epoca, che divenne il mio allenatore”.
Il giovane Giovanni si mise in evidenza per la sua volontà, ma non solo. La marcia, in quegli anni, era molto diversa da quella attuale e lo stile era un importante elemento di valutazione: “Vince il premio come miglior stilista Giovanni Vacalebre”, si legge in un ritaglio di giornale. In un altro articolo il patriarca della marcia italiano, Ugo Frigerio, lo definisce “un buon elemento ammirevole per la grande volontà”. A 19 anni si trasferisce al centro sportivo di Trieste, quindi milita in società venete storiche come la Bentegodi Verona, squadra con la quale vinse il titolo italiano, e il Gat Treviso. Sono numerose le foto che lo ritraggono in veste di atleta in quel periodo; in una lo si riconosce a fianco del mitico Adolfo Consolini.Nel dopoguerra, intraprende la carriera nell'esercito, continuando a praticare la marcia e disputando la sua ultima gara nel 1953. Nei successivi 55 anni la sua vita scorre esclusivamente tra lavoro e famiglia. Nel 2008 Giovanni è uno stimato maresciallo in pensione e le competizioni sono solo un ricordo lontano che
riaffiora di tanto in tanto sfogliando il prezioso album. In un angolino del suo animo è però sempre rimasto, come una “bronsa cuerta”, lo spirito dell'agonista; così, quando casualmente si imbatte in un articolo di giornale che parla dei Mondiali Master di Riccione e nel quale viene citato (tra i medagliati) anche Carlo Bomba, la scintilla torna improvvisamente a riaccendersi. “Carlo lo conosco, gareggiava con me; ricordo che lo battevo…”, pensa. “Se c'è riuscito lui, perché non provare anch'io?”. Ecco che così, ottantanovenne, Giovanni decide di tornare alle competizioni. Nel suo progetto viene supportato dalla palestra che frequenta da diversi anni, la Bodadilla di Vittorio Veneto, dove tutti, a partire da Renzo, il titolare, sono suoi grandi sostenitori.
La moglie Giuseppina, la figlia Paola Alessandra e il nipote sono i suoi primi tifosi. Si tessera con la Bodadilla Sport e debutta agli italiani master di Bressanone, giungendo secondo tra gli M85. “E' stata un'esperienza bellissima”, ricorda. “Era come se il tempo non fosse passato. Ero di nuovo in gara. Unica differenza, il riscontro cronometrico: ho impiegato 44 minuti, contro i 25 che mi bastavano in gioventù per marciare sui 5 km. Ritrovare tanti amici di un tempo come Ottavio Missioni, ma anche incontrarne molti di nuovi... E' stata una vera festa”.
La scoperta del mondo master gli schiude nuove prospettive, per le quali trova energie inaspettate. Nel 2009, da M90, vince i campionati italiani di Cattolica e organizza la trasferta in Finlandia per partecipare ai Mondiali di Lathi. Ci va in camper con la moglie e il fratello settantacinquenne. Per arrivare impiega più di tre giorni, attraversando cinque nazioni. Lo entusiasma la splendida atmosfera che si respira in una manifestazione internazionale master. La conoscenza dell'inglese, acquisita durante la guerra con i suoi tre anni di prigionia in Arizona, gli permette di conoscere tanti sportivi da tutto il mondo. In gara si ritrova ad inseguire il beniamino di casa, il finlandese Onni Huotari: a due giri all'arrivo lo supera, ma prima lo abbraccia e lo incita, perché la sportività per lui è un valore irrinunciabile.
Taglia il traguardo al primo posto, diventa campione mondiale ed esterna in un pianto irrefrenabile la sua gioia e commozione. Rientra in Italia da vero e proprio personaggio. Tutti lo vogliono intervistare; partecipa come ospite anche ad una trasmissione di Canale 5: “Ma non è stata un'esperienza del tutto positiva”, confida. “Alla fine non mi hanno chiesto nulla sua mia attività sportiva”. Noi invece ci teniamo eccome a conoscere il Giovanni “atleta”, così gli chiediamo subito com'è strutturato il suo programma di allenamento. “Mi alleno presso la palestra per tre mattine alla settimana. Inizio con 20 minuti di tapis roulant, per proseguire con 10 minuti di byke, 15' di rotex e 15' di recline”, spiega con meticolosità. “Il tutto intervallato da esercizi di stretching. Alla fine mi aspetta il bagno turco e un bell'idromassaggio. Dal mese di marzo inizierò la preparazione specifica con la marcia all'aperto”. Nel suo mirino per il 2010 ci sono i Campionati Italiani e gli Europei di Nyíregyháza. “Poi vedremo. Tutto può succedere alla mia età”. Giovanni un sogno ce l'ha, ed è quello di volare oltreoceano, il prossimo anno, per difendere il titolo iridato ai Mondiali di Sacramento. Noi gli auguriamo con tutto il cuore di realizzarlo.
Foto: Vacalebre a Lathi con la bandiera e sul podio (Famiglia Vacalebre); Primo piano di Vacalebre davanti alla palestra Bodadilla (di R. Marchi)
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 8 e 9.
martedì 10 novembre 2009
Nadia vince ancora
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Novembre 2009 - Mondo master
NADIA VINCE ANCORA
La Dandolo è stata una delle più grandi mezzofondiste azzurre, poi si è trovata a lottare con la peggiore avversaria che potesse capitarle: la malattia. Ecco come l'atletica la sta aiutando ad uscire dal tunnel.
Ne è passato di tempo da quando Nadia Dandolo, studentessa delle scuole medie di Sant'Eufemia di Borgoricco, salì alla ribalta nazionale vincendo la finale dei Giochi della Gioventù di corsa campestre. In questo lungo periodo sono successe molte cose. Quella ragazzina è ora diventata una donna di quarantasette anni, ma una cosa non è cambiata in tutti questi anni: il suo grande amore per la corsa, che per lei rappresenta una importante fonte di energia, quella che l'ha aiutata a superare
anche i momenti più dolorosi e difficili. “Amo correre - ci spiega - perché è un momento mio, in cui ritrovo me stessa: è una forma di meditazione”.
Nadia ha vestito la prima maglia azzurra da juniores nel 1979 e da allora è stata convocata in nazionale una ventina di volte. Tra i suoi risultati più prestigiosi, la medaglia d'argento a squadre ai mondiali di Cross del 1982 a Roma; i due primati italiani assoluti siglati nel 1990 (5.000 in 15'11”64 e 10.000 metri in 32”02'37) e la medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo ad Atene 1991 nei 3.000 metri. Per due volte ha sfiorato la partecipazione alle Olimpiadi (Los Angeles 1984 e Barcellona 1992), perse all'ultimo momento per problemi ai tendini, ai quali è stata operata ben quattro volte. Ma Nadia non ha mai mollato e dopo ogni riabilitazione è sempre tornata a correre.
Ha fatto parte per cinque anni del gruppo sportivo della Forestale, dal quale è uscita nel 1998 per continuare l'attività con club civili, prima la Camelot e poi l'ASI Veneto con la quale è tuttora tesserata.
Nel 2005 si è trovata ad affrontare l'avversario più difficile: un tumore al seno e la lunga sequela di chemioterapie e interventi ad esso connessi. L'ultimo, nel marzo di quest'anno, il prossimo tra meno di un mese. Il calvario non è ancora finito. Eppure Nadia ha sempre cercato di trovare l'energia per correre anche durante questi anni difficili. Ma come ha fatto? “Non lo so - risponde -, so solo che correre mi fa star bene, mi regala gioia e i medici non me l'hanno impedito”. Nadia ora lavora come guardia forestale presso la stazione di Padova, che effettua il controllo sul territorio. Si allena al campo sportivo di Noale in compagnia di Arianna Morosin e seguendo i consigli di Lionello Bettin.
L'incontro con il mondo “over35” è avvenuto nel 2008, l'anno in cui si è costituito il gruppo master all'ASI Veneto. Fu solo allora che scoprì di detenere il primato italiano MF40 dei 3000 metri (9'28”8 stabilito nel 2002). Si iscrisse a tutte le principali competizioni master, ma dovette sempre rinunciare per i suoi problemi di salute. “Ma per me erano importanti obiettivi a cui puntare per guardare avanti, sempre”, confida.
Quest'anno, finalmente, ce l'ha fatta. Dopo cinque anni, è tornata alle competizioni su pista e in agosto è volata in Finlandia, dove si è aggiudicata la medaglia d'argento sui 5.000 metri W45 a suon di primato italiano di categoria (17'23”08).
Poi è toccato alla finale dei Campionati di Società Master su pista a settembre, al Ridolfi di Firenze, dove ha stabilito la miglior prestazione italiana MF45 sui 3.000 metri (10'05”90) e corso in 1.500 metri in 4'47”72. Risultati che hanno contribuito alla conquista del primo scudetto master per l'Atletica ASI Veneto.
“Del mondo master adoro soprattutto l'atmosfera che si respira, il modo in cui la competizione viene vissuta. Ci sono atleti che vogliono come prima cosa mettersi a confronto con se stessi, per il piacere di farlo”, racconta.
A Firenze ha corso nelle serie più lente, non avendo un tempo di accredito, ma non si è fatta problemi e con grande determinazione ha impostato il suo ritmo. Per gli spettatori presenti al “Ridolfi” è stato uno spettacolo vederla correre, come lo fu nel 1991, quando vinse i 3.000 metri ai campionati italiani assoluti al “Delle Alpi” di Torino in una caparbia galoppata solitaria che fermò il cronometro sul tempo di 8'48”21. Sono passati 18 anni, ma l'eleganza della sua falcata non è cambiata, così come la sua voglia di correre. In più ora Nadia, con la sua grande forza e determinazione, è diventata per molti un bellissimo esempio di come la vita possa essere vissuta intensamente. Nonostante tutto.
Foto: Nadia alla finale dei Cds Master di Firenze - per gentile concessione di Michelangelo Bellantoni; Nadia sul podio ai mondiali master di Lathi - per gentile concessione di Domenico Furia
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 16 e 17.
NADIA VINCE ANCORA
La Dandolo è stata una delle più grandi mezzofondiste azzurre, poi si è trovata a lottare con la peggiore avversaria che potesse capitarle: la malattia. Ecco come l'atletica la sta aiutando ad uscire dal tunnel.
Ne è passato di tempo da quando Nadia Dandolo, studentessa delle scuole medie di Sant'Eufemia di Borgoricco, salì alla ribalta nazionale vincendo la finale dei Giochi della Gioventù di corsa campestre. In questo lungo periodo sono successe molte cose. Quella ragazzina è ora diventata una donna di quarantasette anni, ma una cosa non è cambiata in tutti questi anni: il suo grande amore per la corsa, che per lei rappresenta una importante fonte di energia, quella che l'ha aiutata a superare
anche i momenti più dolorosi e difficili. “Amo correre - ci spiega - perché è un momento mio, in cui ritrovo me stessa: è una forma di meditazione”.
Nadia ha vestito la prima maglia azzurra da juniores nel 1979 e da allora è stata convocata in nazionale una ventina di volte. Tra i suoi risultati più prestigiosi, la medaglia d'argento a squadre ai mondiali di Cross del 1982 a Roma; i due primati italiani assoluti siglati nel 1990 (5.000 in 15'11”64 e 10.000 metri in 32”02'37) e la medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo ad Atene 1991 nei 3.000 metri. Per due volte ha sfiorato la partecipazione alle Olimpiadi (Los Angeles 1984 e Barcellona 1992), perse all'ultimo momento per problemi ai tendini, ai quali è stata operata ben quattro volte. Ma Nadia non ha mai mollato e dopo ogni riabilitazione è sempre tornata a correre.
Ha fatto parte per cinque anni del gruppo sportivo della Forestale, dal quale è uscita nel 1998 per continuare l'attività con club civili, prima la Camelot e poi l'ASI Veneto con la quale è tuttora tesserata.
Nel 2005 si è trovata ad affrontare l'avversario più difficile: un tumore al seno e la lunga sequela di chemioterapie e interventi ad esso connessi. L'ultimo, nel marzo di quest'anno, il prossimo tra meno di un mese. Il calvario non è ancora finito. Eppure Nadia ha sempre cercato di trovare l'energia per correre anche durante questi anni difficili. Ma come ha fatto? “Non lo so - risponde -, so solo che correre mi fa star bene, mi regala gioia e i medici non me l'hanno impedito”. Nadia ora lavora come guardia forestale presso la stazione di Padova, che effettua il controllo sul territorio. Si allena al campo sportivo di Noale in compagnia di Arianna Morosin e seguendo i consigli di Lionello Bettin.
L'incontro con il mondo “over35” è avvenuto nel 2008, l'anno in cui si è costituito il gruppo master all'ASI Veneto. Fu solo allora che scoprì di detenere il primato italiano MF40 dei 3000 metri (9'28”8 stabilito nel 2002). Si iscrisse a tutte le principali competizioni master, ma dovette sempre rinunciare per i suoi problemi di salute. “Ma per me erano importanti obiettivi a cui puntare per guardare avanti, sempre”, confida.
Quest'anno, finalmente, ce l'ha fatta. Dopo cinque anni, è tornata alle competizioni su pista e in agosto è volata in Finlandia, dove si è aggiudicata la medaglia d'argento sui 5.000 metri W45 a suon di primato italiano di categoria (17'23”08).
Poi è toccato alla finale dei Campionati di Società Master su pista a settembre, al Ridolfi di Firenze, dove ha stabilito la miglior prestazione italiana MF45 sui 3.000 metri (10'05”90) e corso in 1.500 metri in 4'47”72. Risultati che hanno contribuito alla conquista del primo scudetto master per l'Atletica ASI Veneto.
“Del mondo master adoro soprattutto l'atmosfera che si respira, il modo in cui la competizione viene vissuta. Ci sono atleti che vogliono come prima cosa mettersi a confronto con se stessi, per il piacere di farlo”, racconta.
A Firenze ha corso nelle serie più lente, non avendo un tempo di accredito, ma non si è fatta problemi e con grande determinazione ha impostato il suo ritmo. Per gli spettatori presenti al “Ridolfi” è stato uno spettacolo vederla correre, come lo fu nel 1991, quando vinse i 3.000 metri ai campionati italiani assoluti al “Delle Alpi” di Torino in una caparbia galoppata solitaria che fermò il cronometro sul tempo di 8'48”21. Sono passati 18 anni, ma l'eleganza della sua falcata non è cambiata, così come la sua voglia di correre. In più ora Nadia, con la sua grande forza e determinazione, è diventata per molti un bellissimo esempio di come la vita possa essere vissuta intensamente. Nonostante tutto.
Foto: Nadia alla finale dei Cds Master di Firenze - per gentile concessione di Michelangelo Bellantoni; Nadia sul podio ai mondiali master di Lathi - per gentile concessione di Domenico Furia
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 16 e 17.
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Atletica Veneta Comunicati,
Ritratti - Nadia Dandolo
martedì 1 settembre 2009
Michela Ipino: Maratona, che passione
Articolo pubblicato su Atletica Veneta Comunicati - Settembre 2009 - Mondo master
A quarant'anni la bassanese Michela Ipino si è scoperta protagonista ai Mondiali di Lathi, dove ha conquistato un argento individuale e un bronzo a squadre.
A Michela Ipino è sempre piaciuto correre, ma solo negli ultimi tre anni ha iniziato ad allenarsi con criterio e a raccogliere belle soddisfazioni anche dal punto di vista dei risultati. Nel 2009, all'età di 40 anni, è riuscita a scendere sotto le 3 ore nella maratona (2h55'04” a Treviso), a laurearsi vice campionessa mondiale nella maratona W40 a Lathi, in Finlandia, e ad aggiudicarsi la medaglia di bronzo a squadre.
Sposata con Emanuele, madre di 2 figli - Aurora di 10 anni e Massimiliano di 13 - Michela gestisce con il fratello Stefano il negozio di articoli sportivi che è anche lo sponsor della sua squadra: l'Atletica Bassano Running Store. “Non è facile conciliare lavoro e famiglia con gli allenamenti - racconta -, ma la passione per la corsa è così grande che mi programmo per trovare lo spazio. Correre mi diverte e mi dà la forza per affrontare le quotidiane difficoltà”. Michela si allena nella pausa pranzo, quando il negozio chiude, insieme al fratello Stefano (che a Lathi è giunto terzo nella maratona M35 e secondo nella classifica a squadre) e a Pietro Balbo, il suo allenatore (anch'egli medagliato ai Mondiali con il bronzo nella classifica a squadre M50). “Nei periodi di carico mi alleno anche al mattino presto - spiega -, ma la sera è sempre dedicata alla famiglia”. L'idea di prendere parte alla manifestazione iridata master è nata quasi per caso: “Siamo un gruppo affiatato e abbiamo deciso di metterci in gioco con la trasferta finlandese”. Per l'Atletica Bassano Running Store si è trattata della prima partecipazione a un campionato internazionale e i risultati sono stati eccezionali: il gruppo vicentino formato da 9 atleti (tra cui l'altro fratello Alessandro e il marito Emanuele) ha conquistato un totale di 7 medaglie.
“E' stata una esperienza bellissima - racconta Michela -, diversamente dalle altre maratone, rappresentare l'Italia è qualcosa di importante e te ne rendi conto quando ti incitano urlando “forza Italia”. Peccato che queste manifestazioni non siano molto pubblicizzate”.
Michela, quotidianamente a contatto con persone appassionate di atletica, sta cercando di trasmettere il suo entusiasmo anche ad altri atleti over 35. “Stiamo già pensando agli Europei master del prossimo anno in Ungheria. Il 24 luglio c'è la maratona...”, ci confida con un sorriso.
Foto: Michela Ipino con le medaglie di Lathi (Archivio Bassano Running Store).
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 13.
A quarant'anni la bassanese Michela Ipino si è scoperta protagonista ai Mondiali di Lathi, dove ha conquistato un argento individuale e un bronzo a squadre.
A Michela Ipino è sempre piaciuto correre, ma solo negli ultimi tre anni ha iniziato ad allenarsi con criterio e a raccogliere belle soddisfazioni anche dal punto di vista dei risultati. Nel 2009, all'età di 40 anni, è riuscita a scendere sotto le 3 ore nella maratona (2h55'04” a Treviso), a laurearsi vice campionessa mondiale nella maratona W40 a Lathi, in Finlandia, e ad aggiudicarsi la medaglia di bronzo a squadre.
Sposata con Emanuele, madre di 2 figli - Aurora di 10 anni e Massimiliano di 13 - Michela gestisce con il fratello Stefano il negozio di articoli sportivi che è anche lo sponsor della sua squadra: l'Atletica Bassano Running Store. “Non è facile conciliare lavoro e famiglia con gli allenamenti - racconta -, ma la passione per la corsa è così grande che mi programmo per trovare lo spazio. Correre mi diverte e mi dà la forza per affrontare le quotidiane difficoltà”. Michela si allena nella pausa pranzo, quando il negozio chiude, insieme al fratello Stefano (che a Lathi è giunto terzo nella maratona M35 e secondo nella classifica a squadre) e a Pietro Balbo, il suo allenatore (anch'egli medagliato ai Mondiali con il bronzo nella classifica a squadre M50). “Nei periodi di carico mi alleno anche al mattino presto - spiega -, ma la sera è sempre dedicata alla famiglia”. L'idea di prendere parte alla manifestazione iridata master è nata quasi per caso: “Siamo un gruppo affiatato e abbiamo deciso di metterci in gioco con la trasferta finlandese”. Per l'Atletica Bassano Running Store si è trattata della prima partecipazione a un campionato internazionale e i risultati sono stati eccezionali: il gruppo vicentino formato da 9 atleti (tra cui l'altro fratello Alessandro e il marito Emanuele) ha conquistato un totale di 7 medaglie.
“E' stata una esperienza bellissima - racconta Michela -, diversamente dalle altre maratone, rappresentare l'Italia è qualcosa di importante e te ne rendi conto quando ti incitano urlando “forza Italia”. Peccato che queste manifestazioni non siano molto pubblicizzate”.
Michela, quotidianamente a contatto con persone appassionate di atletica, sta cercando di trasmettere il suo entusiasmo anche ad altri atleti over 35. “Stiamo già pensando agli Europei master del prossimo anno in Ungheria. Il 24 luglio c'è la maratona...”, ci confida con un sorriso.
Foto: Michela Ipino con le medaglie di Lathi (Archivio Bassano Running Store).
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 13.
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Ritratti - Michela Ipino
Manuela Levorato - Il ritorno di Manu
Atletica Veneta Comunicati - Settembre 2009
L'intervista
IL RITORNO DI MANU
Sua figlia Giulia ha appena compiuto un anno: Manuela Levorato è già tornata in pista e fissa gli appuntamenti per il 2010. Obiettivo: gli Europei di Barcellona
Manuela, come riesci a conciliare il ruolo di mamma con quello di atleta?
“E' un bell'impegno. Lo posso fare solo perché posso contare sull'aiuto di tante persone, in primis mia madre. Ma qualunque donna per conciliare un'attività lavorativa con la gestione dei figli ha bisogno di aiuto”.
Come inizia la tua giornata?
“Col risveglio di Giulia. E' lei che decide quando è ora di alzarsi e, a quel punto, mi alzo anche io. La cambio, le do da mangiare e poi faccio colazione. Quando arriva la nonna scappo in palestra per l'allenamento mattutino”.
E come prosegue?
“Torno a casa per pranzo. Gioco con la bambina e poi ci riposiamo un po'. Nel secondo pomeriggio, mentre il papà accudisce Giulia, vado ad allenarmi in pista, a Dolo o a Mestre, sotto la guida di Mario Del Giudice. Vado dal massaggiatore per il defaticamento, poi torno per il bagnetto della piccola e la cena. La sera termina con la lettura della favola della buona notte…”.
La maternità ha cambiato il tuo modo di vivere l'atletica?
“L'atletica ad alto livello richiede tanto lavoro e tanta concentrazione: questo non è cambiato. Sono però cambiate le priorità: ora Giulia viene al primo posto e a volte è difficile staccare, come invece è necessario, per rendere al massimo in allenamento. Ma ora che la piccola ha un anno riesco a farlo meglio. Però non vivo l'atletica come un peso o un dovere; la passione c'è sempre. Il fatto di avere una figlia forse mi ha regalato più sicurezza; mi rendo conto di riuscire a ridimensionare i problemi e ad affrontare meglio le difficoltà”.
Come è maturata la scelta di tornare quest'anno ad allenarti con il tuo primo tecnico, Mario Del Giudice?
“Con la consapevolezza che lui mi conosce bene e che lo considero come un secondo padre. Mario come allenatore sa essere molto duro, ma è anche molto protettivo, e questo per me è importante. Mi rimangono tre stagioni prima delle Olimpiadi di Londra e voglio provare ad ottenere buoni risultati. Con l'esperienza maturata fino ad ora sono convinta che questa sia la scelta migliore”.
Come ti trovi ad allenarti in compagnia di Fabé Dia?
“Fabé è perfetta come compagna di allenamento. Mi è stata di grande aiuto al rientro dopo la maternità. Abbiamo la stessa età ma caratteristiche caratteriali diverse; in qualche modo ci compensiamo”.
Quali sono i tuoi hobby?
“Mi piace leggere. Sono abbonata a 10 riviste dei generi più svariati: dalla scienza alla puericultura. Come scrittore adoro Giorgio Faletti. Ora sto leggendo il suo ultimo libro”.
Cosa non sopporti degli altri?
“La maleducazione e la falsità”.
Cosa non sopporti di te stessa?
“Il fatto di essere permalosa e puntigliosa”.
Tornando alla tua lunga carriera atletica, qual è stato il momento più bello che hai vissuto e quale quello più difficile?
“Il più bello è stata sicuramentela partecipazione agli Europei under 23 di Goteborg, con le due vittorie e i due primati italiani. Avevo 21 anni e tantissimo entusiasmo. Il più brutto quello legato alla partecipazione delle Olimpiadi
di Sidney. Stavo bene, c'erano molte aspettative su di me, ma una settimana prima mi sono infortunata al piede. Ho sperato fino all'ultimo di riuscire a partecipare, ma quando ormai ero all'interno della Call Room ho dovuto rinunciare. Mi sembra ancora di rivivere un incubo, quando ripenso al momento in cui, ferma e in lacrime, vedevo le altre atlete entrare nel tunnel che le portava in pista. Anche se, forse, quello che mi ha fatto più soffrire sono state le malelingue che hanno speculato sul mio infortunio”.
Se potessi tornare indietro nel tempo cambieresti qualcosa?
“Forse nell'ambito degli allenamenti cercherei una migliore gestione delle mie energie. Ho sempre dato il massimo e a volte mi sono spremuta troppo, non prestando la giusta attenzione ai tempi di recupero e alla rigenerazione fisica”.
I tuoi prossimi obiettivi in pista?
“Dopo il meeting internazionale di Padova, ho intenzione di partecipare ad altre gare. Quello che mi manca di più adesso è la confidenza con le competizioni; me ne sono resa conto agli Assoluti di Milano, quando mi è mancata la giusta concentrazione. Ma dopo la maternità, questo è stato un anno di rodaggio. Per il 2010 punto a ottenere dei buoni risultati sui 60 metri indoor, mentre per la stagione all'aperto l'obiettivo sono i Campionati Europei di Barcellona”.
I tuoi sogni nel cassetto?
“Regalare dei fratellini a Giulia. Dal punto di vista sportivo, invece, riuscire a migliorare ancora un record italiano”.
Come ti vedi nel futuro, al termine della carriera agonistica?
“Non mi dispiacerebbe rimanere all'interno dell'Aeronautica. In alternativa mi vedrei bene come organizzatrice di eventi sportivi”.
Gare master?
“L'agonismo è parte di me, mi piace molto. Non escludo che un domani, fisico permettendo, possa partecipare anche a qualche gara master”.
CHI È
Manuela Levorato è nata il 16 marzo 1977 a Dolo, in provincia di Venezia. Ha iniziato a fare atletica a 17 anni, sotto la guida del tecnico Mario del Giudice. Dopo pochi mesi di attività si è aggiudicata il titolo italiano allieve sui 100 metri. Da juniores è stata finalista agli Europei di Nyiregyhaza nel '95 e ai Mondiali di Sydney '96. Agli Europei under 23 di Goteborg, nel 1999, ha vinto due medaglie d'oro, sui 100 e 200 metri. Nel 2002 si è aggiudicata due medaglie di bronzo agli Europei assoluti di Monaco. Nel 2007 ha fatto parte del quartetto azzurro che ha vinto la 4x100 in coppa Europa. A livello assoluto detiene i primati italiani sui 100 (11”14-2001) e 200 metri (22”60-1999) e le migliori prestazioni italiane dei 150 (17”28-2003) e 300 metri (36”30-2000). Suoi sono anche le migliori prestazioni italiane promesse sui 100 (11”20-1999) e 200 metri (22”60-1999). Al coperto detiene il primato italiano assoluto sui 200 (23”14-2003) e la migliore prestazione italiana assoluta sui 55 metri (6”83-2002), oltre alla migliore prestazione italiana promesse sui 60 metri (7”20-1999). Ha vinto 13 titoli italiani assoluti (9 indoor e 4 outdoor) e vanta 30 presenze in nazionale. Nel 2007 è entrata a far parte del gruppo sportivo dell'Aeronautica Militare. Il 29 agosto 2008 è diventata mamma di Giulia. Vive a Sambruson di Dolo e dal 2009 è tornata ad allenarsi con Mario del Giudice, che è stato il suo primo tecnico. Il 23 luglio a Nembro è tornata sui blocchi di partenza fermando il cronometro a 11”68 sui 100 metri. Su questa distanza ai Campionati Italiani assoluti di Milano si è classificata al quarto posto. Domenica ha corso i 100 al meeting di Padova in 11”65, primato stagionale.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui] . L'articolo è a pagina 7 e 8.
FOTO: 1) Manuela Levorato, 2) Manuela Levorato con Mario del Giudice - archivio Mario Del Giudice
L'intervista
IL RITORNO DI MANU
Sua figlia Giulia ha appena compiuto un anno: Manuela Levorato è già tornata in pista e fissa gli appuntamenti per il 2010. Obiettivo: gli Europei di Barcellona
Manuela, come riesci a conciliare il ruolo di mamma con quello di atleta?
“E' un bell'impegno. Lo posso fare solo perché posso contare sull'aiuto di tante persone, in primis mia madre. Ma qualunque donna per conciliare un'attività lavorativa con la gestione dei figli ha bisogno di aiuto”.
Come inizia la tua giornata?
“Col risveglio di Giulia. E' lei che decide quando è ora di alzarsi e, a quel punto, mi alzo anche io. La cambio, le do da mangiare e poi faccio colazione. Quando arriva la nonna scappo in palestra per l'allenamento mattutino”.
E come prosegue?
“Torno a casa per pranzo. Gioco con la bambina e poi ci riposiamo un po'. Nel secondo pomeriggio, mentre il papà accudisce Giulia, vado ad allenarmi in pista, a Dolo o a Mestre, sotto la guida di Mario Del Giudice. Vado dal massaggiatore per il defaticamento, poi torno per il bagnetto della piccola e la cena. La sera termina con la lettura della favola della buona notte…”.
La maternità ha cambiato il tuo modo di vivere l'atletica?
“L'atletica ad alto livello richiede tanto lavoro e tanta concentrazione: questo non è cambiato. Sono però cambiate le priorità: ora Giulia viene al primo posto e a volte è difficile staccare, come invece è necessario, per rendere al massimo in allenamento. Ma ora che la piccola ha un anno riesco a farlo meglio. Però non vivo l'atletica come un peso o un dovere; la passione c'è sempre. Il fatto di avere una figlia forse mi ha regalato più sicurezza; mi rendo conto di riuscire a ridimensionare i problemi e ad affrontare meglio le difficoltà”.
Come è maturata la scelta di tornare quest'anno ad allenarti con il tuo primo tecnico, Mario Del Giudice?
“Con la consapevolezza che lui mi conosce bene e che lo considero come un secondo padre. Mario come allenatore sa essere molto duro, ma è anche molto protettivo, e questo per me è importante. Mi rimangono tre stagioni prima delle Olimpiadi di Londra e voglio provare ad ottenere buoni risultati. Con l'esperienza maturata fino ad ora sono convinta che questa sia la scelta migliore”.
Come ti trovi ad allenarti in compagnia di Fabé Dia?
“Fabé è perfetta come compagna di allenamento. Mi è stata di grande aiuto al rientro dopo la maternità. Abbiamo la stessa età ma caratteristiche caratteriali diverse; in qualche modo ci compensiamo”.
Quali sono i tuoi hobby?
“Mi piace leggere. Sono abbonata a 10 riviste dei generi più svariati: dalla scienza alla puericultura. Come scrittore adoro Giorgio Faletti. Ora sto leggendo il suo ultimo libro”.
Cosa non sopporti degli altri?
“La maleducazione e la falsità”.
Cosa non sopporti di te stessa?
“Il fatto di essere permalosa e puntigliosa”.
Tornando alla tua lunga carriera atletica, qual è stato il momento più bello che hai vissuto e quale quello più difficile?
“Il più bello è stata sicuramentela partecipazione agli Europei under 23 di Goteborg, con le due vittorie e i due primati italiani. Avevo 21 anni e tantissimo entusiasmo. Il più brutto quello legato alla partecipazione delle Olimpiadi
di Sidney. Stavo bene, c'erano molte aspettative su di me, ma una settimana prima mi sono infortunata al piede. Ho sperato fino all'ultimo di riuscire a partecipare, ma quando ormai ero all'interno della Call Room ho dovuto rinunciare. Mi sembra ancora di rivivere un incubo, quando ripenso al momento in cui, ferma e in lacrime, vedevo le altre atlete entrare nel tunnel che le portava in pista. Anche se, forse, quello che mi ha fatto più soffrire sono state le malelingue che hanno speculato sul mio infortunio”.
Se potessi tornare indietro nel tempo cambieresti qualcosa?
“Forse nell'ambito degli allenamenti cercherei una migliore gestione delle mie energie. Ho sempre dato il massimo e a volte mi sono spremuta troppo, non prestando la giusta attenzione ai tempi di recupero e alla rigenerazione fisica”.
I tuoi prossimi obiettivi in pista?
“Dopo il meeting internazionale di Padova, ho intenzione di partecipare ad altre gare. Quello che mi manca di più adesso è la confidenza con le competizioni; me ne sono resa conto agli Assoluti di Milano, quando mi è mancata la giusta concentrazione. Ma dopo la maternità, questo è stato un anno di rodaggio. Per il 2010 punto a ottenere dei buoni risultati sui 60 metri indoor, mentre per la stagione all'aperto l'obiettivo sono i Campionati Europei di Barcellona”.
I tuoi sogni nel cassetto?
“Regalare dei fratellini a Giulia. Dal punto di vista sportivo, invece, riuscire a migliorare ancora un record italiano”.
Come ti vedi nel futuro, al termine della carriera agonistica?
“Non mi dispiacerebbe rimanere all'interno dell'Aeronautica. In alternativa mi vedrei bene come organizzatrice di eventi sportivi”.
Gare master?
“L'agonismo è parte di me, mi piace molto. Non escludo che un domani, fisico permettendo, possa partecipare anche a qualche gara master”.
CHI È
Manuela Levorato è nata il 16 marzo 1977 a Dolo, in provincia di Venezia. Ha iniziato a fare atletica a 17 anni, sotto la guida del tecnico Mario del Giudice. Dopo pochi mesi di attività si è aggiudicata il titolo italiano allieve sui 100 metri. Da juniores è stata finalista agli Europei di Nyiregyhaza nel '95 e ai Mondiali di Sydney '96. Agli Europei under 23 di Goteborg, nel 1999, ha vinto due medaglie d'oro, sui 100 e 200 metri. Nel 2002 si è aggiudicata due medaglie di bronzo agli Europei assoluti di Monaco. Nel 2007 ha fatto parte del quartetto azzurro che ha vinto la 4x100 in coppa Europa. A livello assoluto detiene i primati italiani sui 100 (11”14-2001) e 200 metri (22”60-1999) e le migliori prestazioni italiane dei 150 (17”28-2003) e 300 metri (36”30-2000). Suoi sono anche le migliori prestazioni italiane promesse sui 100 (11”20-1999) e 200 metri (22”60-1999). Al coperto detiene il primato italiano assoluto sui 200 (23”14-2003) e la migliore prestazione italiana assoluta sui 55 metri (6”83-2002), oltre alla migliore prestazione italiana promesse sui 60 metri (7”20-1999). Ha vinto 13 titoli italiani assoluti (9 indoor e 4 outdoor) e vanta 30 presenze in nazionale. Nel 2007 è entrata a far parte del gruppo sportivo dell'Aeronautica Militare. Il 29 agosto 2008 è diventata mamma di Giulia. Vive a Sambruson di Dolo e dal 2009 è tornata ad allenarsi con Mario del Giudice, che è stato il suo primo tecnico. Il 23 luglio a Nembro è tornata sui blocchi di partenza fermando il cronometro a 11”68 sui 100 metri. Su questa distanza ai Campionati Italiani assoluti di Milano si è classificata al quarto posto. Domenica ha corso i 100 al meeting di Padova in 11”65, primato stagionale.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui] . L'articolo è a pagina 7 e 8.
FOTO: 1) Manuela Levorato, 2) Manuela Levorato con Mario del Giudice - archivio Mario Del Giudice
sabato 1 agosto 2009
Fabé Dia - dalla Francia per amore
Atletica Veneta Comunicati - Agosto 2009
Il personaggio
DALLA FRANCIA PER AMORE
Alla scoperta di Fabé Dia, la velocista dell'Asi Veneto che nel 2005 ha sposato Andrea Longo e ora sogna il debutto in azzurro.
Fabé, come ti trovi in Italia?
“Molto bene. Ho mio marito, i miei amici, gli allenamenti. Mi manca un po' la mia famiglia, ma in meno di due ore posso andarli a trovare. Con le mie sorelle ci sentiamo al telefono quasi tutti i giorni”.
Descrivici la tua giornata tipo.
“Nelle mattine d'inverno, dopo la colazione, vado in palestra per un paio d'ore. Ritorno per pranzo e poi mi riposo. Nel pomeriggio, mi alleno in pista, a Dolo o a Mestre, sotto la guida di Mario del Giudice. Dalle 18 alle 21 lavoro in palestra a Fiesso d'Artico. Alla sera la cena la prepara Andrea, che è un bravissimo cuoco”.
Quali sono i tuoi hobby?
“Nel tempo libero mi piace molto leggere, sia in francese che in italiano, lingua che sto cercando di migliorare. Spazio fra vari generi. Ora sto leggendo 'Uomini che odiano le donne' di Stieg Larssen”.
Cosa hai dato all'atletica e cosa l'atletica ha dato a te?
“Dovrei dire di aver fatto molti sacrifici per l'atletica: fatica, rinunce, come quando gli amici vanno in vacanza o in discoteca e tu non puoi raggiungerli. Ma in realtà tutto ciò non mi è pesato: ho avuto la fortuna di far diventare quella che è la mia passione il mio lavoro, che mi ha dato da vivere. In cambio l'atletica mi ha ripagato ampiamente con l'occasione di incontrare mio marito, la gioia di tante emozioni, l'opportunità di viaggiare e conoscere persone in tutto il mondo. In Francia ero diventata un modello per molte ragazzine che si avvicinavano all'atletica e questo mi ha stimolato a cercare di rimanere umile e a continuare a studiare per essere un buon esempio”.
Qual è il tuo punto di forza e quale il tuo punto debole come atleta?
“Credo che il mio punto di forza sia la capacità, prima di una gara, di rimanere tranquilla e serena, pronta a dare il massimo. Secondo il mio allenatore il mio punto debole è la pigrizia. Ma io cerco di ascoltarmi e di evitare di sovraccaricarmi per riservare le energie alle gare”.
Come hai iniziato a praticare l'atletica leggera?
“Mia sorella più grande, N'Deye, era una velocista. Ho avuto lei come esempio e il vederla tornare spesso a casa con le medaglie mi ha dato lo stimolo per iniziare: volevo prendere le medaglie anch'io!”.
Qual è stato fino ad ora il momento più bello della tua carriera atletica?
“A Sidney, quando sono entrata nello stadio con 100.000 persone urlanti. Ho avuto i brividi: avevo finalmente realizzato il mio sogno di ragazzina di partecipare alle Olimpiadi. Una gioia impagabile”.
Che consiglio daresti ai giovani atleti?
“L'atletica è una scuola di vita. L'importante è porsi sempre degli obiettivi, anche piccoli. Ciascuno devo farlo coscientemente in relazione al proprio livello, si tratti di un Campionato Mondiale o di una gara provinciale. Ma bisogna sempre impegnarsi. Il lavoro paga sempre, anche se a volte bisogna essere molto pazienti. Quando arriva il risultato, la gioia è ancora più grande”.
E quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“La partecipazione sui 100 metri ai Campionati Italiani di Milano. Per me sarà la prima volta, dopo tante edizioni di campionati francesi. Per il prossimo anno il mio obiettivo sarà quello di riuscire ad entrare nella nazionale italiana per partecipare agli Europei. Correre la 4x100 insieme a Manuela Levorato, con la quale condivido gli allenamenti, sarebbe un sogno per me”.
Cosa c'è oltre alla Fabé atleta?
“C'è una donna che ha sempre studiato molto pensando alla propria vita dopo la carriera atletica. Ho ottenuto un master in comunicazione, pubblicità e marketing. Credo molto nell'amicizia e mi piace parlare con la gente”.
Come sta tuo marito? E' dal 2008 che manca dalle piste di atletica.
“Andrea è stato operato al tendine sinistro lo scorso 5 maggio. L'operazione è andata bene e in questo periodo sta seguendo la riabilitazione in acqua e in bicicletta. Presto riprenderà a correre e per lui è come essere rinato. In questo periodo di inattività ne ha approfittato per completare gli studi (si è laureato in Scienze Politiche lo scorso ottobre) ed ora sta studiando per gli esami di specializzazione in Diplomazia Internazionale. Anche per lui l'obiettivo è quello di partecipare agli Europei del 2010”.
Per concludere, come ti vedi tra 10 anni?
“Mamma di due o tre bambini, con un lavoro nel campo della comunicazione e che nel tempo libero si dedica ad allenare i ragazzini e si diverte in qualche gara master”
CHI È
Fabé Dia è nata il 14 febbraio 1977 a Creil, nella regione della Piccardia, nel nord della Francia. I suoi genitori sono senegalesi. Ha iniziato a praticare l'atletica leggera a 14 anni dimostrando subito il suo talento nella velocità. Nel 1995, con il il tempo di 23”44, ha stabilito il primato francese juniores indoor dei 200 metri e conquistato la medaglia d'argento ai Campionati Europei outdoor di categoria. I suoi personali sono di 7”33 sui 60 (2000), 11”31 sui 100 (1998) e 23”02 sui 200 (2001). E' stata per cinque volte campionessa francese sui 200 metri (4 volte indoor e 1 outdoor). Ha partecipato a quattro edizioni dei Campionati Mondiali outdoor e tre indoor, a tre edizioni dei Campionati Europei e a due Olimpiadi (2000 e 2004). Per molti anni è stata capitana della nazionale francese e presenza fissa della 4x100. Con il quartetto transalpino è giunta terza alle Olimpiadi di Sydney (dopo la squalifica degli Stati Uniti) e quarta ai mondiali di Helsinki nel 2005. E' stata riserva della staffetta francese campione del mondo nel 2003 a Parigi. Nel 1999 ai Mondiali indoor di Maebashi ha conosciuto il mezzofondista Andrea Longo, con il quale si è fidanzata e poi sposata, nel settembre del 2005, trasferendosi in Italia. Ora vive in provincia di Padova, a Piove di Sacco. Dal 2004 è allenata da Mario del Giudice e dal 2008 veste la maglia dell'Atletica Asi Veneto. Il 12 maggio 2009 ha acquisito la cittadinanza italiana.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui] . L'articolo è a pagina 5 e 6.
FOTO: Fabé Dia a Bovolone - di R. Marchi; Fabé Dia insieme al marito Andrea Longo - archivio Dia/Longo
Il personaggio
DALLA FRANCIA PER AMORE
Alla scoperta di Fabé Dia, la velocista dell'Asi Veneto che nel 2005 ha sposato Andrea Longo e ora sogna il debutto in azzurro.
Fabé, come ti trovi in Italia?
“Molto bene. Ho mio marito, i miei amici, gli allenamenti. Mi manca un po' la mia famiglia, ma in meno di due ore posso andarli a trovare. Con le mie sorelle ci sentiamo al telefono quasi tutti i giorni”.
Descrivici la tua giornata tipo.
“Nelle mattine d'inverno, dopo la colazione, vado in palestra per un paio d'ore. Ritorno per pranzo e poi mi riposo. Nel pomeriggio, mi alleno in pista, a Dolo o a Mestre, sotto la guida di Mario del Giudice. Dalle 18 alle 21 lavoro in palestra a Fiesso d'Artico. Alla sera la cena la prepara Andrea, che è un bravissimo cuoco”.
Quali sono i tuoi hobby?
“Nel tempo libero mi piace molto leggere, sia in francese che in italiano, lingua che sto cercando di migliorare. Spazio fra vari generi. Ora sto leggendo 'Uomini che odiano le donne' di Stieg Larssen”.
Cosa hai dato all'atletica e cosa l'atletica ha dato a te?
“Dovrei dire di aver fatto molti sacrifici per l'atletica: fatica, rinunce, come quando gli amici vanno in vacanza o in discoteca e tu non puoi raggiungerli. Ma in realtà tutto ciò non mi è pesato: ho avuto la fortuna di far diventare quella che è la mia passione il mio lavoro, che mi ha dato da vivere. In cambio l'atletica mi ha ripagato ampiamente con l'occasione di incontrare mio marito, la gioia di tante emozioni, l'opportunità di viaggiare e conoscere persone in tutto il mondo. In Francia ero diventata un modello per molte ragazzine che si avvicinavano all'atletica e questo mi ha stimolato a cercare di rimanere umile e a continuare a studiare per essere un buon esempio”.
Qual è il tuo punto di forza e quale il tuo punto debole come atleta?
“Credo che il mio punto di forza sia la capacità, prima di una gara, di rimanere tranquilla e serena, pronta a dare il massimo. Secondo il mio allenatore il mio punto debole è la pigrizia. Ma io cerco di ascoltarmi e di evitare di sovraccaricarmi per riservare le energie alle gare”.
Come hai iniziato a praticare l'atletica leggera?
“Mia sorella più grande, N'Deye, era una velocista. Ho avuto lei come esempio e il vederla tornare spesso a casa con le medaglie mi ha dato lo stimolo per iniziare: volevo prendere le medaglie anch'io!”.
Qual è stato fino ad ora il momento più bello della tua carriera atletica?
“A Sidney, quando sono entrata nello stadio con 100.000 persone urlanti. Ho avuto i brividi: avevo finalmente realizzato il mio sogno di ragazzina di partecipare alle Olimpiadi. Una gioia impagabile”.
Che consiglio daresti ai giovani atleti?
“L'atletica è una scuola di vita. L'importante è porsi sempre degli obiettivi, anche piccoli. Ciascuno devo farlo coscientemente in relazione al proprio livello, si tratti di un Campionato Mondiale o di una gara provinciale. Ma bisogna sempre impegnarsi. Il lavoro paga sempre, anche se a volte bisogna essere molto pazienti. Quando arriva il risultato, la gioia è ancora più grande”.
E quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
“La partecipazione sui 100 metri ai Campionati Italiani di Milano. Per me sarà la prima volta, dopo tante edizioni di campionati francesi. Per il prossimo anno il mio obiettivo sarà quello di riuscire ad entrare nella nazionale italiana per partecipare agli Europei. Correre la 4x100 insieme a Manuela Levorato, con la quale condivido gli allenamenti, sarebbe un sogno per me”.
Cosa c'è oltre alla Fabé atleta?
“C'è una donna che ha sempre studiato molto pensando alla propria vita dopo la carriera atletica. Ho ottenuto un master in comunicazione, pubblicità e marketing. Credo molto nell'amicizia e mi piace parlare con la gente”.
Come sta tuo marito? E' dal 2008 che manca dalle piste di atletica.
“Andrea è stato operato al tendine sinistro lo scorso 5 maggio. L'operazione è andata bene e in questo periodo sta seguendo la riabilitazione in acqua e in bicicletta. Presto riprenderà a correre e per lui è come essere rinato. In questo periodo di inattività ne ha approfittato per completare gli studi (si è laureato in Scienze Politiche lo scorso ottobre) ed ora sta studiando per gli esami di specializzazione in Diplomazia Internazionale. Anche per lui l'obiettivo è quello di partecipare agli Europei del 2010”.
Per concludere, come ti vedi tra 10 anni?
“Mamma di due o tre bambini, con un lavoro nel campo della comunicazione e che nel tempo libero si dedica ad allenare i ragazzini e si diverte in qualche gara master”
CHI È
Fabé Dia è nata il 14 febbraio 1977 a Creil, nella regione della Piccardia, nel nord della Francia. I suoi genitori sono senegalesi. Ha iniziato a praticare l'atletica leggera a 14 anni dimostrando subito il suo talento nella velocità. Nel 1995, con il il tempo di 23”44, ha stabilito il primato francese juniores indoor dei 200 metri e conquistato la medaglia d'argento ai Campionati Europei outdoor di categoria. I suoi personali sono di 7”33 sui 60 (2000), 11”31 sui 100 (1998) e 23”02 sui 200 (2001). E' stata per cinque volte campionessa francese sui 200 metri (4 volte indoor e 1 outdoor). Ha partecipato a quattro edizioni dei Campionati Mondiali outdoor e tre indoor, a tre edizioni dei Campionati Europei e a due Olimpiadi (2000 e 2004). Per molti anni è stata capitana della nazionale francese e presenza fissa della 4x100. Con il quartetto transalpino è giunta terza alle Olimpiadi di Sydney (dopo la squalifica degli Stati Uniti) e quarta ai mondiali di Helsinki nel 2005. E' stata riserva della staffetta francese campione del mondo nel 2003 a Parigi. Nel 1999 ai Mondiali indoor di Maebashi ha conosciuto il mezzofondista Andrea Longo, con il quale si è fidanzata e poi sposata, nel settembre del 2005, trasferendosi in Italia. Ora vive in provincia di Padova, a Piove di Sacco. Dal 2004 è allenata da Mario del Giudice e dal 2008 veste la maglia dell'Atletica Asi Veneto. Il 12 maggio 2009 ha acquisito la cittadinanza italiana.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui] . L'articolo è a pagina 5 e 6.
FOTO: Fabé Dia a Bovolone - di R. Marchi; Fabé Dia insieme al marito Andrea Longo - archivio Dia/Longo
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Ritratti - Fabé Dia
Anna Beggio e Lorenzo Muraro - una coppia con tanto sprint
Atletica Veneta Comunicati - Agosto 2009
Mondo master
UNA COPPIA CON TANTO SPRINT
I vicentini Anna Beggio e Lorenzo Muraro hanno fatto poker di titoli agli ultimi campionati italiani master. La riscoperta dell'atletica dopo le esperienze giovanili.
Lei è campionessa italiana 2009 sui 400 e sugli 800 metri nella categoria MF35; lui è campione italiano sui 400 ad ostacoli e nella staffetta 4x400 MM40 (insieme a Luca Fabris, Massimiliano Cattani e Francesco Palma). Parliamo dei coniugi Anna Beggio e Lorenzo Muraro, due degli atleti al vertice dell'atletica master veneta. Entrambi vicentini di Bressanvido, sono portacolori della Masteratletica; lei ha 36 anni, lui 40. Hanno praticato l'atletica leggera in età giovanile: Lorenzo nel 1993 ha corso i 400 ad ostacoli in 51”55, mentre Anna vanta un personale sui 400 metri di 57”60. Un paio di anni fa sono tornati a calcare le piste dopo oltre 10 anni di inattività, periodo durante il quale hanno completato gli studi, sono entrati nel mondo del lavoro (Anna è professoressa di lettere al liceo Brocchi di Bassano mentre Lorenzo, diplomato Isef, è insegnante di sostegno alle scuole medie di Marostica), hanno messo su famiglia e hanno avuto due splendide bambine: Mariasole e Alice, rispettivamente di 7 e 5 anni. Ma la passione per la corsa alla fine ha avuto la meglio. Quest'anno Anna ha chiuso il giro di pista in un ottimo 58”80 mentre Lorenzo, con 26”42, ha stabilito la miglior prestazione italiana MM40 sui 200 ad ostacoli. ”Sono venuto a conoscenza casualmente dell'esistenza del mondo master - spiega Lorenzo - ed è stato lo stimo lo per riprendere ad allenarmi con metodo”. “Il trascinatore è stato mio marito - racconta Anna - ma l'idea di condividere insieme questa passione mi è piaciuta molto”. Per conciliare la famiglia con l'atletica, i coniugi Muraro si sono organizzati con i turni, così, mentre uno si allena, l'altro resta a casa con le bambine. Per Lorenzo l'esperienza ai societari master di quest'anno (la Masteratletica è al 10° posto nella classifica nazionale maschile) è stata particolarmente coinvolgente. Per Anna il più bel ricordo risale allo scorso anno, ai Campionati italiani di Bressanone, quando inaspettatamente si è trovata a
vincere i 400 metri MF35 con una sfida all'ultimo metro con la laziale Paola Tiselli.
“Il mondo master è stata una bellissima scoperta”, spiega Anna. “Ci divertiamo molto, in un clima di bella amicizia. Riusciamo a goderci nel migliore dei modi le competizioni senza le pressioni e le aspettative del mondo assoluto”.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 14.
Foto Archivio Masteratletica
Mondo master
UNA COPPIA CON TANTO SPRINT
I vicentini Anna Beggio e Lorenzo Muraro hanno fatto poker di titoli agli ultimi campionati italiani master. La riscoperta dell'atletica dopo le esperienze giovanili.
Lei è campionessa italiana 2009 sui 400 e sugli 800 metri nella categoria MF35; lui è campione italiano sui 400 ad ostacoli e nella staffetta 4x400 MM40 (insieme a Luca Fabris, Massimiliano Cattani e Francesco Palma). Parliamo dei coniugi Anna Beggio e Lorenzo Muraro, due degli atleti al vertice dell'atletica master veneta. Entrambi vicentini di Bressanvido, sono portacolori della Masteratletica; lei ha 36 anni, lui 40. Hanno praticato l'atletica leggera in età giovanile: Lorenzo nel 1993 ha corso i 400 ad ostacoli in 51”55, mentre Anna vanta un personale sui 400 metri di 57”60. Un paio di anni fa sono tornati a calcare le piste dopo oltre 10 anni di inattività, periodo durante il quale hanno completato gli studi, sono entrati nel mondo del lavoro (Anna è professoressa di lettere al liceo Brocchi di Bassano mentre Lorenzo, diplomato Isef, è insegnante di sostegno alle scuole medie di Marostica), hanno messo su famiglia e hanno avuto due splendide bambine: Mariasole e Alice, rispettivamente di 7 e 5 anni. Ma la passione per la corsa alla fine ha avuto la meglio. Quest'anno Anna ha chiuso il giro di pista in un ottimo 58”80 mentre Lorenzo, con 26”42, ha stabilito la miglior prestazione italiana MM40 sui 200 ad ostacoli. ”Sono venuto a conoscenza casualmente dell'esistenza del mondo master - spiega Lorenzo - ed è stato lo stimo lo per riprendere ad allenarmi con metodo”. “Il trascinatore è stato mio marito - racconta Anna - ma l'idea di condividere insieme questa passione mi è piaciuta molto”. Per conciliare la famiglia con l'atletica, i coniugi Muraro si sono organizzati con i turni, così, mentre uno si allena, l'altro resta a casa con le bambine. Per Lorenzo l'esperienza ai societari master di quest'anno (la Masteratletica è al 10° posto nella classifica nazionale maschile) è stata particolarmente coinvolgente. Per Anna il più bel ricordo risale allo scorso anno, ai Campionati italiani di Bressanone, quando inaspettatamente si è trovata a
vincere i 400 metri MF35 con una sfida all'ultimo metro con la laziale Paola Tiselli.
“Il mondo master è stata una bellissima scoperta”, spiega Anna. “Ci divertiamo molto, in un clima di bella amicizia. Riusciamo a goderci nel migliore dei modi le competizioni senza le pressioni e le aspettative del mondo assoluto”.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 14.
Foto Archivio Masteratletica
mercoledì 1 luglio 2009
Dina Cambruzzi - il record di Dina
Atletica Veneta Comunicati - Luglio 2009
Mondo master
IL RECORD DI DINA
In una ventina di stagioni di attività ha vinto 66 titoli italiani e una decina di medaglie a livello internazionale: ecco la storia della padovana Cambruzzi, 75 anni e non sentirli.
Nell'albo d'oro dei Campionati Italiani su pista master, il suo nome è stato scritto 66 volte: tanti sono i titoli che si è aggiudicata in oltre vent'anni di attività. A questi vanno aggiunte una decina di medaglie internazionali. Lei si chiama Dina Cambruzzi, ha 75 anni ed è una padovana (per 52 anni ha vissuto in un appartamento in Piazza delle Erbe) trapiantata a Brescia nel 1986, dove vive con il marito Lanfranco che è uno dei suoi principali supporter. Dopo molti anni di militanza con il Cus Torino, dallo scorso anno è tesserata con l'Atletica Asi Veneto. Nel 2009 ha siglato le migliori prestazioni italiane indoor nel salto in alto, nei 60 ad ostacoli, nel salto in lungo e nel pentathlon per la categoria MF75. Ai recenti Campionati Europei Indoor di Ancona si è messa al collo la medaglia d'oro nel pentathlon e quella d'argento nel salto in alto. Eclettica, si esprime bene anche nel lancio del disco e nel getto del peso. Due volte alla settimana Dina prende il treno per recarsi al “Consolini” di Verona e farsi seguire da Salvatore De Boni, suo allenatore da oltre 20 anni oltre che atleta M80 e giudice veronese molto noto nell'atletica veneta. Ha praticato l'atletica leggera in gioventù, fino ai 19 anni; il ritorno in pista è avvenuto su invito del Cus Padova nel 1987, che aveva appena costituito il gruppo master. Da allora non ha più smesso di gareggiare. Le gare di cui conserva i ricordi più belli sono gli Europei indoor di San Sebastian del 2003 e i Mondiali di Brisbane del 2001, per l'indimenticabile esperienza umana e sportiva ma anche per l'ottima organizzazione. Oltre che per le sue imprese atletiche, in pista Dina si contraddistingue per un'innata eleganza. Ma quali sono le motivazioni che spingono questa signora a infilarsi completino di gara e scarpe tecniche e scendere in pista? “Perché lo faccio? Perché mi diverto da matti, ma soprattutto perché mi aiuta a sentirmi bene”, spiega. Dina ha saputo mantenersi in forma e trovare nuovi stimoli ed entusiasmo tramite una costante attività sportiva. Un esempio da imitare per molte donne.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 13.
(Foto per gentile concessione di Michelangelo Bellantoni)
Mondo master
IL RECORD DI DINA
In una ventina di stagioni di attività ha vinto 66 titoli italiani e una decina di medaglie a livello internazionale: ecco la storia della padovana Cambruzzi, 75 anni e non sentirli.
Nell'albo d'oro dei Campionati Italiani su pista master, il suo nome è stato scritto 66 volte: tanti sono i titoli che si è aggiudicata in oltre vent'anni di attività. A questi vanno aggiunte una decina di medaglie internazionali. Lei si chiama Dina Cambruzzi, ha 75 anni ed è una padovana (per 52 anni ha vissuto in un appartamento in Piazza delle Erbe) trapiantata a Brescia nel 1986, dove vive con il marito Lanfranco che è uno dei suoi principali supporter. Dopo molti anni di militanza con il Cus Torino, dallo scorso anno è tesserata con l'Atletica Asi Veneto. Nel 2009 ha siglato le migliori prestazioni italiane indoor nel salto in alto, nei 60 ad ostacoli, nel salto in lungo e nel pentathlon per la categoria MF75. Ai recenti Campionati Europei Indoor di Ancona si è messa al collo la medaglia d'oro nel pentathlon e quella d'argento nel salto in alto. Eclettica, si esprime bene anche nel lancio del disco e nel getto del peso. Due volte alla settimana Dina prende il treno per recarsi al “Consolini” di Verona e farsi seguire da Salvatore De Boni, suo allenatore da oltre 20 anni oltre che atleta M80 e giudice veronese molto noto nell'atletica veneta. Ha praticato l'atletica leggera in gioventù, fino ai 19 anni; il ritorno in pista è avvenuto su invito del Cus Padova nel 1987, che aveva appena costituito il gruppo master. Da allora non ha più smesso di gareggiare. Le gare di cui conserva i ricordi più belli sono gli Europei indoor di San Sebastian del 2003 e i Mondiali di Brisbane del 2001, per l'indimenticabile esperienza umana e sportiva ma anche per l'ottima organizzazione. Oltre che per le sue imprese atletiche, in pista Dina si contraddistingue per un'innata eleganza. Ma quali sono le motivazioni che spingono questa signora a infilarsi completino di gara e scarpe tecniche e scendere in pista? “Perché lo faccio? Perché mi diverto da matti, ma soprattutto perché mi aiuta a sentirmi bene”, spiega. Dina ha saputo mantenersi in forma e trovare nuovi stimoli ed entusiasmo tramite una costante attività sportiva. Un esempio da imitare per molte donne.
Link alla rivista in formato pdf [clicca qui]. L'articolo è a pagina 13.
(Foto per gentile concessione di Michelangelo Bellantoni)
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